1/ I battisti e la rivoluzione russa. Dopo le iniziali aperture in chiave anti ortodossa, con Stalin iniziarono i grandi problemi, di Claudio Geymonat 2/ La Rivoluzione russa e il cristianesimo, di Luigi Sandri
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1/ I battisti e la rivoluzione russa. Dopo le iniziali aperture in chiave anti ortodossa, con Stalin iniziarono i grandi problemi, di Claudio Geymonat
Riprendiamo dal sito riforma.it un articolo di Claudio Geymonat pubblicato il 7/11/2017. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Il novecento: il comunismo, Protestantesimo e Ortodossia.
Il Centro culturale Gli scritti (12/11/2017)
Il primo battista di Russia è stato Nikita Voronin, battezzato a Tbilisi, capitale dell’attuale Georgia, nel 1867 a seguito dell’arrivo di piccole comunità provenienti dalla Germania. Le persecuzioni da parte dello stato zarista, su input della Chiesa ortodossa, spaventata da questi lettori della Bibbia, pellegrini e evangelizzatori, iniziano da subito.
I primi venti della rivoluzione di ottobre portano idee di libertà: viene sancita la separazione fra Stato e chiesa, nell’immediato pare crescere la libertà religiosa, e la costituzione nascente consente libertà di coscienza e di “propaganda” per le religioni stesse. Il vero obiettivo dei Soviet è in questo periodo la Chiesa ortodossa, simbolo di privilegi e di accordi a filo doppio con lo zar.
Le chiese battiste continuano quindi a crescere rapidamente. La leadership battista non guarda con cattivo occhio al nuovo corso, e supporta l’emancipazione del popolo. I battisti diventano alcuni milioni su suolo sovietico, e nel 1927 a Mosca viene inaugurato un college dedicato alla formazione dei futuri pastori, un’ottantina circa per ogni sessione. La direzione è affidata a Miroslav Ivanoff-Klishnikoff, segretario dell’allora Unione battista russa. I pastori battisti sono liberi di muoversi dentro e fuori i confini nazionali, tanto che fino al 1928 circa 20 fra loro partecipano alla Conferenza dell’Alleanza battista mondiale a Toronto, in Canada.
A patire le persecuzioni in questi primi anni è la Chiesa ortodossa, simbolo degli antichi regimi. Fra il 1927 e il 1940 le chiese ortodosse passano da 29.584 a meno di 500 come ha raccontato nel suo articolo Luigi Sandri.
Le festività del Natale e della Pasqua vengono abolite, così come raduni e processioni. La propaganda martella da ogni possibile canale.
La svolta è datata 1928. Stalin è al potere da due anni, ha vinto il braccio di ferro con Trockij. La nazione vira decisa verso la burocratizzazione e un autoritarismo sempre più paranoide. L’insegnamento e il credo battista avevano nel mentre fatto breccia fra moltissimi operai e lavoratori, sfidando in qualche modo, magari inconsapevolmente, la supremazia dei soviet. Ora anche la chiesa battista aveva raggiunto numeri capaci di spaventare gli organismi centrali. È l’inizio di una campagna denigratoria prima, persecutoria poi.
Ecco che le società battiste di cucito vengono ora additate come “strumento per lo sfruttamento del lavoro femminile”, le riunioni di fedeli diventano assemblee per irretire i non credenti, l’insegnamento diventa una frode per soggiogare le masse. Ultimo ma non meno importante, i legami internazionali diventano il chiaro segnale delle trame messe in atto per minare le fondamenta dello Stato. La strada della deriva è segnata, gli ideali di uguaglianza e libertà dei rivoluzionari del 1917 sono un ricordo.
Pastori e amministratori battisti iniziano ad esser arrestati. L’8 aprile 1929 la Costituzione viene modificata, la libertà di coscienza diventa libertà di culto soggetta a “regolamenti specifici”. Il culto può ora avvenire solo in luoghi definiti, registrati dalla polizia. Tutte le attività economiche e culturali connesse sono bandite. La lettura del testo biblico è concessa, ma non in gruppo, al fine di evitare ogni possibile proselitismo.
Le Scuole domenicali per i bambini vengono chiuse. I culti sono concessi, ma i partecipanti iniziano a patire discriminazioni di ogni sorta. I pastori non possono più recarsi nelle unioni sindacali dei lavoratori e perdono la razione quotidiana di pane, accordata ad ogni cittadino dell’immensa nazione. Studenti battisti vengono espulsi dalle scuole, la stampa e l’importazione della Bibbia vengono proibiti. Si susseguono anni di arresto, di confino in Siberia, per i trasgressori. La pressione si fa insopportabile, i luoghi di culto vengono requisiti per attività di partito.
Per la religione, l’oppio dei popoli, non c’è più spazio. Oltre mille luoghi di culto vengono chiusi nel corso del 1929. Le cose peggiorano, con l’apice delle tremende purghe fra il 1936 e il ‘38, fino al 1941 quando la guerra mondiale suggerisce di appoggiarsi ancora una volta ai pastori per tentare di dare sollievo ad una popolazione stremata da carestie e combattimenti eterni. Popolazione che non ha mai smesso di riunirsi e pregare, davanti alle tragedie del tremendo conflitto in corso e delle carestie.
Con la fine della guerra seguiranno di nuovo anni di grande difficoltà, fra arresti, deportazioni, ateismo di Stato.
Le informazioni sono tratte per la maggior parte da un testo di Geoffrey Shakespeare “I Battisti di Russia” del 1931, figlio del segretario dell’Unione battista della Gran Bretagna e membro del parlamento britannico
2/ La Rivoluzione russa e il cristianesimo, di Luigi Sandri
Riprendiamo dal sito riforma.it un articolo di Luigi Sandri pubblicato il 6/11/2017. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (12/11/2017)
Un anno fatale per l’Ortodossia
Nel 1917 ci furono in Russia due rivoluzioni: quella del febbraio-marzo, e quella dell’ottobre. La prima, infine costrinse di fatto lo zar Nicola II ad abdicare: terminava così la dinastia dei Romanov, al potere dal 1613.
In Russia, Stato (Regno) e Chiesa (ortodossa), da sempre erano stati strettamente legati, come l’edera all’albero: non era possibile immaginare l’uno senza l’altra. Tuttavia, la loro “sinfonia” fu spesso stridente. Quando morì il patriarca Adriano, Pietro il Grande impedì la nomina del successore: così, a partire dal 1721, e fino al 1917 (dato che i successori di Pietro mantennero la sua decisione), la Chiesa russa rimase senza patriarca: il potere supremo fu messo nelle mani di un Santo Sinodo all’interno del quale decisivo era il procuratore – funzionario laico scelto dal sovrano.
Quando Nicola II uscì di scena, la Chiesa russa ne approfittò e, nell’estate di quell’anno, il Concilio di Mosca elesse un nuovo patriarca, Tikhon. Il quale, poche settimane dopo, dovette confrontarsi con i bolscevichi ormai al potere e, poi, con una Russia che, unita ad altre repubbliche, nel 1922 creò l’Unione sovietica. Per le religioni, e soprattutto per la Chiesa ortodossa, iniziò un periodo difficilissimo: decine e decine di vescovi e pope, e migliaia e migliaia di credenti ortodossi furono eliminati fisicamente. Tikhon, morì nel 1925, in circostanze non chiare; Stalin non permise la nomina del successore. Ma, dopo che nel 1941 le armate hitleriane invasero l’Urss, e il paese fu in pericolo, egli domandò ai pochi metropoliti superstiti di spronare gli ortodossi a porsi accanto all’Armata rossa per respingere i tedeschi. Essi lo fecero e lui, per ringraziarli, nel 1943 acconsentì all’elezione del nuovo patriarca, Sergio: e, da allora fino ad oggi, vi è stata normale successione.
“Protestanty” e “Sektanty”
La Chiesa ortodossa russa si è sempre considerata – e così si considera anche oggi – come “l’anima” del popolo russo; ma anche l’opinione pubblica, all’interno e all’esterno della Russia, spesso ha ritenuto, e ritiene, russo=ortodosso. Questa equivalenza, però, è del tutto fuorviante. Vi è, infatti, in Russia, una fortissima presenza di minoranze religiose, grandi e piccole: musulmane, buddhiste, ebraiche, cattoliche e poi luterane, riformate, battiste e altre. Insieme, circa quaranta milioni di fedeli. E vi sono molti atei.
Limitandoci alla Riforma, va ricordato che Mosca ebbe con essa, quasi da subito, contatti; alcuni studiosi ortodossi guardarono con simpatia ai “protestanti”; principesse tedesche nate luterane salirono sul trono degli zar. Si formarono – soprattutto nella zona confinante con Paesi nord-europei – comunità evangeliche che diverranno vigorose quando la Russia incorporerà, o dominerà, i Baltici e la Finlandia. In certi periodi ebbero vita relativamente facile, in altri subirono soprusi.
Piena libertà l’ottennero solo nel 1905. Lo Stato e l’Ortodossia ritennero fosse opportuno etichettare e spartire questo mondo variegato in due tronconi: protestanty, le Chiese storiche; sektanty (sette) le altre. Va poi precisato che, nei primi anni dopo la Rivoluzione di ottobre, le Chiese battiste ebbero una relativa libertà, perché molti loro leader condivisero le idee socialiste; poi, però, anch’esse subirono un’aspra repressione.
Alla vigilia del crollo dell’Urss, tutte queste Chiese, nell’insieme, avevano circa 2,5 milioni di fedeli praticanti, più altri sei di persone in qualche modo legate ad essi. La “nuova” Russia, nata nel 1991 con il collasso dell’Urss, si proclamò Stato “laico”, garantendo la libertà religiosa: questa, però, è concreta per le religioni considerate “tradizionali” (Ortodossia, Ebraismo, Buddhismo e Islam), mentre è in vario modo limitata per tutte le altre, “non tradizionali”, e quindi per la Chiesa cattolica e per quelle della Riforma. Tali comunità religiose, per essere riconosciute dallo Stato, debbono registrarsi; è proibito loro comportarsi da “missionarie” e fare proselitismo.
In quanto ai Testimoni di Geova, nel luglio scorso, malgrado le proteste internazionali, la Corte suprema russa ha bandito le loro attività. Malviste, poi, sono le iniziative dei gruppi “evangelical” di origine statunitense e, soprattutto, sud-coreana, accusati di carpire con metodi spregiudicati la buona fede dei fedeli ortodossi.
Predominante è la Chiesa ortodossa che – secondo le varie fonti – rappresenta dal 42 al 70% dei centoquarantacinque milioni di russi; segue poi la comunità musulmana (venticinque milioni di fedeli). I cristiani sarebbero tra i cinque e sette milioni: in maggioranza legati alla Riforma.
Sebbene, ufficialmente, la Russia sia laica, oggi Putin – protestano le minoranze – favorisce soprattutto l’Ortodossia, considerandola un alleato essenziale per reggere il paese e custodire le radici del passato. Ed ebrei e musulmani, in Russia da secoli? Da parte loro, le Chiese evangeliche, hanno scarso appeal per il Cremlino; però, qualche esponente dell’intellighentzia, e gruppi di origine baltica o tedesca, le considerano il loro punto di riferimento spirituale.