«Non dimenticatevi mai dei primi maestri, non dimenticatevi mai della scuola. Un albero, al quale si sono tolte le radici, non può dare dei fiori. Radici spirituali, la casa, la famiglia, la scuola. “Io non devo essere sradicato”». Papa Francesco al “Treno dei bambini”

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 16 /09 /2019 - 16:56 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito il dialogo del Santo Padre Francesco con i bambini in occasione dell’iniziativa "Il treno dei bambini" promossa dal Pontificio Consiglio della cultura, il 9/6/2018. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Le domande grandi dei bambini e Educazione.

Il Centro culturale Gli scritti (16/9/2019)

Atrio dell'Aula Paolo VI, Sabato, 9 giugno 2018

[…]

DOMANDE AL PAPA

ANNA GRETA

Mi chiamo Anna Greta e sono della scuola di via Giacosa. Volevo farti una domanda: ti ricordi come erano le tue maestre?

PAPA FRANCESCO

Io sono andato a scuola quando avevo 6 anni, la scuola era a 400 metri da casa, andavo a piedi, e sono andato lì nell’anno ’42… Dov’eri tu nell’anno ’42?... Eh, non c’eri! La maestra si chiamava Estela, una maestra che ho avuto nel primo anno e nel terzo, la stessa maestra. Nel secondo e nel quarto ne ho avuta un’altra. Era brava, ci insegnava a scrivere e a leggere, bravissima. Poi, sempre, quando sono uscito dalla scuola, l’ho ricordata sempre, perché ricordare la prima maestra o il primo maestro è molto importante perché è quella che ti fa andare nella vita per prima. E io la chiamavo al telefono, già da ragazzo, già da prete. E poi da vescovo l’ho aiutata nella sua malattia. È morta a 94 anni. E io l’ho seguita sempre. Quel ricordo non lo dimentico mai. Grazie della domanda!

CLARA

Buongiorno, io mi chiamo Clara e vorrei chiederLe: quando era bambino, com’era il suo quartiere e in che città viveva?

PAPA FRANCESCO

Grazie. Posso permettermi una cosa? Io abitavo nella città più bella del mondo! A Buenos Aires, nel quartiere di Flores, che è uno dei quartieri più vecchi della città, dei primi quartieri. E abitavo con la mia famiglia, noi siamo cinque fratelli a casa… e il quartiere è un quartiere popolare, non c’erano palazzi alti, no, erano tutte case basse. In quel tempo, di palazzi alti ce n’erano pochi, pochi. Sono arrivati dopo i palazzi alti… Era un quartiere semplice, e a trenta metri da casa nostra c’è una piazza bellissima dove noi giocavamo a calcio. Io facevo il portiere. Sai perché io facevo il portiere? Perché io per giocare ero un “pata dura”, “gamba dura”. Cosa significa? Che non ero un grande giocatore e per questo, siccome non sapevo muovermi bene, mi mettevano lì da portiere e riuscivo a farlo bene! Grazie.

MALAK

Io mi chiamo Malak, e volevo chiederti come hai fatto a capire che dovevi vivere la vita che hai vissuto e come hai vissuto questa vita.

PAPA FRANCESCO

Io l’ho capito a pezzi, perché prima ho studiato da chimico e ho anche lavorato 4 anni da chimico. E mentre studiavo, alla fine della carriera, lavoravo in un laboratorio, e questo mi piaceva. Ma a un certo punto ho capito che non mi riempiva tanto, e ho pensato: dobbiamo fare qualcosa per gli altri, il medico… queste cose. E alla fine un giorno, il primo giorno di primavera in Argentina, il 21 settembre – che è l’opposto del vostro 21 settembre, che è il primo giorno di autunno – ho sentito nel cuore che dovevo farmi prete: bum, un colpo. E poi ho continuato a lavorare alcuni anni, ma sempre si è mantenuta questa certezza, e poi sono entrato in seminario. Ma è stato di colpo che l’ho sentito. Grazie.

GIULIA VITALE

Io sono Giulia Vitale e vengo dall’Istituto Comprensivo “Ilaria Alpi”. Vorrei chiederLe com’era la Sua scuola.

PAPA FRANCESCO

La mia scuola era nella strada che si chiamava “Varela”, era una strada di case basse; la scuola era tutta con la facciata di mattoni rossi… E a sinistra c’era una piazza verde bellissima, ma lì non si poteva giocare a calcio perché era tutto verde con le piante… bellissima. La casa era a 400 metri, andavo sempre a piedi. Un’esperienza bella, io ricordo un 25 maggio… A maggio incomincia già l’autunno forte in Argentina, c’è già l’autunno forte. Ma quell’anno faceva molto freddo in autunno e io andavo a scuola per una cerimonia patriottica, perché il 25 maggio è la festa della nostra patria. E quando sono uscito ho visto per la prima volta il ghiaccio. In quel tempo c’era il ghiaccio, oggi con il riscaldamento il ghiaccio quasi non si vede in città, ma al mio tempo… A casa c’era un riscaldamento semplice, una sola stufa per tutta la casa, era una cosa molto semplice, e c’era il ghiaccio sulla strada per andare a scuola. Poi la scuola: si entrava e c’era un grande, un ampio posto dove noi ci riunivamo tutti e facevamo anche un po’ di festa fra una lezione e un’altra, e le aule dove si facevano le lezioni erano tutte attorno. E lì si faceva un’ora di scuola e 10 minuti di ricreazione in questo giardino. Così è la scuola. Bella. E io sono andato lì alcuni anni fa perché c’era una festa di ricordo del primo direttore di quella scuola, che io non ho conosciuto, era prima di me. E quando sono entrato la scuola era così come ai miei tempi, uguale, e questo mi ha toccato il cuore, mi è piaciuto tanto. Grazie.

EIMAN

Mi chiamo Eiman. Quali erano i tuoi giochi preferiti quando eri bambino?

PAPA FRANCESCO

Noi giocavamo tanto con l’aquilone. Lo facevamo noi con canne e carta, carta leggera. Lo facevamo noi. Poi il filo… È il gioco che più ci piaceva. Poi il calcio ci piaceva tanto. Facevamo anche un campionato di calcio, tutti i ragazzi del quartiere; e anche un campionato di aquilone, quello che portava il più bello e quello che andava più in alto. E giocavamo così. Poi, nel carnevale, facevamo il corteo del carnevale. Tutti travestiti, ma in tante cose, ognuno si travestiva come voleva e andavamo per strada cantando e anche suonando nelle case cantando, e poi chiedendo qualcosa per comprare cioccolate, cose nostre… Il carnevale era bello in quel tempo, da noi. E poi alla sera andavamo nella strada più grande del quartiere, che era a 600 metri da casa, e lì si faceva la sfilata grande del carnevale, tutto il quartiere, e c’erano i grandi e i piccoli; invece noi piccoli la facevamo dentro il quartiere… Questi sono i giochi che noi facevamo.

JACOPO

Mi chiamo Jacopo, ti devo chiedere: come ti sei sentito quando ti hanno scelto come Papa?

PAPA FRANCESCO

Questa domanda non è originale, me la fanno tutti! C’è qui il Cardinale [Ravasi] che era presente in quel momento… Ho sentito che il Signore voleva che io lavorassi qui... e ho detto: “Avanti”… Ho sentito pace, questa è la parola, e non è bugia, ho sentito pace fino al giorno d’oggi.

[…]

PAROLE A BRACCIO DEL PAPA

Vi ringrazio tanto per le domande e per i regali che sono stati fatti da voi. Queste cose sono meravigliose, perché non siete andati a comprare qualcosa da portare, ma l’avete fatto voi! Capito? E questo è importante, perché lo avete fatto con l’intelligenza, con le mani, ma anche col cuore. E quando una cosa si fa con le tre cose, con l’intelligenza, con il cuore e con le mani, è una cosa profonda e umana. Come dobbiamo fare le cose? Con che cosa? Diciamolo insieme: [i bambini ripetono] l’intelligenza, il cuore e le mani.

Io dirò soltanto una piccola cosa, una piccola cosa, vi farò un’ultima domanda e me ne vado e vi lascio tranquilli. D’accordo? [“No!”] Ah no? Non volete essere tranquilli? È una cosa che prendo da una delle domande che mi avete fatto: se io ricordavo la prima maestra e la scuola. Non dimenticatevi mai dei primi maestri, non dimenticatevi mai della scuola. Perché? Sentite bene. Perché sono le radici della vostra cultura. Ma cosa significa le radici? Vi farò un esempio. A questa domanda rispondete. Un albero, al quale si sono tolte le radici, può dare dei fiori? [“No!”] Sicuri? [“Sì!”] Un albero senza radici non può dare fiori, e anche noi come persone abbiamo radici? Sì, radici spirituali, la casa, la famiglia, la scuola. Per questo vi dico: non dimenticatevi della scuola perché sono le radici della vostra cultura. E se un bambino, una bambina, un ragazzo, una ragazza si dimentica della scuola, potrà dare frutti nella vita? [“No!”] No! Un ragazzo, una ragazza senza radici potrà dare frutto nella vita? [“No!”] e potrà dare dei fiori? No! Le radici. Io vi insegnerò una parola che significa quello che voi mai dovete essere. Ascoltate bene e imparate: “Io non devo essere sradicato”. L’avete imparato? “Sradicato”. Cosa significa sradicato? Senza radici. Io non devo essere sradicato, cioè senza radici. E per questo ricordare la scuola, le maestre, sempre nella vita ci aiuterà a mantenere le radici, per portare fiori e frutti. Questa è la cosa che volevo dirvi.

Vi dico grazie, grazie tante per questa bella riunione. È tutto lavoro vostro. E adesso vi dirò: è da quattro anni che vengo con voi, tutti gli anni vengono i bambini, i ragazzi col treno, e diciamo grazie alla Ferrovia che ci dà il treno, grazie, grazie tante! Sempre mi fanno domande, i ragazzi, le ragazze, i bambini, le bambine mi fanno domande. Voi sapete qual è stata la domanda più interessante che ho sentito?

BAMBINO

Se ti ricordi le tue maestre…

PAPA FRANCESCO

Questa è molto interessante. Ma ce n’era una più interessante… Volete che la dica? Tutti facevano domande buone, ma ormai verso la fine, uno che era qui davanti mi ha detto: “A che ora ti danno il pranzo?”. [ride, ridono]

Vi auguro un buon pranzo. Il Signore vi benedica! Vi abbraccio tutti. Ciao!