«Al Virgilio comandano in pochi, intimidiscono e i padri li difendono». Parla la preside Carla Alfano: «C’è un clima intimidatorio e mafioso creato da ragazzi della Roma bene. Non dicono parolacce, ma sono subdoli». E ancora: «C’è consumo di droga, ma i genitori assolvono i figli. “Che male c’è - dicono - qui c’è roba buona», di Rinaldo Frignani
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Riprendiamo dal Corriere della Sera del 17/11/2017 un’intervista di Rinaldo Frignani. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Educazione e scuola.
Il Centro culturale Gli scritti (19/11/2017)
In un mese è successo di tutto: il crollo di un soffitto del Cinquecento, un’occupazione con rave party, un video hard fra studenti postato sui social, bombe carta lanciate durante la ricreazione. Adesso anche la cocaina consumata a scuola. Non c’è pace per il Virgilio, il liceo classico di via Giulia dove l’anno scorso i carabinieri sono entrati per arrestare uno studente spacciatore. Dal primo settembre c’è una nuova dirigente scolastica, Carla Alfano. Oggi rivela senza mezzi termini l’esistenza di un «clima mafioso e intimidatorio all’interno della scuola da parte di un gruppetto di studenti. Con i genitori che li spalleggiano».
Preside, cosa succede?
«Che il 2016 aveva illuso tutti. Dopo la batosta data dai carabinieri, la situazione si era tranquillizzata, ma è durata poco. Prof, segretarie e collaboratori mi dicono che qui è così da anni».
Il clima mafioso?
«Sì, le bombe dei giorni scorsi ne sono un esempio. Come scagliare il pallone con violenza contro altri studenti o fumare in faccia agli insegnanti. Significa: comandiamo noi, controlliamo il territorio».
A chi si riferisce?
«Al fantomatico Collettivo. Ragazzi con i quali il rapporto non è mai cominciato. E pensare che in assemblea, dopo il crollo del tetto, avevo cercato di stimolarli affinché il Virgilio diventasse una guida per gli altri licei nelle rivendicazioni sulla sicurezza».
E come è finita?
«Che non se n’è parlato più. C’è stata l’occupazione, un’iniziativa anormale, strumentalizzata. Una gazzarra: sesso, droga e alcol, altro che impegno politico. Questi qui non sanno nemmeno cosa sia. Sono una minoranza di soggetti che comanda su una maggioranza silenziosa, fin troppo silenziosa».
Sono accuse pesanti.
«La verità è che in ogni classe ci sono loro rappresentanti. È come un vivaio: all’occupazione c’erano ex alunni di 22-23 anni. Adesso però ce ne sono anche di 14 anni. Hanno un atteggiamento di sfida, intimidiscono compagni e adulti. Senza parolacce, perché comunque vengono da famiglie della Roma bene. Sono subdoli e hanno trasformato questa scuola in un porto franco. Ma questa è una scuola pubblica, mica una lobby di studenti e genitori!».
Abbiamo visto che circola droga.
«E tanta. Quando convochiamo padri e madri ci rispondono che gli spinelli servono per calmare i figli, che se consumano stupefacenti a scuola, in fondo non sono preoccupati, perché meglio in classe che per strada. Qualcuno è anche arrivato a rispondermi: “Vuol dire che qui c’è roba buona”».
Ma i prof non reagiscono?
«Alcuni hanno un altissimo profilo culturale, ma sono impauriti. Altri invece affrontano i provocatori, intervengono, rimproverano, mettono note sul registro. Ma è una lotta impari: ci sono genitori che gliele fanno togliere o che ricorrono al Tar contro le bocciature. E vincono. Ma c’è di più: ho il sospetto che ragazzi poco meritevoli ottengano voti alti in condotta. D’ora in poi controllerò di più...».
Si è rivolta alla Procura?
«Ho sempre denunciato quello che accade qui dentro. L’occupazione dell’edificio con effrazione, i danneggiamenti, adesso le bombe carta. Che i genitori minimizzano: vogliono farle passare per petardi. Sono come i loro figli, che manipolano qualsiasi episodio. Prima il crollo, adesso quel video. L’altro giorno qualcuno ha premuto in contemporanea cinque pulsanti d’allarme antincendio costringendoci a far evacuare la scuola. E non era uno scherzo».
Non le viene già voglia di mollare?
«Guardi, non ne posso più di mettere i migliori prof a pattugliare il cortile a ricreazione, né di perdere mesi di insegnamento fra proteste, denunce e dispetti. A volte vorrei andare a insegnare in periferia o nelle scuole dove ci sono i figli dei camorristi. Almeno lì saprei con chi ho a che fare».
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