«Così scrivo le mie omelie ispirandomi a Dostoevskij». La scelta del brano e gli appunti, il Papa al lavoro a Santa Marta: «Leggo ad alta voce e sottolineo. Se mi mancano le idee, ci dormo su», di Antonio Spadaro
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Riprendiamo dal Corriere della sera del 9/11/2016 un brano tratto dal libro Jorge Mario Bergoglio – Papa Francesco, Nei tuoi occhi è la mia parola. Omelie e discorsi di Buenos Aires 1999-2013 con una conversazione con Antonio Spadaro, Rizzoli, 2016. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Catechesi, scuola e famiglia.
Il Centro culturale Gli scritti (13/11/2016)
«Qual è la differenza tra un’omelia e una conferenza?» gli chiedo. «L’omelia è l’annuncio della Parola di Dio, la conferenza è la spiegazione della Parola di Dio. L’omelia è l’annuncio, è fare l’angelo. La conferenza è fare il dottore». Proseguo: «Che cosa è per lei l’omelia? Qual è l’atteggiamento giusto che deve avere il pastore?» gli chiedo. «È collegata all’essere pastore» mi risponde, «alla gente che è nella comunità e che sta ascoltando. Ed è anche legata alla preghiera del pastore e alla Parola di Dio. Se mancano queste cose l’omelia non è tale» risponde il Papa.
I circolini sulle parole
«E allora — proseguo —come prepara le omelie di Santa Marta? Da dove vengono quelle parole?». «Comincio il giorno prima. A mezzogiorno del giorno precedente. Leggo i testi del giorno dopo e, in genere, scelgo una tra le due letture. Poi leggo a voce alta il brano che ho scelto. Ho bisogno di sentire il suono, di ascoltare le parole. E poi sottolineo nel libretto che uso quelle che mi colpiscono di più. Faccio dei circolini sulle parole che mi colpiscono. Poi durante il resto della giornata le parole e i pensieri vanno e vengono mentre faccio quel che devo fare: medito, rifletto, gusto le cose... Ci sono giorni, però, in cui arrivo alla sera e non mi viene in mente nulla, in cui non ho idea di che cosa dirò il giorno dopo. Allora faccio quel che dice sant’Ignazio: ci dormo su. E allora subito, quando mi sveglio, viene l’ispirazione. Vengono cose giuste, a volte forti, a volte più deboli. Ma è così: mi sento pronto». Il Papa mi fa capire che il parlare senza fogli davanti non significa non prepararsi. Tutt’altro. Anzi, per una breve omelia è richiesta una preparazione spirituale e di discernimento che può richiedere quasi un’intera giornata.
Gli autori preferiti
«Leggere romanzi, poesie... può aiutare il predicatore? In che modo? Sembra quasi che lei abbia un linguaggio poetico e popolare... anzi poetico perché popolare...» chiedo. «Sì, aiuta tanto» risponde. «Dostoevskij mi ha aiutato tanto nella predicazione. Per esempio, quando nei Karamazov racconta di un bambino, di appena otto anni, figlio di una serva. Lui lancia una pietra e colpisce la zampetta di uno dei cani del padrone, per questa ragione il padrone aizza tutti i cani contro di lui. Il bambino scappa e prova a salvarsi dalla furia del branco ma finisce per essere sbranato sotto gli occhi soddisfatti del generale e quelli disperati della madre. E poi Memorie dal sottosuolo che è un gioiello. Ma anche la poesia mi ha aiutato molto come ispirazione. Nino Costa mi è tanto caro. Rassa nostrana, dedicata Ai piemontèis ch’a travajo fòra d’Italia e al padre scomparso in Argentina, dove era emigrato per il lavoro. E poi La Consolà. Lì il campanile diffonde il suono delle campane come una voce che prega per tutte le miserie umane. E poi ho citato alcune volte Dante. Certo, il suo amore a Maria: “Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura”. Ma tanto anche Paolo e Francesca: “Amor ch’a nullo amato amar perdona...”. Vedi? Il romanzo, la letteratura legge il cuore dell’uomo, aiuta ad accogliere il desiderio, lo splendore e la miseria. Non è teoria. Aiuta a predicare, a conoscere il cuore...». E ancora aggiunge: «Dei Promessi sposi ho citato fra Cristoforo (...)».
Davanti al popolo
Dice il Papa: «C’è una parola molto maltrattata: si parla tanto di populismo, di politica populista, di programma populista. Ma questo è un errore. Ma popolo non è una categoria logica, né è una categoria mistica, se la intendiamo nel senso che tutto quello che fa il popolo sia buono o nel senso che il popolo sia una categoria angelicata. Ma no! È una categoria mitica, semmai. Ripeto: “mitica”. Popolo è una categoria storica e mitica. Il popolo si fa in un processo, con l’impegno in vista di un obiettivo o un progetto comune. La storia è costruita da questo processo di generazioni che si succedono dentro un popolo. Ci vuole un mito per capire il popolo. Quando spieghi che cos’è un popolo usi categorie logiche perché lo devi spiegare: ci vogliono, certo. Ma non spieghi così il senso dell’appartenenza al popolo. La parola popolo ha qualcosa di più che non può essere spiegato in maniera logica. (...)».
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