La Rinascenza d'Europa. Tre verbi-via per il vecchio continente. Il discorso di Papa Francesco per il premio Carlo Magno, di Mauro Magatti
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Riprendiamo da Avvenire del 7/5/2016 un articolo di Mauro Magatti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (22/5/2016)
Con il suo magistrale discorso di ieri, svolto davanti ai vertici europei, è come se papa Francesco avesse preso per mano l’Europa intera, con affetto e insieme fermezza, invitandola ad avere il coraggio di guardare in faccia la realtà: senza dimenticare la propria storia e insieme aprendosi al domani. Proprio come in una famiglia, quando il padre ha la pazienza di chinarsi sui figli senza giudicarli, ma spronandoli ad affrontare la vita nel solco della tradizione a cui appartengono, ma con tutta la ricchezza e l’originalità delle loro persone.
Mai come in questo momento si può dire che Francesco è padre in questa Europa disorientata. Un padre capace di far percepire il valore di una eredità che non è morta, ma che può essere fuoco ardente capace di ri-animare la vita. Un rovesciamento clamoroso: il capo della Chiesa cattolica, troppo a lungo percepita come un baluardo della conservazione, diventa così, di fatto, il soggetto che più di ogni altro, nel Vecchio Continente (e non solo), è capace di parlare di futuro. Non additando promesse più o meno irraggiungibili, bensì avendo il coraggio, da un lato, di dire apertamente quello che non va nel nostro modello sociale, e, dall’altro, di indicare le vie di una vera e propria conversione. Politica, economica, sociale, culturale. In una parola, spirituale.
Europa famiglia di popoli. Espressione straordinaria che dovremmo tenere a mente e imparare a usare perché è proprio questa l’ambizione del progetto politico che dobbiamo sviluppare negli anni a venire. Non un Superstato o una tecnocrazia; ma uno strumento al servizio della convivenza delle diversità, una forma politica nuova capace di generare collaborazione e integrazione fra diversi.
Un’Europa, continua Francesco, che è quella che è perché ogni volta di fronte alle sfide che ha incontrato nella sua storia ha saputo rinascere. Viene in mente l’espressione del filosofo francese Remi Brague, secondo il quale è proprio la «rinascenza» il tratto caratteristico del Vecchio Continente: società stratificata, come una torta millefoglie, perché storicamente in grado di integrare i nuovi arrivi e le diverse culture, senza però mai perdere la propria anima. Che è poi quella (cristiana) del riconoscimento del valore immenso di ogni singola persona, immagine del Creatore, indipendentemente dal proprio stato sociale, dalla propria cultura, dalla propria origine. È in questa cornice che si capiscono appieno i tre verbi che Francesco regala all’Europa come viatico per camminare verso il suo futuro.
Integrare: perché l’Europa non è più se stessa se smette di fare quello che ha sempre fatto. C’è qui un’idea profonda di identità non come il patrimonio rigido e chiuso, ma come un talento che si spende e si moltiplica. È in questo senso che l’Europa deve chiedere a tutti i propri popoli così come a tutti i propri cittadini – vecchi e nuovi – di diventare "europei", cioè protagonisti a pieno titolo di questo cammino secolare. Dimostrando nei fatti che, a differenza di quanto avviene altrove, qui nessuno è dimenticato.
Dialogare, che nel suo significato etimologico (dia-logos) significa un attraversamento grazie alla parola. Un dialogo che non è semplicemente scambio intellettuale, ma percorso che si accetta di fare insieme. Non si tratta qui di essere buonisti, o peggio ancora pavidi di fronte a chi usa violenza o intimorisce i cittadini. Al contrario, si tratta di saper esercitare la fermezza che, attraverso la parola, sa accompagnare quella crescita senza la quale non ci potrà essere pace.
Generare: un verbo inusuale, ma oggi assolutamente fondamentale. Termine che ci permette di cogliere la sterilità di un individualismo che alla fine distrugge se stesso demograficamente ed economicamente. Non ci sarà nessuna nuova crescita se non supereremo il dominio della finanza e del consumo, rimettendo al centro del nostro modello sociale il lavoro nella sua accezione più ampia: libero, creativo, partecipativo, solidale.
Perché alla fine, come dice Amartya Sen, sviluppo e libertà costituiscono un binomio inseparabile: solo riconoscendo e valorizzando la capacità di ogni persona di contribuire alla costruzione del futuro con la sua intelligenza, la sua creatività, la sua affettività si potrà aprire una nuova stagione di crescita. In tutto questo suona dolcissimo l’invito di Francesco all’Europa a tornare a essere madre generativa. Capace cioè di prendersi cura dei propri figli e della terra su cui alberga, così come di essere ospitale nei confronti di chi fugge dalle bombe e dalla fame. In una grande speranza di futuro.