La libertà di coscienza e di comportamento, la possibilità di essere critici, anche se sempre in maniera rispettosa, sono le grandi questioni che la visita di Papa Francesco nella penisola arabica ha avuto il coraggio di aprire, pur con delicatezza. Breve nota di Giovanni Amico
- Tag usati: abu_dhabi, diritti_umani, giovanni_amico, liberta_religiosa, papa_francesco
- Segnala questo articolo:
Riprendiamo sul nostro sito una breve nota di Giovanni Amico pubblicata il 10/2/2019. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Islam e Dialogo interreligioso.
Il Centro culturale Gli scritti (10/2/2019)
«Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente». Questa affermazione del Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune” firmato da Sua Santità Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib ad Abu Dhabi è affermazione importantissima ed assicura un pieno accordo nella lotta contro il terrorismo[1].
Il Documento, oltre a tale esplicito rifiuto della violenza, contiene affermazioni ancora più importanti riguardo alle cause scatenanti dell’intolleranza.
Tocca, infatti, il tema della libertà religiosa. E, contemporaneamente , della libertà della donna.
Il Documento ha avuto così il coraggio di toccare domande più difficili rispetto al rifiuto del terrorismo, che dovrebbe essere dato quasi per scontato, domande più difficili perché toccano l’ordinario della vita e non solo la questione dei terroristi.
Le domande principali sono le seguenti. È possibile una analisi critica delle fonti religiose da parte di atei o laici senza che ciò sia connotato come blasfemia? È possibile che un musulmano frequenti liberamente una catechesi cristiana perché intende avvicinarsi al cristianesimo ed è possibile una proposta di Cristo in terra islamica che non sia considerata proselitismo, bensì semplicemente contributo alla libertà delle persone?
È possibile, ancora, che una donna musulmana sposi un uomo cristiano? Ed è possibile che un uomo musulmano, se convinto in coscienza e non plagiato, possa chiedere e ricevere il Battesimo?
Papa Francesco aveva piena coscienza di tali questioni quando ha detto nella sua omelia ad Abu Dhabi: «Senza libertà non si è più figli della famiglia umana, ma schiavi».
Il Documento, da parte sua, ha enunciato il problema senza forzare la mano, quando ha detto: «La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano».
La questione della violenza viene così relativizzata e ricondotta al suo giusto posto. Falso è chi accusa l’Islam del terrorismo. Ciò su cui, invece, è legittimo interrogare i musulmani è se la loro fede permette una libertà di criticare la religione, che sia rispettosa, ma anche esplicita. Ciò su cui è legittimo interrogare i musulmani è se la loro fede permette ad una persona che in coscienza voglia diventare ateo o cristiano di farlo. Ciò su cui è legittimo interrogare i musulmani è se la loro fede permette ad una donna di sposare chi lei preferisce e liberamente sceglie, anche se fosse non credente o di un’altra religione, in nome del rispetto della propria coscienza.
Se mancasse una risposta positiva - ma anche se mancasse una risposta tout court a tali questioni - una violenza certamente non terroristica, ma comunque impedente una piena libertà, resterebbe viva e operante. Questa è la violenza che i musulmani si debbono scrollare di dosso, dichiarandola contraria a Dio (e la Dichiarazione va in questa direzione, pur senza esplicitare il problema).
Il documento ha il coraggio di indicare non solo la violenza, ma le cause sottostanti l’imposizione e, precisamente, le mancanze di libertà e di possibilità di legittima critica e indipendenza di pensiero.
Il centro culturale Gli scritti ha più volte indicato tale direzione di pensiero: è sbagliato accusare l’Islam di violenza e terrorismo. La vera questione è l’atteggiamento religioso dinanzi alla libertà di pensiero, di comportamento, di scelte affettive e anche religiose, con l’accettazione di una coscienza che non intenda più credere o di una libertà che desideri cambiare religione.
La Dichiarazione ha il coraggio di indicare il punto dove massimamente si pone la questione e precisamente il tema della libertà della donna: «È un’indispensabile necessità riconoscere il diritto della donna all’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici. Inoltre, si deve lavorare per liberarla dalle pressioni storiche e sociali contrarie ai principi della propria fede e della propria dignità».
Se non si amasse di cuore la libertà, con tutti i rischi che essa comporta, la violenza sarebbe ancora alla soglia del proprio cuore e del cuore delle diverse società. Non la violenza, bensì la persona e la sua libertà di coscienza e di comportamento pubblico sono la vera questione. La visita di Papa Francesco ha avuto, fra gli altri, il merito di porre sul tappeto tali questioni, con garbo, ma con fermezza.
E tutti sappiamo come, per avere una risposta, servirà molto tempo e pazienza.
Note al testo
[1] Il Documento, firmato il 4/2/2019, afferma parimenti con coraggio: «Dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni […] noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco».