La questione del lavoro e di un lavoro che impegna per tutta la vita, accanto alla questione dell’amore/love. Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Lavoro e professione.
Il Centro culturale Gli scritti (28/8/2022)
L’equivoco che confonde l’amore con il love che si prova per un tempo anche di media lunghezza, ma che poi non è detto che duri[1] - tanto è vero che non si mette nemmeno in conto di divenire il genitore dei figli che potrebbero nascere alla persona che si ama -, ha un corrispettivo nel lavoro, nella visione del lavoro, che il mondo consumistico tende a inculcare nei cuori e nelle menti.
Certo la questione affettiva e quella lavorativa sono diverse, ma esistono consonanze profonde.
Un’amica suora, dedita con la sua comunità al mondo del lavoro, mi racconta che per lei è evidente che ci sono molti lavori che nessun italiano è più disposto a fare. Il lavoro o è da fare in un certo modo e a determinate ore, oppure nemmeno se ne parla.
Mi racconta di un dialogo – che ritiene tipico – con un padre e un figlio. Mentre il padre raccontava di aver dedicato alla propria azienda una vita intera, il figlio ribatteva: “Io non darei mai una vita intera allo stesso lavoro. Io ho bisogno di cambiare, di fare cose diverse. E, soprattutto, io non voglio lavorare cinque o sei giorni alla settimana: sono troppi. Io voglio lavorare solo quattro giorni alla settimana e godermi poi un week-end lungo. Io voglio lavorare, ma soprattutto divertirmi poi”.
Alla risposta del padre che provava a dire a suo figlio, ormai sopra i vent’anni, che non avrebbe mai trovato situazioni lavorative di questo tipo, se voleva avere uno stipendio per vivere in maniera autonoma e mettere su casa, il figlio ribatteva che non era questa la sua prospettiva: per lui la cosa più importante era che il lavoro non gli togliesse il tempo libero.
La mia amica mi raccontava di un colloquio con un’altra persona che lavorava alle pulizie delle strade e della spazzatura in città che le diceva: “Io cerco di abbreviare il tempo effettivo del lavoro alla fine del turno, pulendo alla svelta e senza tornare in sede, in maniera che pensino che io sia ancora al lavoro, altrimenti mi darebbero ulteriori compiti in altre strade”.
Quando la mia amica aveva provato a dirle: “Ma non pensi che sia bello lavorare, pur nella fatica estrema del tuo lavoro, per il gusto di sapere che le persone di quel quartiere troveranno poi pulito e la loro vita sarà più vivibile", la risposta era stata: "No, a me interessa solo lo stipendio”.
Raccontava di questi due dialoghi non con rabbia, non con astio, ma per farmi capire la situazione: l’idea che il lavoro sia degno e serva a rendere migliore il mondo è anni luce lontano dalla mentalità di tanti. Il lavoro è solo un mezzo per ottenere denaro da spendere nel tempo libero.
La visione capitalistica della vita è penetrata fin nelle midolla.
Anche questo rende difficile comprendere la differenza che esiste fra il love e l’amore.
Anche il lavoro ha decostruito l’idea che la vita sia da spendere.
L’amore è diventato un hobby, un po’ di love, un passatempo, non il passare costruttivo del tempo che ci è dato da vivere. L’amore riguarda alcune azioni di volontariato, di solidarietà, ma non è dentro la vita.
Così il lavoro. Il lavoro è un disbrigo necessario per ottenere denaro, ma l’essenziale non è l’amore che si mette nel lavoro, l’essenziale è il tempo del divertimento. L’amore non riguarda il lavoro, riguarda solo eventuali momenti di volontariato nel tempo libero.
Note al testo
[1] Cfr. su questo Il grande equivoco dell’amore/love è il vero problema dei nostri giorni e delle giovani generazioni che sono paralizzate dinanzi ad esso, di Andrea Lonardo.