Da Galileo a Fourier, la storia della scienza è piena di questi incorreggibili “gentiliani”, di Giorgio Israel
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Riprendiamo dalla rivista Tempi del 12 febbraio 2009 un articolo di Giorgio Israel, professore di Storia delle matematiche e di Matematiche complementari presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sezione Scienza e fede. Per altri articoli dello stesso autore, cfr. il tag giorgio_israel, ed in particolare:
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Il Centro culturale Gli scritti (27/11/2010)
Chi sa fare bene propaganda sa come conferire a certe parole la virtù di imprimere il marchio di un giudizio indipendentemente dal loro significato. Per esempio, ormai la parola “fascista” serve in modo indiscriminato a designare un infame. Sembra che qualcosa di analogo stia accadendo con l’aggettivo “gentiliano” nel campo dell’istruzione. Per designare qualcosa di ignobilmente reazionario basta dire “gentiliano”. L’aggettivo ha assunto un valore di esecrazione indipendente dal suo significato come risulta da alcune polemiche recenti sui quadri orari per il Liceo scientifico in cui riemergerebbe “l’idealismo gentiliano”. Si incrimina una frase dei regolamenti che dice che «il fine specifico dei percorsi dei licei è la theoria», e si lamenta il ritorno a una visione “deduttivistica” della scienza in cui prevale l’approccio teorico su quello sperimentale e laboratoriale.
In realtà Gentile non c’entra nulla. La sua riforma era basata sulla centralità della cultura classica, storico-filosofica e umanistica che aveva un carattere di preminenza su quella scientifica, ma Gentile non si è mai sognato di dire che la scienza va studiata in modo “deduttivista”. Casomai gli idealisti italiani pensavano il contrario: per loro la scienza era un sapere pratico-operativo privo di valore conoscitivo. Ma anche questo vale per Croce e meno assai per Gentile, che cambiò posizione riconoscendo alla scienza un valore conoscitivo. Ma che importa? Quel che conta è aver trovato un aggettivo esecrativo, tanto più efficace in quanto si riferisce a un ministro dell’istruzione fascista.
Oltretutto – diciamolo chiaramente – se Gentile pensava a quel modo aveva ragione da vendere. Vuol dire che sapeva che la scienza moderna deve i suoi successi proprio al fatto di essere “deduttivista” e non meramente manipolativa. «Matematica purissima» definisce Galileo la sua scienza del moto. E il grande fisico-matematico Fourier dopo aver sottolineato che le esperienze forniscono la materia per il progresso scientifico avvertiva che «la teoria dirige tutte le misure e ne assegna la precisione».
Pertanto chi crede o predica che lo studente debba entrare in laboratorio senza un supporto preventivo di teoria e possa apprendere qualcosa “scoprendo” a caso non ha capito nulla di cosa sia la scienza e ne ha un’idea prossima a quella dell’alchimia medioevale. È ottimo che vi siano laboratori nelle scuole ma lo studente deve entrarvi con una preparazione teorica, altrimenti non caverà un ragno dal buco.
Lavoisier non ha mostrato che l’acqua è composta da idrogeno e ossigeno pasticciando a caso, ma perché perseguiva una precisa idea circa la struttura della materia.
Il danno degli slogan è dimostrato da un’ottima lettera di Maria Elisa Bergamaschini sulla rivista Emmeciquadro in cui deplora «la deriva costruttivista, supportata dai diversi pedagogismi» che «toglie all’insegnante la responsabilità di “maestro”», «nega nelle pratiche didattiche il carattere peculiare della ricerca scientifica in quanto ricerca del “vero”», «riduce la dimensione sperimentale delle scienze a un “saper fare”, dove il metodo scientifico diventa un insieme di tecniche da applicare», fa «prevalere l’aspetto informativo su quello conoscitivo». Non si potrebbe dire meglio.
Ma allora non si vede come si possa andar d’accordo con chi proscrive il riemergere dell’idealismo gentiliano in quanto sintesi di tutte quelle cose che Bergamaschini ritiene giustamente caratteristiche della scienza come impresa di conoscenza. Perciò attenzione a prestar fede a chi usa le parole come mazze ferrate: si rischia di andare nella direzione opposta a quella desiderata.