Giovanni Battista Montini e l'idea di università. Al crocevia della cultura contemporanea, di Angelo Maffeis
Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 26/3/2011 un testo di Angelo Maffeis. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (26/3/2011)
Il 25 e il 26 marzo si svolge a Concesio (Brescia), presso l'Istituto Paolo VI il convegno "L'idea di università". Pubblichiamo stralci di una delle relazioni.
Il 9 marzo 1964 Paolo VI, in un discorso rivolto ai partecipanti a un congresso di studenti di scienze economiche, ricorda di essere stato anche lui studente e cappellano degli studenti. A distanza di quasi quarant'anni dall'inizio della sua attività come assistente ecclesiastico della Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci), confida agli ascoltatori che "le ore migliori della nostra attività sacerdotale (...) sono quelle che abbiamo passato come giovane sacerdote in mezzo agli studenti, ascoltandoli, cercando di comprenderli, facendo del nostro meglio per aiutarli a scoprire la verità, il Vangelo, il Cristo, la Chiesa".
Queste parole rivelano la prospettiva fondamentale secondo cui Giovanni Battista Montini ha considerato l'università e ha maturato nel corso degli anni una riflessione sulla missione a essa affidata, sulle relazioni che al suo interno si intrecciano tra docenti e studenti e sulle forme della presenza cristiana nell'ambiente accademico. Si tratta di una prospettiva pastorale, che considera cioè l'università non primariamente nei suoi assetti istituzionali o nell'esercizio delle funzioni di ricerca e insegnamento, ma come ambiente e come tempo vissuto da studenti ai quali la Chiesa è chiamata a prestare gli aiuti necessari perché questa stagione della vita non sia vissuta nel segno della dissipazione delle convinzioni religiose e morali acquisite in precedenza, ma favorisca al contrario un'autentica maturazione della fede e della vita cristiana.
La riflessione montiniana è dominata dal senso dell'urgenza di questo compito e dalla consapevolezza che troppo poco è stato fatto. È eloquente al riguardo la risposta che nel 1930 egli dà all'interrogativo circa i modi in cui la Chiesa ha manifestato la sua attenzione per il mondo universitario. "Qual è la cura che il clero italiano s'è preso della sua Università? La risposta è terribilmente semplice; perché, salvo qualche buona eccezione, si può dire nessuna".
Tra le eccezioni a questa diffusa assenza della Chiesa dal mondo accademico Montini menziona l'Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fuci. L'università fondata da padre Gemelli non persegue però l'obiettivo di assicurare la cura pastorale a tutti gli studenti universitari, ma intende formare i propri studenti e proporsi come soggetto in grado di incidere nel panorama della cultura italiana. La Fuci si è invece assunta direttamente il compito "di assistere localmente gli Studenti delle ventitré città universitarie e di rintracciarli anche nelle loro sedi originarie".
A quest'opera Montini si è dedicato con passione nei primi anni del suo ministero, affiancando l'attività in mezzo agli studenti al lavoro nella Segreteria di Stato e proprio tale impegno ha conferito una connotazione pastorale al suo interesse per l'università. Tale interesse non è venuto meno neppure in seguito, quando Montini, dopo aver lasciato l'incarico di assistente della Fuci, ha assunto responsabilità via via crescenti in Segreteria di Stato, rimanendo però autorevole punto di riferimento per il movimento dei Laureati cattolici e si è manifestato in numerose occasioni durante l'episcopato milanese e il pontificato.
Si fraintenderebbe tuttavia il senso della connotazione pastorale dell'interesse montiniano per l'università se lo si riducesse alla ricerca e alla pianificazione di interventi volti ad assicurare la cura pastorale degli studenti cattolici. L'orizzonte all'interno del quale Montini considera l'università è molto più ampio ed è dominato dalla convinzione che il mondo universitario rappresenti il crocevia delle fondamentali questioni della cultura contemporanea.
A ragione Giuseppe Colombo sottolinea che nella visione di Paolo VI "l'Università assume quasi il valore di un simbolo, grave e delicato, perché tendenzialmente si identifica con la cultura (in senso umanistico) e quindi col pensiero e quindi con la ragione". Senza mai perdere di vista la concreta esperienza dello studente universitario, Montini considera dunque tale esperienza come lo spettro attraverso il quale considerare le vicende storiche dell'università e la sua missione culturale, dal momento che essa rappresenta un luogo decisivo dell'incontro tra fede cristiana e cultura moderna.
La convinzione che la conoscenza credente della verità rivelata appartiene alla formazione integrale della persona porta, da una parte, ad affermare il principio che essa dovrebbe trovare spazio come oggetto di studio all'interno dell'università. D'altra parte, realisticamente, Montini riconosce che l'università si comprende come luogo laico di ricerca e, a partire da tale presupposto, ha bandito lo studio teologico della religione cristiana, conservando semplicemente qualche insegnamento di carattere storico. Il giudizio sull'abolizione delle facoltà di teologia nell'università italiana, deciso nel 1873, è rivelatore di questo duplice punto di vista. "L'abolizione delle cattedre di teologia, avvenuta dopo il Settanta, tutto sommato, fu certamente un bene, dal momento che un simile insegnamento, squisitamente delicato, in mano ad uno Stato liberale e massonico, e sottratto da un controllo autorizzato e da una direttiva ortodossa, avrebbe dato in breve cattedre di eresia, vale a dire di corrosione del patrimonio religioso e, in definitiva, di negazione. Ma sta il fatto che è mancata così all'Italia tutta una corrente di studi, che negli altri Paesi civili assumeva in questi ultimi decenni proporzioni immense".
Il prezzo pagato per questa esclusione è stato alto. "Ha fatto esulare dalla Scuola italiana quello che c'era, indiscutibilmente, di più italiano, il cattolicesimo, e (...) l'ha confortata a restringere le sue aspirazioni spirituali ai problemi immediati del sapere borghese".
Rimane in Montini profondo il rispetto per lo spirito della ricerca universitaria e per l'esercizio della critica che tale ricerca richiede. Tale spirito critico è richiesto anche agli studenti nel non allinearsi in modo passivo a quanto viene insegnato, ma a giudicarne la verità, così che lo studio universitario possa essere una vera scuola di libertà del pensiero. La libertà del pensiero deve essere fatta valere in particolare contro la pretesa totalitaria di un metodo scientifico che non si limita a dichiararsi incompetente riguardo alle questioni fondamentali di carattere filosofico e religioso, ma ne dichiara l'insensatezza.
Persino il dramma contemporaneo dell'ateismo può avere un significato positivo come stimolo a purificare il concetto di Dio e a riconoscerne in modo più appropriato la trascendenza. Ma quando ricerca scientifica e studio universitario si chiudono in modo pregiudiziale nei confronti dell'esperienza religiosa è la stessa qualità scientifica della ricerca e della formazione che ne risulta impoverita.
Al contrario, dove l'esperienza credente entra in contatto con l'istituzione universitaria l'una non mortifica l'altra né si ignorano reciprocamente al fine di assicurarsi una pacifica convivenza. "Si direbbe anzi che una profonda simpatia avvicini questi due aspetti della vita".
Il contributo che la religione porta alla ricerca scientifica è prima di tutto la fiducia, fiducia "nella possibilità, sia soggettiva che oggettiva, del sapere, di quel sapere, che sarà sempre suscettibile di sviluppi e di progressi e avrà sempre perciò un aspetto problematico, ma che in ogni grado della sua onesta formulazione dà la certezza, dà il gusto della verità (Gaudium de veritate)".
La religione favorisce in particolare la fiducia nell'universalità e nell'unità del sapere, che un sistema universitario sempre più specializzato rischia di perdere completamente di vista. Il ricercatore e lo studente che si immergono nello studio sempre più specializzato traggono perciò beneficio dall'esperienza religiosa che "tiene aperto e disteso il cielo della realtà totale, dell'ordine complesso e gerarchico delle varie discipline, dei principi filosofici assoluti e universali, della possibile collaborazione delle varie fonti di studio (...) e indirizza l'enciclopedia dello scibile umano a quell'armonia (...) che i maestri medioevali designavano con una parola scolastica di superbo valore, la Summa".
L'elezione pontificia di Giovanni Battista Montini, insieme alla dilatazione della responsabilità ecclesiale, porta con sé anche un ampliamento dell'orizzonte in cui ha considerato il tema dell'università. Le indicazioni che egli offre al riguardo sono in continuità con la riflessione maturata nei decenni precedenti e attingono all'insegnamento del Vaticano sulla missione della Chiesa e sull'impegno al quale essa è chiamata in campo educativo.
Tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta gli interventi di Paolo VI rivolgono l'attenzione anche ai movimenti di contestazione che, sorti all'interno delle università, hanno attraversato il mondo occidentale. Di fronte a questi fenomeni, il Papa conferma l'attitudine maturata negli anni giovanili nei confronti delle correnti della cultura contemporanea: il giudizio critico non può essere disgiunto dallo sforzo di capire.
La via del discernimento è indicata da Paolo VI nel 1969 ai partecipanti al Congresso dei delegati delle università Cattoliche. "In mezzo alle agitazioni che si sviluppano con violenza e asprezza, raccogliete il loro grido, ascoltate quello che c'è di vero nel loro appello, rispondete alle loro giuste istanze. Con coraggio e lucidità, accettate le messe in questione necessarie. Con saggezza e misura, operate i discernimenti indispensabili. Con audacia e fermezza, aprite le vie del futuro. A tutti sappiate insegnare, con la vostra vita come col vostro insegnamento, come e perché si vive, in una fede ardente, una speranza inconfondibile e un'ardente carità".
Come pastore della Chiesa romana Paolo VI ha incontrato anche l'università di Roma. In occasione della visita del 14 marzo 1964 alla Sapienza, torna sul tema dell'università come luogo in cui è possibile la ricerca di una sintesi armonica di fede e ragione. Al tempo stesso si sofferma sulla condizione di chi non è giunto alla fede, ma si impegna con onestà nella ricerca della verità. Più che la laicità dell'istituzione accademica, al centro dell'interesse di Paolo VI si trova la condizione personale di chi cerca la verità attraverso le vie della scienza, ma non è approdato alla scoperta della verità della rivelazione. Si direbbe anzi, osserva il Papa, che la permanenza nel dubbio sia atteggiamento tipico della vita universitaria, come se il dubbio fosse la condizione necessaria per continuare la ricerca. A chi si trova in tale condizione, egli esprime anzitutto pieno rispetto e rivolge insieme l'invito a portare fino in fondo il loro dubbio. Quando infatti il dubbio non è atteggiamento pigro e convenzionale, ma è assunto con serietà, proprio nel rifiuto di accettare surrogati della verità, si manifesta la sua relazione con la verità e può essere inteso come attesa della sua rivelazione.
Volendo sintetizzare il senso della riflessione di Montini sull'università, si possono ricordare due espressioni che ricorrono nei suoi discorsi. In un messaggio indirizzato a padre Gemelli il 15 febbraio 1959, in occasione della Giornata per l'Università cattolica, Montini parla dell'università come espressione di "carità intellettuale, che può stare sul piano della carità missionaria, perché appunto è rivolta alla illuminazione e alla salvezza degli spiriti umani". Il 10 febbraio 1964, incontrando i dirigenti e i soci dell'Editrice Studium, il Papa afferma che l'idea originaria da cui è nata l'editrice è stata quella di "fare della cultura cattolica un principio di coesione, (...) di amicizia spirituale, di collaborazione intellettuale".
L'università come espressione di "carità intellettuale" e come luogo di "amicizia spirituale" possono valere come assi portanti della riflessione montiniana sull'identità e sulla missione dell'università. Essa incarna istituzionalmente questi valori in quanto offre una risposta qualificata al bisogno di sapere della comunità umana e si pone a servizio della formazione delle nuove generazioni. Al suo interno la ricerca e la formazione non sono impresa solitaria, ma presuppongono e richiedono la cooperazione di tutti i protagonisti coinvolti in un progetto comune. Le espressioni "carità intellettuale" e "amicizia spirituale" alludono però anche a elementi che non sono riducibili ad attività, procedure e ordinamenti che formano l'istituzione universitaria, e che tuttavia sono essenziali per lo sviluppo di quella che Montini chiamava la "vita spirituale" dell'università, da cui dipende in larga misura la sua fecondità culturale.
(©L'Osservatore Romano 26 marzo 2011)