Appunti da Mosca 2/ La piazza delle Cattedrali del Cremlino. 3/ Dinanzi alla grande campana, la Zarina delle campane, crepatasi in maniera da essere inservibile (1733-1735). 6/ Monastero di Andronikov nel quale visse a Mosca Andrei Rublëv. 7/ Al luogo del martirio di Aleksandr Men’. 8/ L’incontro: la centralità della liturgia eucaristica
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Appunti da Mosca 2/ La piazza delle Cattedrali del Cremlino
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Chiese ortodosse e Novecento: il comunismo.
Il Centro culturale Gli scritti (2/6/2019)
Tre sono le cattedrali più importanti del Cremlino (si noti bene che qui il termine cattedrale ha un senso diverso dall’usuale, dove la cattedrale è l’unica chiesa del vescovo per le liturgie con il popolo, dove è la sua cattedra).
-la Cattedrale dell’Annunciazione nella quale venivano battezzate i nuovi nati della famiglia dello zar. Era anche la chiesa della preghiera quotidiana dello zar e della sua famiglia.
-la Cattedrale della Dormizione di Maria (ciò che noi occidentali chiamiamo Assunzione, termine che non esiste per i cristiani orientali, anche se il significato è lo stesso), nella quale venivano consacrati gli zar e nella quale venivano sepolti i patriarchi (sono sepolti all’interno sul fianco del lato sinistro della chiesa)
- la Cattedrale dell’arcangelo Michele nella quale venivano (e sono tuttora) sepolti gli zar.
A/ La Cattedrale dell’Annunciazione
Foto Luca Angelelli
Foto Luca Angelelli
La Cattedrale dell’Annunciazione venne sconsacrata dai comunisti nel 1918: si tornò a celebrarvi solo nel 1993. Importantissima è la sua iconostasi, in particolare la fascia più grande della Deesis (intercessione), che è attribuita a Teofane il Greco con la collaborazione di Andrej Rublëv, o, comunque, da loro discepoli. Le icone di questa fascia sono datate alla fine del quattrocento o ai primi del cinquecento.
B/ La Cattedrale della Dormizione di Maria
Foto Luca Angelelli
La Cattedrale della Dormizione di Maria venne sconsacrata dai comunisti nel 1918 e riprese le celebrazioni solo nel 1990. Venne danneggiata volutamente dagli invasori napoleonici, nel 1812.
Ivan IV fu il primo zar di Russia ad essere qui consacrato. Vi venne consacrato anche Michele I, il primo zar della dinastia Romanov, nel 1613. Vi venne consacrato anche l’ultimo zar, Nicola II, nel 1896: è lo zar che sarà ucciso poi dea comunisti, insieme a tutta la sua famiglia, compresa la principessa Anastasia ed è considerato martire dalla chiesa ortodossa russa, perché ucciso in odio alla fede.
L’attuale costruzione è del 1475-1479 e venne progettata e realizzata dall’italiano Aristotele Fioravanti, in un clima di amore al Rinascimento italiano.
A fianco delle Porte regali stava l’icona miracolosa della Madonna di Vladimir, che venne asportata dai comunisti nel 1918. Ora è sostituita da una copia più piccola di quella icona, copia che venne realizzata nel 1514. È più piccola dell’originale che è alla Galleria Tretyakov: la copia è arricchita dalla rappresentazione delle feste (dei “misteri”) ai lati.
Madonna di Vladimir, alla Galleria Tretyakov.
Foto Luca Angelelli
La Madonna di Vladimir è detta anche Madonna della tenerezza (non è semplicemente la Madonna ad essere “tenera”, ma essa lo è, perché lo è il Cristo e il Cristo lo è perché è il Padre che ama ed ha tenerezza per l’umanità: è l’icona della Madre della tenerezza di Dio).
Dietro l’iconostasi si intravedono a sinistra tracce degli affreschi precedenti.
Sulla destra sono gli affreschi dei primi sette concili. Spesso le guide ne danno un’interpretazione meramente politica, affermando che “lo scopo della composizione è di mostrare la continuità tra Costantinopoli e Mosca”. Invece il loro significato è anzitutto cristiano. Intende affermare che la chiesa russa, il suo zar e il suo patriarca intendono farsi servitori della verità cattolica, cioè universale della fede cristiana, con tutti i suoi dogmi.
In alto, al centro, nelle due cupole che sovrastavano i fedeli e lo zar con la sua famiglia, stanno gli affreschi della Trasfigurazione e dell’Ascensione, come è d’abitudine nelle chiese ortodosse. Indicano che il cielo e la terra si incontrano, meglio: che il cielo scende sulla terra e la innalza a sé, ricordando allo zar che questo è il suo compito e per questo egli viene consacrato.
Lo zar era consacrato inizialmente dal metropolita (il primo ad esserlo fu Dimitrij, il nipote di Ivan II nel 1498, ma solo più tardi si iniziò a consacrare in questa chiesa), finché venne istituito il patriarcato di Mosca e da allora, nel 1589, fu il patriarca a consacrarlo.
La consacrazione è una tradizione che viene fatta risalire in maniera leggendaria al tempo di Vladimir II Monomaco, che regnò da Kiev, dal 1113 al 1125.
Ma il passaggio decisivo alla rivendicazione al titolo di zar (Czar, cioè Cesare/Kaiser, cioè discendente dell’imperatore romano, discendente da Augusto) avvenne alla caduta di Costantinopoli. Già Costantinopoli si era proclamata secoli “seconda Roma”, quando Costantino l’aveva costruita e vi aveva fissato la residenza.
Ora, a motivo della conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi assalitori nel 1453, Mosca iniziò a rivendicare sempre più il titolo di terza Roma a sostituire Costantinopoli, ormai spogliata del suo ruolo imperiale e cristiano.
Il passaggio decisivo avvenne a motivo di Roma! Infatti gli ultimi eredi di Costantinopoli si erano rifugiati a Roma, per sfuggire al massacro operato dai turchi. Zoè Paleologa (1572-1503) era fra costoro e presto divenne l’ultima nipote dell’ultimo imperatore Costantino XI Paleologo.
Adottata dal papa, si sposò nel 1472 per procura in San Pietro con Ivan III che portava ancora il titolo di principe di Russia. Fu il papa Paolo II a proporre il matrimonio, probabilmente sperando che si potesse creare un’alleanza per venire in soccorso di Costantinopoli, poiché allora si riteneva ancora di poterla liberare. Accompagnata fino a Mosca dal cardinal Bessarione, dopo una lenta accettazione delle usanze russe, si rivelò figura intelligente. Fu lei, fra l’altro, a iniziare il rinnovamento del Cremlino e a suggerire che vi lavorassero architetti italiani.
La sua venuta a Mosca legittimò il desiderio che lo zar aveva di ereditare il titolo di discendente dell’imperatore di Costantinopoli e fu così che il successivo principe, Ivan il Terribile, assunse il titolo di zar/imperatore nel 1547.
La chiesa custodisce anche una famosissima icona di San Giorgio (che è il protettore di Mosca) ed un’altra della Madonna Eleusa, la prima della fine dell’XI secolo e la seconda della fine del XII secolo, che sono esposte in una teca di vetro sulla sinistra della chiesa.
In questa Cattedrale si convertì, giovanissimo, Solov’ev.
C/ La Cattedrale dell’Arcangelo Michele
La Cattedrale dell’Arcangelo Michele venne ricostruita, sul luogo di una piccola costruzione voluta da Ivan I, negli anni 1505-1508, al tempo di Ivan III e di sua moglie Sofia Paleologa, da un architetto italiano, Aleviz Novij (Aloisio nuovo). Nel 1508 sono traslati qui i resti dei principi russi precedenti alla costruzione. Lo zar Ivan il Terribile (Ivan IV), il primo zar, la fece decorare con affreschi. Nel 1730 Pietro II fu l’ultimo zar ad esservi sepolto.
La Cattedrale conobbe una prima interruzione del culto a causa dell’arrivo dei francesi di Napoleone. Il culto venne poi nuovamente soppresso dai comunisti nel 1918 per riprendere solo nel 1991.
L’icona più importante dell’iconostasi è l’Annunciazione di Ustjug, copia cinquecentesca di una immagine molto venerata di Novgorod del XII secolo che è ora alla Galleria Tretyakov. Al suo fianco una immagine della Vergine che venne probabilmente portata dalla principessa Sofia di Lituania, sposa di Vassili I, e che è un’icona con tratti molto occidentali.
Appunti da Mosca 3/ Dinanzi alla grande campana, la Zarina delle campane, crepatasi in maniera da essere inservibile (1733-1735)
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Chiese ortodosse e Novecento: il comunismo.
Il Centro culturale Gli scritti (2/6/2019)
Dinanzi alla Zarina delle campane, crepatasi in maniera da essere inservibile (1733-1735), la cosa più bella che si possa fare a raccontare del film Andrej Rublëv, di Andrej Tarkovskij (1969), almeno in alcuni suoi episodi (il film si compone di 8 episodi).
Il film narra di come Andrej Rublëv decise di non dipingere più e, anzi, di come si chiuse in un mutismo assoluto (evento cinematografico e non reale), per avere ucciso un uomo, dopo aver visto violenze inaudite.
Ruppe il silenzio solo quando un ragazzo che aveva fuso una campana dopo la peste, gli rivelò di averlo fatto senza che nessuno gli avesse tramandato il segreto per la fusione, solo per il desiderio che una campana tornasse ad annunciare la festa. Il Rublëv di Tarkovskij torna così a parlare e a dipingere: la vita aveva nuovamente un senso, esisteva una speranza più forte della violenza vista e compiuta.
Questi gli episodi narrati dal film che sono più direttamente relativi a Mosca.
Nel secondo episodio del film Andrej Rublëv è, nel 1405, al monastero di Andronikov a Mosca. Teofane il Greco manda a chiamare Rublëv e non Kirill (un altro monaco suo compagno) e quest’ultimo si adira. Rublëv vi andrà invece, insieme al giovane Daniil, per affrescare la Cattedrale dell’Annunciazione al Cremlino.
Nel quinto episodio, ambientato nel 1408, Rublëv e Daniil lavorano al Giudizio universale di Vladimir, ma il pittore non vuole dipingere per paura di spaventare la gente. Nell’episodio sopraggiunge, Durochka, una vagabonda, una “folle in Cristo”.
Nel sesto episodio, sempre nel 1408, i Tartari attaccano Vladimir e compiono ogni genere di violenze e saccheggi. Uno di loro sta per violentare Durochka, quando Rublëv lo uccide per salvare la donna. Mentre gli appare Teofane il Greco già morto, Rublëv dichiara di non voler più dipingere e voler restare muto per la violenza che ha visto.
Nell’ottavo episodio, nel 1423, Rublëv assiste al coraggio di un ragazzo, Boriska, figlio di un fonditore di campane, che dichiara di conoscere il segreto per fondere le campane, mentre tutti i fonditori sono morti per la peste. La campana riesce perfettamente e suona. Il ragazzo, rimasto solo, scoppia in pianto: Andrej rompe il voto di silenzio e gli chiede perché piange. Boriska gli rivela che suo padre non gli aveva rivelato il segreto per la costruzione delle campane. Ma egli aveva deciso di provare lo stesso da solo, con capacità e coraggio. Andrej allora gli dice: “Tu fonderai campane, io dipingerò icone”.
Appunti dalla Russia 6/ Monastero di Andronikov nel quale visse a Mosca Andrei Rublëv
Il monastero di Andronikov è quello nel quale visse a Mosca Andrei Rublëv e dove affrescò interamente la chiesa del Salvatore: della sua opera qui è rimasto pochissimo, solo le decorazioni ai lati delle finestre dell'abside (ciò che conta dell'uomo non è il frutto storico).
Il monastero venne devastato dal regime comunista e trasformato in museo. Rublëv e stato dichiarato santo dopo il comunismo. Nelle foto il monastero, le icone e le statue (nel mondo ortodosso!?) del museo e le foto del pannello che riproduce i resti delle pitture di Rublëv nella chiesa centrale del monastero, dedicata al Salvatore.
Appunti dalla Russia 7/ Al luogo del martirio di Aleksandr Men’.
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Chiese ortodosse e Novecento: il comunismo.
Il Centro culturale Gli scritti (2/6/2019)
Il sacerdote ortodosso Aleksandr Men’così scrisse: «Non ho paura di tornare a ripetere che ogni cultura al mondo possiede i propri templi, i canti, le campane, i rosari, i trattati, i conventi e molto altro, ma la differenza principale del cristianesimo rispetto alle altre religioni del mondo consiste nella persona di Gesù Cristo. Questa Persona, questa Rivelazione, non esiste altrove. E per quanto sia stata grande la persona di Gautama il Budda che fondò il buddismo, i suoi orientamenti, i suoi insegnamenti, i suoi principii sono molto più essenziali per il buddismo della persona stessa del Budda. In fin dei conti, se Maometto non fosse comparso sulla terra, e se altri, ignoto, avesse proposto i dogmi importantissimi dell’unicità di Dio, dell'obbedienza a Dio, delle preghiere più volte al giorno, ecc. l'islam sarebbe comunque diventato tale qual è oggi. Invece il cristianesimo, senza Cristo perde la sostanza, l'ultima e la più importante. In una novella di Vladimir Solov'ëv, scritta poco prima di morire, e intitolata Breve novella sull’Anticristo, è presentata una scena ove il presidente dell'intero pianeta, il sovrano della Terra, raduna i rappresentanti delle principali Chiese cristiane. Ai cattolici promette la costruzione di templi particolarmente sfarzosi, agli ortodossi di creare musei straordinariamente preziosi dedicati all'arte ecclesiastica antica, ai protestanti di fondare nuovi istituti per lo studio della Sacra Scrittura e della teologia. Sembra che tutti siano contenti. Ma i tre capi della chiesa, il papa Pietro, lo starec Joann e il professor Pauli, gli rivolgono una domanda diretta: qual è il suo atteggiamento nei confronti di Gesù Cristo? «Tu ci proponi tutto, tranne Lui». Questo è cristianesimo senza Cristo. Estetica, scienza, tradizione, liturgia... ma manca la cosa principale! Manca il Figlio dell'Uomo, crocefisso e risorto! E grazie a questo indizio lo starec Joann, il papa Pietro e il dottor Pauli smascherano l'anticristo nel presidente del mondo. È questo un brano d'importanza primaria nel chiarire la visione di Vladimir Solov'ëv sul mistero del cristianesimo».
Alexandr Men’ venne assassinato un anno dopo la caduta del Muro di Berlino, il 9 settembre 1990. Il brano sopra citato è tratto dal libro più bello (e semplice) di padre Men’, “Io credo. Il Simbolo della fede”, Roma, Nova millennium Romae, 2007, tradotto da don Roberto De Odorico. Men’ venne ucciso appena uscito dalla sua casa, a Semkhoz, mentre si inoltrava nel sentiero nel bosco che lo conduceva ogni giorno alla sua parrocchia di Novaya Derevnya. Ora due chiese sono sorte a ricordare il suo martirio. Ci hanno accolto lì il parroco, con la figlia che traduceva per noi.
Per approfondimenti su Men’, cfr. Aleksandr Men', a vent’anni dalla morte, di Romano Scalfi (con un'antologia di testi di padre Men').
Appunti dalla Russia 8/ L’incontro: la centralità della liturgia eucaristica
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Chiese ortodosse e Novecento: il comunismo.
Il Centro culturale Gli scritti (2/6/2019)
Foto Luca Angelelli
Ne siamo certi, assolutamente certi. Nella liturgia celebrata dal patriarca Kirill, Cristo era presente nell’Eucarestia da lui celebrata. Il sacerdote da lui ordinato in quella liturgia è ora vero sacerdote e nella liturgia consacra il corpo e il sangue di Cristo. Nei monasteri russi che ci hanno accolto Cristo è presente e lo è totalmente, nelle celebrazioni quotidiane.
Per questo la chiesa cattolica non può che avere una grandissima stima e considerazione della Chiesa ortodossa russa, per questo ama espressioni come la “santa Russia”.
Per la presenza assolutamente certa di Cristo la Chiesa russa ha sempre generato fin dalle sue origini e sempre genera nuovi santi. Non semplicemente “brave “persone, ma persone in cui risplende la santità stessa di Cristo, uomini e donne, monaci e monache, ma anche, martiri e laici nei quali chiunque può vedere all’opera la fecondità di Cristo. La Chiesa russa è madre e genera, si pensi solo ai martiri del periodo comunista, con migliaia e migliaia di persone che hanno confessato il nome di Gesù fino a morire e senza mai odiare chi li uccideva, anzi pregando per loro e conquistandoli a Cristo.
Ma tale certezza della presenza di Cristo è evidente, esattamente come nella Chiesa cattolica, anche dove ci sono peccati. La certezza della presenza di Cristo è espressa in occidente con l’espressione ex opere operato: ciò vuol dire che è Cristo che opera, anche se il ministro non fosse nella pienezza della grazia e cioè che dove un prete russo predona i peccati, dove celebra l’eucarestia, dove un vescovo ordina i suoi preti, dove sono celebrati i battesimi ed i matrimoni, la grazia di Cristo e il dono dello Spirito Santo vengono offerti anche se il ministro fosse peccatore.
Questo è assolutamente certo per noi e non vi è vero cattolico che possa dubitare.
I sacramenti vengono amministrati con un dono ricevuto direttamente da Cristo e trasmesso poi di generazione in generazione vengono offerti nella piena consapevolezza che si sta donando ciò che Cristo stesso intese donare in essi, con la sua potenza di liberazione e santificazione.
Nelle parole che ci ha rivolto, il patriarca Kirill ha espresso un ringraziamento particolare per la disponibilità offerta dalla Chiesa cattolica, dopo il suo incontro a Cuba con il papa, a che il corpo di San Nicola venisse venerato in Russia. A Mosca e a San Pietroburgo – ha raccontato – ben 2 milioni di fedeli lo hanno venerato, facendo file di più di 24 ore.
La fede di questo popolo è veramente fede in Cristo e nei santi che da lui hanno ricevuto la vita nuova.
Diversi parroci e monaci hanno raccontato della riscoperta della centralità dell’eucarestia che ha vissuto la comunità ortodossa russa dopo le persecuzioni.
Dovunque appare evidente che la liturgia genera la fede, che la celebrazione conquista i cuori.
Diversi preti cattolici, al termine della celebrazione, hanno esclamato: “Sembrava di stare in Paradiso”.
Nella liturgia russa i fedeli stanno in piedi dall’inizio alla fine, in perfetto raccoglimento, senza mai uscire dalla chiesa. E tutti cantano. I cori misti cantano in maniera meravigliosa.
Cosa dice questo amore alla liturgia che trasmette la fede alle nostre parrocchie? Una riflessione che è tutta da compiere ancora.
Ha colpito molti il fatto che erano i padri a portare i bambini di 2 o 3 anni a ricevere la comunione, quando il patriarca versava una goccia del sangue di Cristo e una briciola di pane eucaristico nella bocca dei figli piccoli (cfr. su questo Il vero nesso che è nuovamente da istituire non è quello fra Cresima ed Eucarestia, bensì quello fra Battesimo ed Eucarestia!, di Andrea Lonardo).
Il valore educativo della liturgia che genera la fede è evidente anche dalla onnipresenza di canti che rendono l’intera liturgia una continua meraviglia. A differenza delle liturgie latine i canti appartengono intimamente alla liturgia al punto che non vengono scelti di volta in volta, bensì sono spesso propri e stabiliti dalla tradizione. Ecco l’esecuzione di uno degli inni di apertura delle liturgie del tempo di Pasqua: Воскресение Христово видевше:
Il patriarca Kirill ha anche ricordato gli attentati contro i cristiani in Sri Lanka mostrando come la chiesa ortodossa russa si stringa immediatamente agli altri cristiani non ortodossi perseguitati, sentendoli fratelli. L’annuncio di seminari estivi per studenti russi che intendano studiare teologia a Roma e per studenti e seminaristi romani che vogliano studiare in Russia è stato per tutti una notizia di grande importanza.