Ripresentiamo per il progetto Portaparola il testo di Pierangelo Sequeri con cui Avvenire del 24 novembre 2006 ha presentato il nuovo libro del teologo milanese dal titolo L’ombra di Pietro, Vita e Pensiero, Milano, 2006. Ci invita ancora una volta ad uno stile pastorale secondo il Vangelo.
Il Centro culturale Gli scritti (25.11.2006)
Negli Atti degli apostoli c'è la bella immagine dell'ombra di
Pietro, in cui speravano poveri e afflitti, desiderosi che «quando Pietro passava,
anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro».
Quando c'è l'essenziale, basta poco: l'ombra di Pietro. Propongo di sostare meno su tutti
i mali che ci affliggono, per stare un po' più a lungo su un pensiero forte e affettuoso,
perché il Signore ci conceda di essere almeno l'ombra di qualcuno.
Vi sono esseri umani, e sono molti, ai quali manca persino l'ombra di qualcuno, che
si accontenterebbero anche solo dell'ombra, non pretendono una presenza fisica, gli basterebbe
l'ombra di qualcuno; ombra protettiva, ombra che anche soltanto con un segno fa sapere che
qualcuno si curva su di me, che qualcuno mi avvolge con qualche cosa, neanche il mantello, ma
un'ombra, almeno l'ombra.
In questi tempi trovo straordinariamente alto il numero di bravi cristiani, cattolici, credenti,
tutte persone perbene, che hanno avuto le loro soddisfazioni, i quali mi lanciano garbatamente
qualche segnale del loro speciale bisogno di esser soprattutto protetti e rassicurati. E mi sento
molto sopraffatto dalla percezione di solitudini reali, profonde, angosciate, che sono la
normalità di molti uomini e donne - giovani, spesso, molto giovani! - che scivolano via
con struggente discrezione. Non sai come possano ancora stare a galla, eppure non chiedono
praticamente niente.
Credo si debba arrivare, magari impegnandosi un po', a concepirsi più normalmente come
una possibilità di fare ombra per qualcuno che sta diventando invisibile nella sua
fatica di vivere. Se ne dissolverebbe facilmente, credo, quel velo di malinconia, e insieme di
agitazione, che abita il cristianesimo alle prese con i suoi problemi di gestione:
individuale o comunitaria che sia.
In molte parti del mondo, vedo donne del tutto indifese, che sono rimaste sole con delle creature
piccole, per le quali essere semplicemente cristiane significa essere sospettate di tradimento
del proprio sangue, della propria razza e della propria gente. Nella loro fragilità
attraversano con determinazione questa solitudine, e proteggono come possono le loro
creature, ricevendo da Dio, come un regalo, non dico un intero giorno, che è già
molto, ma ogni ora che arriva senza portare nuove difficoltà.
Per non parlare del fatto che noi stessi, con tutta la nostra civilizzazione e la nostra
organizzazione, che ha sconfitto la superstizione dei devoti e regolato i diritti di tutti,
siamo pieni di draghi che si mangiano i bambini, di imbecilli che avviliscono le donne, di
mediocri «nessuno» che conquistano potere nello spazio lasciato libero
dall'indifferenza delle istituzioni moderne che irridono e minacciano, con largo margine di
impunità culturale, la cura e la lealtà verso la comunità degli uomini
onesti.
Ci facessimo un po' più di ombra l'un l'altro, il cristianesimo stesso, con tutta la
sua verità, avrebbe più peso del denaro. «Oro e argento non ne ho, ma
quel che ho te lo do. Va', sii guarito!». Ecco, questa è moneta migliore, che
contrasterebbe l'inerzia dell'indifferenza protetta dal diritto e il mercanteggiamento del
sostegno appeso al profitto.
Anche noi abbiamo bisogno dell'ombra gli uni degli altri; l'ombra è una bella immagine
perché è forte e insieme molto discreta, l'ombra avvolge senza toccarti,
è forte; quando un'ombra è oscura diciamo: «Togliti che mi fai ombra».
Ma quando la lama del fuoco ci trafigge, l'ombra del ricino di Giona è la perfezione della
grazia di Dio. Se ti arriva l'ombra, vuol dire che qualcuno è molto vicino.
L'ombra ti accarezza, ma non può spostarti; ti avvolge completamente, ma non può
imprigionarti. È quello che dovrebbe accadere: legami di prossimità che proteggono
e custodiscono, senza prevaricare e senza soffocare. La comunità cristiana dovrebbe
concentrarsi a fondo sullo sviluppo dell'antica sapienza dell'Ombra di Dio.
È la nube della Presenza che custodisce il popolo, è la vitalità dello
Spirito che fa nascere e rinascere. L'ombra di Pietro è un bellissimo segno della pratica
dell'ombra di Dio. La parrocchia cristiana, sul territorio, è anche uno dei pochissimi
luoghi ancora «extra-territoriali» nei confronti di un sistema dei rapporti e degli
accudimenti che si vanta della propria crescente «spersonalizzazione», chiamandola
«professionalità».
È così che il cristianesimo ha fatto la sua storia. I credenti delle prime
generazioni l'avevano trovata questa strada. Erano pochissimi, avevano contro tutto l'Impero
romano, vivevano nelle catacombe. Eppure, offrendo la loro accoglienza a molti che non se la
sarebbero mai aspettata, e custodendosi fra loro all'ombra del Signore, hanno insegnato il calore
dalla presenza di Dio.
Non era venuto al mondo anche il Figlio di Dio attraverso l'ombra dello Spirito Santo?: «La
mia ombra ti coprirà e ti nascerà il Figlio». Così ha sempre
funzionato e così continua a funzionare.
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