La scuola, i libri e gli storici in età paleocristiana, di Manlio Simonetti

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 20 /09 /2015 - 17:28 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito tre brani dal volume di M. Simonetti, Classici e cristiani. Alle radici del mondo occidentale, Edizioni Medusa, Milano 2007, che raccoglie una serie di articoli scritti per Avvenire. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (20/9/2015)

Andare a scuola

p. 102

Nella scuola primaria lo studente imparava a leggere, scrivere e contare. Nella scuola secondaria il giovane studiava soprattutto grammatica, che comprendeva lettura, recitazione, spiegazione dei testi letterari, in primis i poemi di Omero; un certo spazio, peraltro, aveva anche l'istruzione scientifica: geometria, aritmetica, musica, astronomia. L'istruzione superiore imponeva la specializzazione: prevaleva la retorica, ma non era trascurata la filosofia, mentre meno coltivate erano le scienze, tra le quali spiccava soprattutto la medicina. I romani adottarono per tempo questo modulo scolastico, rendendolo bilingue, abolendo l'istruzione fisica e integrando nell'istruzione superiore lo studio del diritto.

Questa organizzazione scolastica sopravvisse all'impatto con la religione cristiana. Anche quando essa, a partire dal IV secolo, s'impose fino a diventare religione di Stato, la scuola - in quanto considerata struttura educativa fondamentale - non fu toccata e anche i giovani cristiani continuarono ad apprendere a memoria i poemi omerici gremiti di divinità pagane. Diventava perciò essenziale la scelta del maestro: Basilio di Cesarea raccomanda al maestro cristiano di scegliere, come l'ape, fior da fiore, cioè di far apprendere ai suoi allievi autori moralmente edificanti e spiegare quelli che, come Omero, tali non erano, in modo da ridurne l'impatto moralmente negativo.

L'istruzione specificamente cristiana era un fatto interno della Chiesa, che vi provvedeva mediante la preparazione al battesimo. Si raccomandava soprattutto lo studio della Sacra Scrittura, a cominciare dall'apprendimento mnemonico. La si spiegava mediante l'omelia che il celebrante predicava durante la liturgia domenicale e che poteva essere integrata da cicli omiletici di carattere seriale, tenuti durante alcuni giorni della settimana. Molto rare furono le scuole destinate in modo specifico alla spiegazione della Scrittura da parte di maestri qualificati (Alessandria, Nisibi).

Biblioteche

Appare poco attendibile la notizia di Gellio secondo cui già nel VI secolo avanti Cristo i tiranni Pisistrato e Policrate avrebbero istituito biblioteche ad Atene e a Samo, e dunque la più antica biblioteca di cui si ha sicura notizia è quella di Alessandria in Egitto, impostata nel III secolo avanti Cristo da Tolomeo I, ma organizzata e potenziata al massimo da suo figlio, Tolomeo Filadelfo, consigliato dal dotto Demetrio Falereo. In essa sarebbero stati raccolti da quattrocentomila a settecentomila volumi (cioè rotoli) di papiro, e nello stesso secolo ne furono bibliotecari studiosi illustri - Zenodoto, il poeta Callimaco, Aristofane, Aristarco - che operarono con perizia non solo all'ordinamento ma anche all'edizione critica dei poemi omerici e di altre opere con corredo di annotazioni (scolii). Con l'opera dei grammatici alessandrini iniziò così la filologia.

La biblioteca di Alessandria fu in parte rovinata da un incendio nel contesto delle ostilità tra Giulio Cesare e gli egiziani, poi ricostituita e infine completamente distrutta quando nel VII secolo Alessandria fu conquistata dagli arabi. Per reintegrare la biblioteca semidistrutta al tempo di Cesare, il triumviro Marco Antonio la dotò dei duecentomila volumi della biblioteca di Pergamo, che Eumene II aveva istituito nel II secolo avanti Cristo, in competizione con Alessandria e valorizzando, come materia scrittoria, anche la pergamena, dato che Alessandria gli rendeva difficile il rifornimento del papiro.

A Roma la prima biblioteca pubblica fu costituita nel I secolo avanti Cristo da Asinio Pollione nel tempio della Libertà sull'Aventino, e subito dopo Ottaviano ne istituì due: l'Ottaviana, donata alla città, e la Palatina, a disposizione dell'imperatore. Ma la più importante biblioteca romana fu realizzata dall'imperatore Traiano nel II secolo, e da lui prese il nome di Ulpia. Quando si allestiva una biblioteca, i libri erano collocati in locali luminosi al massimo in quanto servivano anche da sale di lettura, conservati in scaffali (armaria) collocati lungo le pareti delle sale e alti tanto da permettere ai lettori di prendere comodamente i volumi.

Quando l'imperatore Alessandro Severo nella prima metà del III secolo istituì una biblioteca pubblica nel Pantheon, le prepose Giulio Africano, un erudito cristiano di buona fama. È questa la notizia più antica che collega un cristiano con una biblioteca, ma si ignora se Africano abbia voluto o potuto conservare in questa biblioteca scritti anche di autori cristiani. La prima notizia di una biblioteca cristiana ci viene invece da Eusebio e si riferisce ad Alessandro, vescovo di Gerusalemme (Aelia Capitolina) nella prima metà del III secolo che fu in rapporto con Clemente e soprattutto con Origene. Dagli scritti di questi due personaggi si desume una buona conoscenza della letteratura greca classica, e questo fa presupporre biblioteche personali di una qualche consistenza.

Quando Origene, condannato ad Alessandria, si trasferì a Cesarea di Palestina, vi portò i suoi libri - tra cui gli scritti del giudeo Filone che solo per questo tramite sono sopravvissuti e questi costituirono il nucleo originario della biblioteca vescovile di Cesarea. Le dedicarono la loro opera Panfilo, un discepolo di Origene, e poi Eusebio, discepolo di Panfilo, facendo di essa la più importante biblioteca cristiana dell'antichità.

In primo luogo destinata a conservare l'immensa mole degli scritti di Origene, la biblioteca di Cesarea era largamente aperta a testi cristiani in lingua greca di ogni genere. Le innumerevoli citazioni di passi, anche estesi, di antichi scritti cristiani (in buona parte perduti) che corredano la Storia della Chiesa di Eusebio, e i lunghi estratti di opere filosofiche greche che gremiscono la sua Preparazione evangelica derivano da questa biblioteca, oltre che da quella di Gerusalemme.

Nel IV secolo i testi furono trascritti dal papiro in pergamena in un centro scrittorio annesso alla biblioteca e nel quale l'imperatore Costantino fece realizzare un forte numero di splendidi esemplari dell'intera Bibbia. A Cesarea non si badava soltanto all'apparenza esterna del libro ma anche e soprattutto alla bontà del testo trascritto su ordinazione, in quanto esso era riscontrato e corretto sulla base di altri codici. Per questo motivo i libri provenienti dallo scrittorio di Cesarea erano molto apprezzati. E nel VI secolo qualcosa di analogo, benché a un livello più elementare, fu realizzato da Cassiodoro nella biblioteca del monastero calabrese di Vivarium.

La storiografia

pp. 110-111

[La Storia della Chiesa di Eusebio di Cesarea fu] opera di eccezionale originalità. Al tempo suo scrivere la storia di una comunità religiosa era impensabile da parte di un pagano aduso a considerare la religione come una pratica, un culto che si ripeteva da secoli e di cui proprio la fissità era considerata elemento essenziale: non se ne poteva raccontare la storia perché non ne aveva. L'unico modello al quale Eusebio poté guardare furono le Antichità giudaiche di Flavio Giuseppe; però quest'opera, dove cessa di essere una parafrasi biblica, si interessa più alla storia politica che a quella religiosa del popolo giudaico. Quella di Eusebio, invece, è la storia di un movimento religioso, non politico, a base non etnica ma universalistica.

Questo movimento, peraltro, si era subito strutturato nelle Chiese, comunità cittadine ben specificate rispetto al contesto pagano in senso non solo religioso ma anche sociale. Esse, oggetto della ostilità di giudei e pagani, avevano per secoli vissuto eventi di vario genere e significato, mutamenti e trasformazioni riconoscibili e narrabili: insomma, una vicenda storica. Come tale Eusebio l'ha avvertita e l'ha voluta narrare, valendosi della fortunata circostanza di avere a disposizione, nelle biblioteche di Cesarea di Palestina e di Aelia Capitolina (Gerusalemme), una grande quantità di documentazione.

L'opera, giunta a noi nella redazione finale in dieci libri, è l'esito di una lunga vicenda compositiva con varie successive redazioni, in quanto essa, iniziata probabilmente prima dell'ultima persecuzione di Diocleziano e Galerio, fu più volte rielaborata e sistematicamente aggiornata mediante il racconto degli avvenimenti decisivi che si svolsero tra la fine del III secolo e i primi due decenni del IV, per concludersi con la vittoria di Costantino su Licinio (324), che fece del primo l'unico imperatore.

La chiave ideologica in base alla quale Eusebio interpreta i fatti è la lotta tra la verità e l'errore, tra Cristo e i demoni, con affermazione finale della verità per volontà divina e per merito di Costantino: una storia perciò concepita in chiave provvidenzialistica, in quanto racconta fatti che hanno per protagonisti gli uomini ma si svolgono sotto l'occulta regia di una superiore volontà. Del racconto eusebiano ciò che subito impressiona il lettore è l'ampiezza dell'apparato documentario dei fatti via via narrati, cioè il complesso di citazioni tratte dalle fonti più varie e allegate organicamente all'esposizione, al punto che molte volte l'intervento dello storico cristiano sembra avere soprattutto la funzione di raccordare una citazione con l'altra.

In effetti Eusebio sapeva che i testi cristiani a sua disposizione erano per la massima parte sconosciuti ai lettori e ormai pressoché irreperibili, anche se quanto mai significativi perché testimonianza dell'eroica età delle origini e dei tempi della Chiesa dei martiri: ecco perché ha privilegiato una presentazione della materia che mettesse il lettore a contatto diretto con queste preziose testimonianze del passato. Non è un caso che nella parte finale, che racconta i fatti recenti, l'apparato documentario appaia fortemente ridotto. Il successo dell'opera di Eusebio fu immediato: continuata in greco (Socrate, Sozomeno, Filostorgio) e tradotta in varie lingue (in latino da Rufino, in siriaco, in armeno), costituì il modello per eccellenza di storia della Chiesa.