1/ Anche con le parole se necessario. Dalle prime fonti a Papa Francesco (da L’Osservatore Romano) 2/ «Predicate sempre il Vangelo e se fosse necessario, anche con le parole!». Breve nota di Pietro Messa
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1/ Anche con le parole se necessario. Dalle prime fonti a Papa Francesco (da L’Osservatore Romano)
Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 6/10/2013 una breve nota redazionale. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sezione San Francesco d'Assisi.
Il Centro culturale Gli scritti (12/7/2015)
«Predicate sempre il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole». L’espressione, già pronunciata in questi mesi da Papa Francesco, la prima volta nell’omelia del 14 aprile scorso durante la santa messa presso la basilica di San Paolo fuori le Mura, è stata da lui ribadita, ultimamente, nel discorso rivolto ai catechisti convenuti a Roma il 27 settembre. Ad Assisi è ritornata, nella sua brevità di monito e nella sua forza di appello per una vita cristiana autentica, quando il Papa si è rivolto ai giovani dell’Umbria stipati nel piazzale della basilica di Santa Maria degli Angeli: «Sapete che cosa ha detto Francesco una volta ai suoi fratelli? Predicate sempre il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole! Ma, come? Si può predicare il Vangelo senza le parole? Sì! Con la testimonianza! Prima la testimonianza, dopo le parole!».
Il riferimento è alla Regola non bollata (1221), precisamente al capitolo XVI (Fonti francescane, 43), dove si indica (ed è la prima volta che si trova in una regola religiosa) uno stile di missione caratterizzato insieme da grande mitezza e forza straordinaria. «I frati poi che vanno tra gli infedeli possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti né dispute, ma siano soggetti a ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che, quando vedranno che piace a Dio, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose, e nel Figlio redentore e salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani».
Ecco un programma di annuncio del Vangelo attuale agli inizi del Duecento e attualissimo ai giorni nostri: prima la testimonianza, la forma di vita del Vangelo condivisa con i fratelli nella gioia (questo sta a significare senza liti o dispute); restando sottomessi a ogni creatura, come invita a fare la prima lettera di Pietro (cfr. 2, 13), nella condizione della minorità, di chi si mette all’ultimo posto per riconoscere a tutti dignità senza confronti o sottrazioni. «I due “modi” - ci avvisa una nota a piè di pagina delle Fonti francescane - sono evangelicamente, storicamente e teologicamente commisurati al mondo dei credenti musulmani: di contro alla sperimentata, inutile violenza delle crociate, ecco lo stile della mitezza e della testimonianza cristiana; a completamento del comune monoteismo derivato dalla fede abramitica, ecco l’annuncio del mistero trinitario e della redenzione nel Verbo incarnato per mezzo dei sacramenti affidati alla Chiesa».
Non si tratta, come qualcuno ha semplificato, di puntare tutto sulla testimonianza. Si tratta piuttosto di modulare l’essere e il dire in modo sapiente, affinché l’uno sia posto in sintonia con l’altro o almeno non in contraddizione.
2/ «Predicate sempre il Vangelo e se fosse necessario, anche con le parole!». Breve nota di Pietro Messa
Rprendiamo da Pietro Messa, Francesco, un papa gesuita per le strade di Assisi, in Rivista Teologica di Lugano, 19/1 (2014), pp. 67-77, un breve brano dell’autore. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (12/7/2015)
Nel testo preparato per il discorso ai giovani [in Assisi] appare virgolettata e attribuita a Francesco la frase «Predicate sempre il Vangelo e se fosse necessario, anche con le parole!», assente nelle fonti francescane. Tuttavia era già stata citata nel testo letto dal Papa alcuni giorni prima ai partecipanti al Congresso internazionale sulla catechesi[1]e prima ancora il 14 aprile 2013 nell’omelia nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura in cui alla lettura del testo precedentemente preparato – come si può vedere dalla registrazione video – alzando lo sguardo dal foglio e parlando a braccio aggiunse: «Mi viene in mente adesso un consiglio che san Francesco d’Assisi dava ai suoi fratelli: predicate il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole. Predicare con la vita: la testimonianza»[2]. A ragione si può supporre che la frase detta in modo estemporaneo nell’aprile 2013 sia stata ripresa nella stesura dei discorsi preparati per gli appuntamenti successivi.
Naturalmente nasce la domanda da dove provenga tale espressione attribuita al Santo d’Assisi ma assente nella fonti antiche. Senza voler fare in merito un’analisi dettagliata, si segnala che una menzione vi è ad esempio nella Lettera del Ministro generale e del Consiglio Generale a tutti i Fratelli e Sorelle del Terzo Ordine Regolare di San Francesco d’Assisi per la solennità del Natale 2012 sulla nuova evangelizzazione in relazione all’esperienza francescana in cui si afferma: «Il modo in cui questo è stato espresso di recente è che Francesco sfidò i suoi seguaci a “Predicate il Vangelo e, se è proprio necessario, usate anche le parole”»[3].
Tale frase, già presente nel 2008 attribuita a san Francesco in alcuni siti internet[4], potrebbe aver origine dal racconto narrato da Tommaso da Celano nel Memoriale nel desiderio dell’anima[5]mentre secondo padre Ugo Sartorio «il riferimento è alla Regola non bollata (1221), […] dove si indica (ed è la prima volta che si trova in una regola religiosa) uno stile di missione caratterizzato insieme da grande mitezza e forza straordinaria»[6]. Ma diversi sono i brani che possono aver ispirato tale sentenza, come ad esempio il racconto della “predica in silenzio” che vede protagonisti san Francesco con frate Ginepro[7].
In realtà ciò evidenzia ancora una volta come al Santo d’Assisi continuino ad attribuirsi fatti e detti a seconda delle proprie finalità. E che questo accada in un discorso papale non meraviglia se si considera che nei giorni immediatamente dopo la sua elezione, veniva diffusa il 18 marzo 2013, attestandone la attendibilità nel fatto che era stata divulgata via twitter dal cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura[8], la seguente frase attribuendola a san Francesco: «Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile». Un testo non solo assente dalle fonti francescane, ma anche composto di un linguaggio e contenuto distante dal pensiero e spiritualità di frate Francesco d’Assisi.
Note al testo
[1] Francesco, Ai partecipanti al Congresso internazionale sulla catechesi (venerdì 27 settembre 2013), in L’Osservatore Romano (domenica 29 settembre 2013), p. 7 : «A me piace ricordare quello che san Francesco di Assisi diceva ai suoi frati: “Predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole”. Le parole vengono… ma prima la testimonianza: che la gente veda nella nostra vita il Vangelo, possa leggere il Vangelo».
[2] Francesco, Omelia nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura (domenica 14 aprile 2013), in Acta Apostolicae Sedis 105 (2013), p. 430: «Ricordiamolo bene tutti: non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita. Chi ci ascolta e ci vede deve poter leggere nelle nostre azioni ciò che ascolta dalla nostra bocca e rendere gloria a Dio! Mi viene in mente adesso un consiglio che san Francesco d’Assisi dava ai suoi fratelli: predicate il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole. Predicare con la vita: la testimonianza. L’incoerenza dei fedeli e dei Pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere mina la credibilità della Chiesa».
[3] Nuova evangelizzazione ed esperienza francescana. Lettera del Ministro generale e del Consiglio Generale a tutti i Fratelli e Sorelle del Terzo Ordine Regolare di San Francesco d’Assisi per la solennità del Natale 2012 (25 dicembre 2012) (Prot. N° 97/2012) in http://www.francescanitor.org/resources/Letters/italiano/PRT_2012_97_Natale_ital.pdf (accesso 12 marzo 2014).
[4] Cfr. http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20080513042315AAY7fHt (accesso 20 marzo 2014).
[5] Tommaso da Celano, Memoriale nel desiderio dell’anima, 103, in Fonti Francescane. Nuova edizione, a cura di E. Caroli, Editrici Francescane, Padova 2004, n. 690, pp. 430-431: «Mentre dimorava presso Siena, vi capitò un frate dell’Ordine dei predicatori, uomo spirituale e dottore in sacra teologia. Venne dunque a far visita al beato Francesco e si trattennero a lungo insieme, lui e il santo in dolcissima conversazione sulle parole del Signore. Poi il maestro lo interrogò su quel detto di Ezechiele: Se non avrai annunciato all’empio la sua empietà, domanderò conto a te della sua anima. Gli disse: “Io stesso, buon padre, conosco molti ai quali non sempre manifesto la loro empietà, pur sapendo che sono in peccato mortale. Forse che sarà chiesto conto a me delle loro anime?”. E poiché Francesco si diceva ignorante e perciò degno più di essere da lui istruito che di rispondere sopra una sentenza della Scrittura, il dottore aggiunse umilmente: “Fratello, anche se ho sentito alcuni dotti esporre questo passo, tuttavia volentieri gradirei a questo riguardo il tuo parere”. “Se la frase va presa in senso generico – rispose Francesco –, io la intendo così: Il servo di Dio deve avere in se stesso tale ardore di santità di vita, da rimproverare tutti gli empi con la luce dell’esempio e l’eloquenza della sua condotta. Così, ripeto, lo splendore della sua vita e il buon odore della sua fama renderanno manifesta a tutti la loro iniquità”. Il dottore rimase molto edificato per questa interpretazione e, mentre se ne partiva, disse ai compagni di Francesco: “Fratelli miei, la teologia di questo uomo, sorretta dalla purezza e dalla contemplazione, vola come aquila. La nostra scienza invece striscia terra terra”».
[6] U. Sartorio, Anche le parole se necessario. Dalle prime fonti a papa Francesco, in L’Osservatore Romano (6 ottobre 2013), p. 4. Il testo indicato è Francesco d’Assisi, Regola non bollata, XVI,5-7, in Fonti Francescane, n. 43, p. 75-76: «I frati poi che vanno tra gli infedeli possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti né dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che, quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose, e nel Figlio redentore e salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani, poiché, se uno non sarà rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio». Importante è prendere atto che tale testo dell’Assisiate è spesso colto quale giustificazione per una missione intesa come semplice presenza e testimonianza di vita; in tale lettura non è estranea la proiezione retroattiva della vicenda di Charles de Foucauld sullo scritto della Regola non bollata; cfr. G. Buffon, San Francesco d’Assisi. Fonti Francescane e rinnovamento conciliare (Studi francescani, 22), Ed. Messaggero, Padova 2011, soprattutto le pagine 40-41 e 142-143.
[7] Tale racconto [apocrifo che non si trova nelle fonti francescane] ha avuto una notevole diffusione mediante la raccolta – giunta nel 2012 alla decima ristampa – B. Ferrero, C’è Qualcuno lassù, Torino 1993, p. 4: La predica di san Francesco: «Un giorno, uscendo dal convento, san Francesco incontrò frate Ginepro. Era un frate semplice e buono e san Francesco gli voleva molto bene. Incontrandolo gli disse: “Frate Ginepro, vieni, andiamo a predicare”. “Padre mio” rispose, “sai che ho poca istruzione. Come potrei parlare alla gente?”. Ma poiché san Francesco insisteva, frate Ginepro acconsentì. Girarono per tutta la città, pregando in silenzio per tutti coloro che lavoravano nelle botteghe e negli orti. Sorrisero ai bambini, specialmente a quelli più poveri. Scambiarono qualche parola con i più anziani. Accarezzarono i malati. Aiutarono una donna a portare un pesante recipiente pieno d'acqua. Dopo aver attraversato più volte tutta la città, san Francesco disse: “Frate Ginepro, è ora di tornare al convento”. “E la nostra predica?”. “L'abbiamo fatta... L'abbiamo fatta” rispose sorridendo il santo».
[8] Cfr. https://twitter.com/CardRavasi/status/313612106517852162 (accesso 12 marzo 2014).