Sergio Mattarella: «La libertà religiosa appartiene alle più autentiche aspirazioni delle persone e costituisce un cardine della Costituzione italiana. Qualsiasi violazione di essa vulnera, nel profondo, i diritti umani e delle comunità. La violenza scatenata contro le comunità cristiane in alcune parti del mondo interpella, con forza, le coscienze di tutti coloro che amano la libertà e la tolleranza». Visita di Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana, a Papa Francesco
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Riprendiamo sul nostro sito i discorso tenuti in occasione della Visita di Stato di Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana, a papa Francesco il 18/4/2015. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (19/4/2015)
1/ Discorso del Santo Padre
Signor Presidente,
Le sono grato per la Sua visita, che Ella compie a soli due mesi da quando i Rappresentanti del Popolo italiano L’hanno eletta alla più alta magistratura dello Stato. Tale gesto manifesta le eccellenti relazioni tra la Santa Sede e l’Italia e si pone in continuità con le visite effettuate dal Suo immediato Predecessore e con una ormai lunga tradizione, che, in particolare dal periodo conciliare, vede infittirsi le occasioni d’incontro tra le supreme Autorità civili italiane e quelle della Chiesa universale.
I Patti Lateranensi, recepiti dalla Carta Costituzionale repubblicana, e l’Accordo di Revisione dei medesimi hanno offerto un solido quadro di riferimento, all’interno del quale si sono pacificamente sviluppati e rafforzati i rapporti tra l’Italia e la Santa Sede, garantendo la reciproca sovranità e indipendenza e al tempo stesso il mutuo orientamento alla fattiva collaborazione, sulla base di valori condivisi e in vista del bene comune.
È fondamentale infatti che, nella distinzione dei ruoli e delle competenze e nel pieno rispetto delle reciproche funzioni, sia sempre sentita la necessità di una rinnovata collaborazione, finalizzata ad unire le forze per il bene di tutti i cittadini, che hanno il diritto a tale concordia, da cui derivano innumerevoli benefici.
La Chiesa offre a tutti la bellezza del Vangelo e del suo messaggio di salvezza, e ha bisogno, per svolgere la sua missione spirituale, di condizioni di pace e tranquillità, che solo i pubblici poteri possono promuovere.
D’altro canto, questi ultimi, a cui primariamente spetta di predisporre le condizioni di uno sviluppo equo e sostenibile affinché la società civile dispieghi tutte le sue potenzialità, trovano nell’impegno e nella leale collaborazione della Chiesa un valido e utile sostegno per la loro azione. La reciproca autonomia infatti non fa venir meno ma esalta la comune responsabilità per l’essere umano concreto e per le esigenze spirituali e materiali della comunità, che tutti abbiamo il compito di servire con umiltà e dedizione.
Ne deriva che un sano pluralismo non si chiuderà allo specifico apporto offerto dalle varie componenti ideali e religiose che compongono la società, purché naturalmente esse accolgano i fondamentali principi che presiedono alla vita civile e non strumentalizzino o distorcano le loro credenze a fini di violenza e sopraffazione. In altre parole, lo sviluppo ordinato di una civile società pluralistica postula che non si pretenda di confinare l’autentico spirito religioso nella sola intimità della coscienza, ma che si riconosca anche il suo ruolo significativo nella costruzione della società, legittimando il valido apporto che esso può offrire.
La storia dell’Italia mostra chiaramente quanto sia grande il contributo del Cristianesimo alla sua cultura e al carattere della sua popolazione, quanto la fede cristiana abbia permeato l’arte, l’architettura e il costume del Paese. La fede si è trasformata in opere e queste in istituzioni, fino a dare volto ad una storia peculiare e a modellare pressoché tutti gli aspetti della vita, a partire dalla famiglia, primo e indispensabile baluardo di solidarietà e scuola di valori, che va aiutata a svolgere la sua insostituibile funzione sociale quale luogo fondamentale di crescita della persona.
Signor Presidente, tra i diversi beni necessari allo sviluppo di ogni collettività, il lavoro si distingue per il suo legame con la stessa dignità delle persone, con la possibilità di costruire un’esistenza dignitosa e libera. In special modo, la carenza di lavoro per i giovani diventa un grido di dolore che interpella i pubblici poteri, le organizzazioni intermedie, gli imprenditori privati e la comunità ecclesiale, perché si compia ogni sforzo per porvi rimedio, dando alla soluzione di questo problema la giusta priorità. Nella disponibilità del lavoro risiede infatti la stessa disponibilità di dignità e di futuro.
Per un’ordinata crescita della società è indispensabile che le giovani generazioni, tramite il lavoro, abbiano la possibilità di progettare con serenità il loro futuro, affrancandosi dalla precarietà e dal rischio di cedere a ingannevoli e pericolose tentazioni. Tutti coloro che detengono posizioni di speciale responsabilità hanno perciò il compito primario di affrontare con coraggio, creatività e generosità questo problema.
Un altro ambito che richiede oggi particolare attenzione da parte di tutti è la cura dell’ambiente. Per cercare di alleviare i crescenti squilibri ed inquinamenti, che a volte provocano veri e propri disastri ambientali, occorre acquisire piena consapevolezza degli effetti dei nostri comportamenti sul creato, che sono strettamente connessi al modo con cui l’uomo considera e tratta sé stesso (cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 51).
Tra pochi giorni si aprirà a Milano l’Esposizione Universale, che ha come tema: “Nutrire il pianeta. Energie per la vita”. L’evento dell’Expo sarà un’importante occasione in cui verranno presentate le più moderne tecnologie necessarie a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto dell’ambiente. Possa esso contribuire anche ad approfondire la riflessione sulle cause del degrado ambientale, in modo da fornire alle autorità competenti un quadro di conoscenze ed esperienze indispensabile per adottare decisioni efficaci e preservare la salute del pianeta che Dio ha affidato alla cura del genere umano.
Desidero, infine, esprimere la mia gratitudine per l’impegno che l’Italia sta profondendo per accogliere i numerosi migranti che, a rischio della vita, chiedono accoglienza. E’ evidente che le proporzioni del fenomeno richiedono un coinvolgimento molto più ampio. Non dobbiamo stancarci nel sollecitare un impegno più esteso a livello europeo e internazionale.
Signor Presidente, nel formularLe il mio più cordiale augurio per l’assolvimento del Suo alto compito, auspico che l’Italia, facendo tesoro delle sue nobili tradizioni e della sua cultura largamente ispirata dalla fede cristiana, possa progredire e prosperare nella concordia, offrendo il suo prezioso contributo alla pace e alla giustizia nel mondo.
Dio protegga l’Italia ed ogni suo abitante.
2/ Saluto del Cardinale Segretario di Stato
Signor Presidente,
Ho l’onore di salutarLa rispettosamente e cordialmente, e di presentarLe i Capi delle Missioni Diplomatiche accreditate presso la Santa Sede. Essi, consapevoli dell’importante momento, Le porgono per mio tramite il più sentito benvenuto e desiderano formularLe i sensi della loro considerazione per il nobile ed elevato servizio al quale solo poco più di due mesi fa Ella è stata chiamata.
Mi permetta, Signor Presidente, un breve sguardo al passato che induca a qualche utile riflessione. Un secolo fa l’Italia fu coinvolta nel primo grande conflitto mondiale del XX secolo. Fu un’esperienza tremenda. Papa Benedetto XV la definì “inutile strage”. L’evento, pur tragico, vide la Chiesa e i cattolici italiani adoperarsi in modo fattivo e solidale per allievare le funeste condizioni in cui la Nazione si era venuta a trovare. L’aiuto pervenne a tutti, indistintamente: feriti, invalidi, vedove e orfani. Non mancarono esempi di eroismo, di vera condivisione e di partecipata sofferenza da parte dei sacerdoti e dei religiosi che accompagnavano i militi - ricordo tra questi Don Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII ora Santo, che svolse il suo servizio nel Corpo sanitario militare – nonché delle religiose che li assistevano nella convalescenza. Non pochi cappellani persero la vita proprio al fronte e nelle trincee. Fu certamente una drammatica esperienza dalla quale però lo spirito cristiano emerse, quasi naturalmente, come elemento di solidarietà e di coesione. Quelle esperienze contribuirono al riavvicinamento tra la Chiesa e lo Stato così che fu possibile, attraverso anche più articolati colloqui, giungere dopo circa un decennio alla stipula del Concordato Lateranense e del Trattato del Laterano. Il primo definì la condizione giuridica della Chiesa in Italia, e il secondo diede vita allo Stato della Città del Vaticano e garantì alla Santa Sede l’esercizio della sua missione nel mondo.
A cento anni di distanza da quegli eventi non mancano motivi di profonda apprensione per la sofferenza di non poche popolazioni del mondo, ferite da instabilità sociale e da guerre cruente. Di fronte a tali scenari, spesso drammatici, è utile richiamare alla memoria il felice percorso compiuto tra noi in questo secolo e lasciarcene ammaestrare: è utile tornare ad ispirarci a quella Carità fattiva, che per noi ha il volto di Cristo, in forza della quale le braccia si sono aperte, con intelligenza e lungimiranza, verso tutti, senza distinzioni, è rinata la stima tra coloro che erano avversari, è sorta la volontà di riconciliarsi, di stabilire buone relazioni e di dar vita ad una collaborazione per il bene dei singoli e della comunità tutta.
Chiesa e Stato, lo sappiamo, operano per i propri fini con i mezzi che sono loro consoni, ma entrambi vogliono cooperare per il bene della persona e della società. Sono certo che questo modello è oggi guardato con interesse sempre più vivo anche oltre i confini italiani. E ciò avviene pure attraverso la preziosa e competente testimonianza dei Rappresentanti diplomatici degli Stati e delle Organizzazioni Internazionali presso la Santa Sede.
Anche nell’ambito culturale, forse uno dei più rappresentativi delle intime connessioni che intercorrono tra la Chiesa e l’Italia, si manifesta con particolare evidenza il contributo che la fede cristiana può offrire ai popoli del mondo. Ricorre quest’anno il 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri, tra i massimi esponenti della lingua e della letteratura italiana. L’Alighieri espresse le sue altissime doti di intelligenza, cultura e fede fino a concepire la Commedia, un monumento della produzione letteraria italiana. In essa Dante, libero da ogni committenza ecclesiastica ma ancorato a una solida fede, ha affrontato i massimi temi della vita dell’uomo e li ha intrecciati alla realtà. Per il Dante della Commedia, è stato detto, la felicità del singolo non si può disgiungere da quella degli altri, sia su questa terra, sia nella destinazione che la vita umana ha in quella eterna. E del resto, il suo stesso impegno per la polis fiorentina è vissuto con profondo amore per la città che gli diede i natali, ma senza che questo si muti in un municipalismo egoista ed autoreferenziale. Anche il suo rapporto con il Papato è stato sofferto ma ben consapevole della posta in gioco. Molto si potrebbe ancora dire del sommo Poeta, ma tanto basta per assicurare, se ce ne fosse bisogno, che la fede cristiana trasforma le persone e le rende più umane e sa immettere nelle opere un messaggio universale, accessibile e apprezzabile da tanti, rendendo così più civile il consorzio umano. Ed anche qui, nell’ambito culturale, questo Eccellentissimo Corpo Diplomatico che, per la ristrettezza del territorio vaticano risiede in Italia, gode, riflette e fa propri i tesori di vera bellezza artistica e culturale, espressione anche delle fede cristiana, che impreziosiscono ogni angolo d’Italia.
Signor Presidente,
Sappiamo che le responsabilità di chi regge nel grado massimo la cosa pubblica non sono lievi, ma chi crede sa pure che non mancano mai celesti ed adeguati ausili alle funzioni che si ricoprono: a nome del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede e mio personale, auguri dunque per la sua Missione e grazie per questa Sua visita in Vaticano!
3/ Discorso del Presidente Sergio Mattarella al Santo Padre in occasione della Visita di Stato in Vaticano
Santità,
desidero in primo luogo esprimerLe la profonda gratitudine per avermi ricevuto in Visita di Stato, a poco più di due mesi dalla mia elezione e per le cortesi parole che, in quell'occasione, ha voluto rivolgermi. La ringrazio per le parole che ha appena pronunciato.
Considero il colloquio appena concluso, anche per l'intensità che lo ha caratterizzato, una testimonianza preziosa del rapporto davvero speciale che esiste tra la Santa Sede e l'Italia.
Le porgo, accanto al mio personale, il saluto del popolo italiano, il cui affetto nei Suoi confronti vediamo crescere giorno dopo giorno. Vorrei anche esprimerLe gratitudine per le parole di speranza che Ella ha voluto indirizzare a quella che ha definito "la cara Nazione italiana" in occasione del saluto al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Sono parole che aiutano a recuperare pienamente quei valori di solidarietà e attenzione reciproca che sono, e rimangono, alla base del sentire del nostro popolo, particolarmente nei momenti di crisi e di difficoltà.
Lo stretto rapporto tra Italia e Santa Sede affonda le radici nella sua storica peculiarità, oltre che nella contiguità territoriale. Esso si sviluppa attraverso relazioni rispettose, e si intensifica anche grazie a un magistero pontificio diretto alla realtà universale e che, tuttavia, interpella direttamente la realtà sociale, economica e politica italiana.
Si tratta di principi e valori fondamentali che caratterizzano la storia contemporanea e la democrazia italiana ed europea e che trovano nelle parole Sue, e dei Suoi eminenti predecessori, punti di riferimento costanti. Penso alle tante encicliche sul lavoro, sulla pace, sullo sviluppo, sulla dignità umana. Un magistero alto, confermato dagli atti e dall'insegnamento del Suo Pontificato, che sentiamo particolarmente vicino.
Sin dalla Sua prima visita pastorale sul suolo italiano, a Lampedusa, per giungere alla più recente, a Napoli, La abbiamo sentita partecipe delle difficoltà e delle attese dell'Italia.
Il nostro Paese, e l'intera Unione Europea, assistono a quello che Lei ha definito un nuovo tipo di conflitto mondiale frammentato, sui territori più poveri, e di cui è immediata conseguenza il dramma dei profughi che tentano di approdare sulle nostre coste, sulle coste dell'Europa, per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni, alle carestie; chiedendo accoglienza.
Le istituzioni e la società italiane sono impegnate, con generosità, per fronteggiare questa emergenza e l'Italia invoca da tempo un intervento deciso dell'Unione Europea per fermare questa continua perdita di vite umane nel Mediterraneo, culla della nostra civiltà. Con quelle vite spezzate si perde la speranza di tante persone e si compromette la dignità della comunità internazionale.
Rischiamo di smarrire la nostra umanità. Così come il dramma della disoccupazione e delle nuove povertà - che affliggono le periferie della vita, raffigurate nelle periferie urbane, condizione emblematicamente da lei toccata a Scampìa - rischia di inghiottire il futuro di intere generazioni.
Si impone una visione dello sviluppo economico e sociale che sappia rimettere al centro la persona e la famiglia. Nucleo essenziale della società, la famiglia, spesso, deve curare, da sola, le ferite inferte dalla "cultura dello scarto", da Lei più volte denunciata.
Governo e Parlamento italiani sono impegnati ad adottare misure che consentano al nostro Paese di lasciarsi alle spalle una crisi che è stata lunga e dolorosa e da cui solo ora si inizia a intravedere l'uscita.
Le esprimo la nostra riconoscenza per l'azione che la Chiesa svolge a sostegno delle frange più deboli della popolazione.
Il Giubileo della Misericordia, da poco indetto, costituirà occasione di riflessione preziosa sui valori della giustizia e della solidarietà insieme a quello della pace. Nella nostra epoca le dinamiche economiche perdono spesso di vista la dimensione umana, rischiando di alimentare ingiustizie, sedimentare conflittualità e aumentare precarietà. Il richiamo alla misericordia rilancia, tra gli uomini, la gratuità come valore nei rapporti economici e sociali - come dimostra la straordinaria storia del volontariato italiano - e rilancia la pace come condizione di benessere comune.
Come Ella ha sottolineato nella Bolla con cui ha indetto il Giubileo, la misericordia ''possiede una valenza che va oltre i confini della Chiesa''. Anche noi ci auguriamo, Santità, che questo richiamo possa favorire l'incontro con l'Ebraismo, l'Islàm e con altre tradizioni religiose.
La libertà religiosa appartiene alle più autentiche aspirazioni delle persone e costituisce un cardine della Costituzione italiana. Qualsiasi violazione di essa vulnera, nel profondo, i diritti umani e delle comunità. La violenza scatenata contro le comunità cristiane in alcune parti del mondo interpella, con forza, le coscienze di tutti coloro che amano la libertà e la tolleranza.
Il dialogo tra le grandi tradizioni religiose appare tanto più urgente nel momento in cui si avverte - anche nel nostro Paese - la minaccia del terrorismo internazionale, che, spesso, si nasconde dietro inaccettabili, e pretestuose, rivendicazioni religiose.
L'Italia si sente impegnata, con tenacia, nell'ambito della comunità internazionale, perché prevalgano i principi di reciproca comprensione e di collaborazione, premessa indispensabile di una vera pace.
Su questi temi, così come su altre grandi questioni internazionali, quali l'ambiente e la tutela ed equa distribuzione delle risorse naturali, cui è ispirato - come Sua Santità ha appena ricordato - l'Expo di Milano dei prossimi mesi, si conferma, su questi temi e sulle altre grandi questioni, la piena comunanza di vedute fra lo Stato italiano e la Santa Sede.
Santità, mi consenta di rinnovarLe l'invito a venire in visita al Quirinale, per consolidare ulteriormente questo nostro dialogo, nella continuità della relazione speciale che accompagna i rapporti tra Santa Sede e Italia.