Al tempo di Leonardo da Vinci non era vietata in Italia e in Roma la dissezione di cadaveri a scopo scientifico. Gli studi di Laurenza sulla questione e l’ipotesi che Giovanni degli specchi abbia cercato di utilizzare alcune posizioni filosofiche di Leonardo sull’anima per screditarlo senza successo presso la chiesa, mentre era stato proprio il papa, unitamente a Giuliano de Medici, a volerlo a Roma, perché collaborasse con lo Stato pontificio, invito che Leonardo era stato ben contento di accettare, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 21 /11 /2022 - 16:04 pm | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Filosofia umanistica e rinascimentale, Roma e le sue basiliche e Fede e scienza. Cfr. in particolare

Il Centro culturale Gli scritti (20/11/2022)

Laurenza ha dimostrato come non ci fosse divieto di dissezioni anatomiche al tempo di Leonardo da Vinci, come invece affermato dalla vulgata:

«Leonardo allude a difficoltà incontrate a Roma a causa dei suoi studi anatomici. Che cosa potevano riguardare le accuse formulate da Giovanni degli Specchi? Non la pratica di aprire cadaveri in sé stessa. I recenti studi di K. Park e anche la storiografia migliore già dalla fine dell'800 hanno chiarito come non esisteva da parte delle autorità laiche o religiose alcuna preclusione particolare, di carattere etico o religioso, nei confronti delle dissezioni anatomiche[1]. Questo specialmente in Italia[2]. Esistono rari casi di editti o processi contro anatomisti, ma questi hanno avuto motivazioni molto circostanziate: furto di cadaveri in cimiteri o involontaria dissezione di corpi ancora vivi, come capita a Vesalio in Spagna[3]»[4].

È stato il curatore dei Musei Vaticani Guido Cornini, esperto leonardiano, recentemente scomparso, a farmi conoscere gli studi del Laurenza, di cui egli accoglieva le conclusioni, come mi rivelò in un incontro che dedicammo insieme proprio a Leonardo da Vinci a Roma.

Laurenza mostra come erano vietate dissezioni se esse implicavano il furto di cadaveri, ma come invece esse erano permesse se compiute all’interno delle disposizioni legislative e a scopo scientifico: conseguentemente, Leonardo non poté incorrere in alcun rifiuto di esse.

È ideologica la presentazione di Leonardo come di una personalità di cui si ostacolasse la ricerca scientifica o come di un mago esoterico che venisse avversato, anzi proprio la sua presenza a Roma, come ospite del papa nella Palazzina del Belvedere, mostra come fosse stato esplicitamente invitato dalla chiesa di allora a collaborare con lo Stato Pontificio e come egli avesse benevolmente accolto tale invito, penultima tappa della sua vita prima di quella francese.

Laurenza introduce così il suo studio:

«Tra il 1513-14 e il 1516 Leonardo soggiorna in Vaticano. Sono gli anni nei quali sotto il pontificato di un papa Medici, Leone X, il Rinascimento raggiunge l’apice. A Roma confluisce il meglio della cultura dell’epoca e già da tempo operano artisti come Raffaello, Bramante, Michelangelo. Paradossalmente è questo il periodo meno studiato della vita di Leonardo. Questa lettura vinciana intende avviare la riconsiderazione di questa fase dell’opera di Leonardo, fornendo nuove evidenze relative a tre argomenti: gli studi anatomici, il suo legame con la famiglia dei Medici e con altri personaggi e luoghi frequentati mentre è a Roma, i rapporti con Raffaello»[5].

Così Laurenza descrive lo stato delle dissezioni anatomiche all’epoca di Leonardo:

«Esistevano vari tipi o occasioni di dissezione[6]. Uno era dato dalla pubblica dissezione, praticata da professori dell'università su cadaveri di giustiziati concessi dalle autorità. A Roma la più antica notizia in questo senso cade poco prima dell'arrivo di Leonardo, nel 1512: "Addì 22 di marzo fu giustiziato Giovanni da Montelauro per le mani della giustizia di Campidoglio, fune fato notomia e di poi fu seppellito", recita il registro della Confraternita di San Giovanni Decollato (Archivio di Stato di Roma, San Giovanni Decollato, b. I. l. 2, fol. 31 v)[7]. Accanto a queste pubbliche dissezioni (che ovviamente avevano un carattere rituale e non erano occasioni di nuova ricerca) troviamo la pratica, peraltro non ben documentata, delle dissezioni private, condotte da un anatomista con pochi allievi, tollerate dalle autorità e solo condannate quando i cadaveri erano stati procacciati profanando un cimitero.

Infine abbiamo quella che a mio avviso è la più importante occasione di conoscenze anatomiche umane sia in generale che nel caso di Leonardo: le autopsie post mortem. Spesso in questi casi si tratta di autopsie effettuate sul corpo della donna e sui suoi genitali, chieste dai parenti che vogliono accertare una eventuale natura genetica del male che, secondo alcune teorie, poteva essere trasmesso ai figli solo dalla madre nel corso della gravidanza; questo per prendere eventuali provvedimenti precauzionali nei confronti dei figli della morta[8]. Una autopsia praticata era anche quella della donna morta in gravidanza, un cesareo post mortem, praticato con la speranza di impartire il battesimo alla nuova creatura che si riteneva potesse rimanere in vita per qualche tempo dopo la morte della madre. Queste autopsie venivano condotte presso la casa del defunto[9].

Esisteva poi il vasto campo delle autopsie praticate negli ospedali. All'epoca gli ospedali accoglievano poveri e diseredati e quindi in questo caso le autopsie avvenivano non su richiesta dei parenti, ma per iniziativa dei medici e quindi potevano avere anche una più spiccata finalità scientifica. Ora se consideriamo che i corpi su cui si praticavano autopsie erano anche quelli delle donne, a volte gravide[10], e che, nel passo in questione, Leonardo cita espressamente un "ospedale", ne consegue che nel soggiorno romano, occupandosi, come si è visto, di embriologia, se sezionò cadaveri umani, oltre che animali, questo avvenne nel corso di autopsie ospedaliere, una pratica che difficilmente poteva comportare problemi, come il furto di cadaveri da cimiteri connesso con le dissezioni private.

Quindi allo stato delle nostre conoscenze la spiegazione delle difficoltà incontrate da Leonardo a Roma va trovata altrove, non nella pratica dissettiva in sé stessa. E io credo che la soluzione risieda nel risvolto filosofico della sua ricerca anatomica, un risvolto che la storiografia ha spesso trascurato come uno spiacevole e pesante ripiegamento speculativo[11]»[12].

Laurenza ipotizza che Giovanni degli specchi – che cercò di ostacolare Leonardo presso il pontefice - abbia utilizzato alcune affermazioni filosofiche di Leonardo per cercare di creargli intorno, senza successo, un atteggiamento avverso.

Leonardo riteneva, infatti, che il bambino nell’utero non avesse un'“anima” propria, ma avesse l’“anima” della madre come principio agente, secondo principi filosofici che oggi non comprendiamo più perché non utilizziamo il concetto di “anima” che invece era abituale per Leonardo e per il suo tempo, concetto assolutamente differente da considerazioni scientifiche moderne – anzi Laurenza mostra come fossero molto più avanti su questo punto autori contemporanei di Leonardo e come egli utilizzasse categorie filosofiche superate, mentre la vulgata, proprio perché a priori deve difendere la modernità di Leonardo, non si avvede di questo:

«Questi temi filosofici sono sviluppati in un altro gruppo di note contenute in un foglio […]: la lunga nota nell'angolo in basso a sinistra in W. 19102 r (K/P 198 r) e la nota in alto a destra sul verso dello stesso (W. 19102 V, K/P 198 v).

In esse Leonardo riprende i temi fisiologici e vitalistici relativi al feto e aggiunge la considerazione più filosofica che una stessa anima, quella materna, presiede alle attività sia della madre che del feto, la cui anima resta come addormentata e come tutelata da quella materna:

A questo putto non batte il cuore e non alita [...] e una medesima anima governa questi due corpi e i desideri, le paure e i dolori son comuni così a essa creatura come a tutti li altri membri animati [della madre] […] (W. 19102 r)»[13].

Questa ipotesi permetterebbe di ricomprendere le argomentazioni di Giovanni degli specchi contro Leonardo:

«“Quest’altro m’ha impedito l’anatomia col Papa biasimandola e così allo spedale” (CA, f. 500 r). Questa frase compare in un abbozzo di lettera che Leonardo prepara mentre si trova a Roma. Siamo nel 1515 è da due anni è diventato Papa, con il nome di Leone X, Giovanni de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico. Leonardo indirizza la missiva a Giuliano de’ Medici, fratello del Papa.

È proprio per porsi al servizio di Giuliano che Leonardo si è trasferito a Roma, dove si trova sicuramente dal 1514. Quando Leonardo scrive la lettera, Giuliano è assente da Roma e Leonardo si lamenta con il suo mecenate delle difficoltà che incontra con due tecnici di origine tedesca.

Non si tratta di due assistenti di Leonardo, come a volte viene inteso. Solo uno, “Giorgio tedesco”, è un aiutante di Leonardo. L’altro “Giovanni degli specchi”, l’autore dell’accusa relativa agli studi anatomici, è un maestro indipendente che, come Leonardo, ha il suo laboratorio in Belvedere, una parte dei palazzi vaticani destinata anche ad alloggio di artisti e tecnici. Dalla lettera emerge questo quadro: non solo maestro Giorgio, l’aiutante di Leonardo, è assolutamente negligente nel suo lavoro, ma rivela all’altro tecnico, Giovanni degli specchi, molti segreti della bottega di Leonardo.

Giovanni degli specchi ha visto male l’arrivo di Leonardo a Roma, come cosa, scrive Leonardo, che ha sminuito il suo lavoro agli occhi di Giuliano de’ Medici. E quindi cerca di osteggiarlo in vari modi: sobillando l’aiutante di Leonardo e anche diffondendo pesanti accuse contro di lui. A queste accuse allude per l’appunto il passo famoso: “quest’altro m’ ha impedito l’anatomia col Papa biasimandola e così allo spedale”, cioè: Giovanni degli specchi ha diffuso in Vaticano e in un ospedale, dove Leonardo praticava dissezioni anatomiche, accuse relative a queste ultime[14].

Questo passo è stato genericamente interpretato nel senso che il carattere sacrilego e cinico insito nella dissezione dei cadaveri, la fama quasi di mago di Leonardo rappresentarono appigli sui quali Giovanni degli specchi poté imbastire le sue calunnie[15].

La mia ipotesi è invece che le calunnie abbiano riguardato il livello più filosofico della ricerca anatomica di Leonardo, quello in cui dallo studio del corpo egli passa a quello dell’anima. Questi temi sono al centro di una vicenda che, a seguito di una bolla emanata da Leone X nel 1513, vede contrapposti teologi e filosofi naturali. Una vicenda che ha come epicentro Roma proprio negli anni in cui Leonardo soggiorna in Vaticano».[16]

Insomma l’argomento utilizzato da Giovanni degli specchi nel tentativo di screditare Leonardo è probabilmente più filosofico che scientifico e niente ha a che vedere con la pratica della dissezione ad uso scientifico.

Note al testo

[1] K. Park, The Criminal and the Saintly Body: Autopsy and Dissection in Renaissance Italy, in «Renaissance Quarterly», 1994, pp. 1-33; Eadem, The Life of the Corpse: Division and Dissection in Late Medieval Europe, in «Journal of the History of Medicine and Allied Sciences», 1995, n. 1, pp. 111-132; cfr. poi la seguente letteratura, ancora utilissima sebbene datata: A. Corradi, Dello studio e dell'insegnamento dell'anatomia in Italia nel Medioevo ed in parte del Cinquecento, in «Rendiconti del R. Istituto Lombardo», serie II, vol. IV, fasc. XV, 1873; M. Del Gaizo, Della pratica della anatomia in Italia sino al 1600, estr. da «Atti della R. Accademia Medico-Chirurgica di Napoli», anno XLVI, 1892, pp. 1-42; Idem, Dell'azione dei papi sul progresso dell'anatomia e della chirurgia sino al 1600, estr. da La scuola cattolica e la scienza italiana, Milano, 1893, pp. 1-20; E. Solmi, Per gli studi anatomici di Leonardo da Vinci, cit.; M. Niven Alston, The attitude of the Church towards dissection before 1500, in «Bulletin of the History of medicine», 1944, pp. 221-238; F. Garofalo, Contributo storico allo studio dell'insegnamento dell'Anatomia nella Sapienza (documenti d'archivio), in «Humana studia», 1950, pp. 11-35.

[2] Le difficoltà incontrate, a differenza del loro collega italiano Mondino, da Guido da Vigevano e Henri de Mondeville, due anatomici attivi in Francia nel XIV secolo, possono essere spiegate in base alla differente sensibilità in Italia e nel resto d'Europa, cui alludono molti degli autori citati nella nota precedente.

[3] Del Gaizo, Dell'azione dei papi, cit.

[4] D. Laurenza, Leonardo nella Roma di Leone X [c. 1513-1516]. Gli studi anatomici, la vita, l’arte. “Quest’altro m’ha impedito l’anatomia col Papa biasimandola e così allo spedale” [Codice Atlantico, f. 500 r], XLIII Lettura Vinciana, 12 aprile 2003, Firenze-Milano, Giunti, 2004, p. 14; cfr. nello studio l’intero capitolo Le accuse ricevute da Leonardo a Roma: l'atteggiamento dell'epoca nei confronti delle dissezioni.

[5] D. Laurenza, Leonardo nella Roma di Leone X [c. 1513-1516]. Gli studi anatomici, la vita, l’arte. “Quest’altro m’ha impedito l’anatomia col Papa biasimandola e così allo spedale” [Codice Atlantico, f. 500 r], XLIII Lettura Vinciana, 12 aprile 2003, Firenze-Milano, Giunti, 2004, p. 7.

[6] Cfr. gli autori cit. in nota 3; inoltre: A. Pazzini, Leonardo da Vinci e l'esercizio dell'anatomia in Roma, in «Pagine di storia della scienza e della tecnica», 1952, VII, pp. 5-14; P. Pericoli, L'Ospedale di Santa Maria della Consolazione in Roma, Imola, 1879.

[7] Per la storia dell'anatomia a Roma nel XVI secolo cfr. anzitutto A. Carlino, La fabbrica del corpo. Libri e dissezione nel Rinascimento, Torino, 1994 (in part. p. 90 sul documento citato). Il documento continua: "[...] e di poi fu seppellito nella compagnia della Misericordia di Roma, addì 28 di marzo fuli fatto l'esequie con nove messe e otto torce". Clemente VII (l'altro papa Medici che succede, dopo il breve pontificato di Adriano VI, a Leone X) regolamenta lo svolgimento della pubblica dissezione attraverso la Bulla de Protomedici et Collegi Medicorum Urbis iurisdictione et facultatibus (cfr. Garofalo, Contributo storico, cit.; Carlino, La fabbrica del corpo, cit., p. 70).

[8] Park, The Criminal and the Saintly Body, cit.

[9] La pratica era diffusa e Antonio Benivieni, medico e anatomista fiorentino del Quattrocento, ricorda con meraviglia il caso di una autopsia che gli fu negata dai parenti della morta "per non so - scrive - quale superstizione" ("nescio qua superstitione"). Cfr. Park, The Criminal and the Saintly Body, cit.

[10] Corradi, Dello studio e dell'insegnamento dell'anatomia, cit.; Del Gaizo, Della pratica della anatomia, cit. Park, The Criminal and the Saintly Body, cit.; e Eadem, The Life of the Corpse, cit. Leonardo, quando disseziona il cadavere di un vecchio centenario nell'ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova (c. 1507), afferma di avere, contestualmente, sezionato anche il corpo di un bambino di due anni (W. 19027 v, K/P 69 v).

[11] Questo vale anche per la storiografia più recente che, da questo punto di vista, non si distingue molto da quella di un secolo addietro. Solmi, Leonardo da Vinci come precursore dell'embriologia, cit., imposta il suo studio nei termini di Leonardo geniale precursore delle scoperte anatomiche della moderna embriologia (a p. 38, parla di conquiste dell'“ingegno italiano”). Circa le parti speculative sull'anima o sono presentate con un punto esclamativo di sostanziale disprezzo (come, p. 40, a proposito di Egidio da Viterbo o, p. 43, a proposito della nota in cui Leonardo, citando Avicenna, afferma che l'anima partorisce il corpo), o sono completamente ignorate, come nel caso dei riferimenti all'anima nei tardi passi embriologici, non commentati (pp. 64-66). A proposito dei filosofi che si occuparono di embriologia all'epoca di Leonardo, Solmi scrive (p. 70, nota): “A bella posta mi sono astenuto dal confrontare le teorie del Vinci con quelle del Cardano e di Telesio intorno alla generazione. [...] perché queste ultime paragonate con quelle dell'artista-filosofo sembrano il balbettio di fanciulli incoscienti”. Per Solmi la filosofia naturale è scienza in senso moderno. È tuttavia rilevante che le parti che, da quest'ultimo punto di vista, Solmi (pp. 57-56) più esalta come innovative scoperte embriologiche di Leonardo sono quelle relative alla distinzione tra parte fetale e materna della placenta […].

[12] D. Laurenza, Leonardo nella Roma di Leone X [c. 1513-1516]. Gli studi anatomici, la vita, l’arte. “Quest’altro m’ha impedito l’anatomia col Papa biasimandola e così allo spedale” [Codice Atlantico, f. 500 r], XLIII Lettura Vinciana, 12 aprile 2003, Firenze-Milano, Giunti, 2004, p. 15.

[13] D. Laurenza, Leonardo nella Roma di Leone X [c. 1513-1516]. Gli studi anatomici, la vita, l’arte. “Quest’altro m’ha impedito l’anatomia col Papa biasimandola e così allo spedale” [Codice Atlantico, f. 500 r], XLIII Lettura Vinciana, 12 aprile 2003, Firenze-Milano, Giunti, 2004, p. 13; cfr. tutto il capitolo Un gruppo di note di epoca romana: il versante filosofico degli studi embriologici.

[14] Per quanto riguarda il presunto brano in cui Leonardo avrebbe scritto “Il Papa saputo che io ho scorticato tre cadaveri”, si tratta di un abbaglio storiografico. Nessun foglio di Leonardo, attualmente noto, contiene questo passo. M. Baratta, Curiosità Vinciane, Torino, 1905, pp. 3-4, cita come fonte una conferenza di G. Piumati riguardante la pubblicazione dei manoscritti di Leonardo.
Baratta cita ricordando male, oppure l’errore è di Piumati (occorrerebbe controllare la sua edizione dei fogli anatomici e magari le sue trascrizioni manoscritte che si trovano attualmente nell’Archivio della Commissione Vinciana presso la Biblioteca Nazionale di Roma). Un suggerimento per chiarire l’equivoco è già in G. Favaro, Gli studi anatomici di Leonardo nei Regesti Vinciani, in «Atti e memorie della Reale Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Venezia», Serie V, vol. III, 1938, pp. 101-106, in part. p. 105, nota 1, che però, nel testo, lascia ancora in sospeso il problema. Il brano viene accolto come buono da Solmi, 1907 (cfr. nota successiva) e questo contribuisce alla sua fortuna. Il brano viene citato come buono da A. Canezza, Gli arcispedali di Roma nella vita cittadina, nella storia e nell’arte, 1933 e A. Pazzini, Leonardo da Vinci l’esercizio dell’anatomia, 1952, cit. infra, p. 14. Ringrazio Carlo Pedretti e la Biblioteca Leonardiana di Vinci (in particolare Romano Nanni e Monica Taddei) per l’aiuto che mi hanno fornito nel dipanare la bibliografia relativa al problema, non tutta di agevole consultazione.

[15] Quasi ogni studio su Leonardo (antico o recente, biografia o analisi degli studi anatomici o altro) ha più o meno accolto questa interpretazione. Mi limito a citare alcuni studi che permettono anche di cominciare ad inquadrare la bibliografia specifica relativa al soggiorno di Leonardo a Roma (cfr. poi le note successive): E. Solmi, Per gli studi anatomici di Leonardo da Vinci, in Miscellanea di studi critici pubblicati in onore di Guido Mazzoni, Firenze, 1907, pp. 343-360; V. Rocchi, Leonardo da Vinci e i suoi studi nell’Ospedale di Santo Spirito, in «Giornale di Medicina e Chirurgia», Roma, 1912, pp. 802-806; E. Lavagnino, Leonardo a Roma, in AA. VV., Leonardo, 1962 (I ed. 1939), pp. 127-128; C.D. O’ Malley e J.B. de C.M. Saunders, Leonardo On the Human Body, New York, 1983 (1952), p. 26.

[16] D. Laurenza, Leonardo nella Roma di Leone X [c. 1513-1516]. Gli studi anatomici, la vita, l’arte. “Quest’altro m’ha impedito l’anatomia col Papa biasimandola e così allo spedale” [Codice Atlantico, f. 500 r], XLIII Lettura Vinciana, 12 aprile 2003, Firenze-Milano, Giunti, 2004, pp. 7-8.