«La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come “il primo genocidio del XX secolo”; essa ha colpito il vostro popolo armeno, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia». Papa Francesco e il Patriarca Karekin II nella Santa Messa per i fedeli di rito armeno
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Riprendiamo sul nostro sito il saluto e l'omelia tenuti da papa Francesco nella celebrazione nella Santa Messa per i fedeli di rito armeno, il 12/4/2015. Pubblichiamo anche il discorso di Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di Tutti gli Armeni, tenuto nella stessa circostanza. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (12/4/2015)
Papa Francesco con Karekin II
1/ Saluto del Santo Padre Francesco all'inizio della celebrazione
Cari fratelli e sorelle armeni,
cari fratelli e sorelle!
In diverse occasioni ho definito questo tempo un tempo di guerra, una terza guerra mondiale ‘a pezzi’, in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione. Purtroppo ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi –, oppure costretti ad abbandonare la loro terra.
Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: “A me che importa?”; «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9; Omelia a Redipuglia, 13 settembre 2014).
La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come «il primo genocidio del XX secolo» (Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001); essa ha colpito il vostro popolo armeno – prima nazione cristiana –, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi. Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente. Sembra che l’entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale stia scomparendo e dissolvendosi. Pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c’è chi cerca di eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori. Non abbiamo ancora imparato che “la guerra è una follia, una inutile strage” (cfr Omelia a Redipuglia, 13 settembre 2014).
Cari fedeli armeni, oggi ricordiamo con cuore trafitto dal dolore, ma colmo della speranza nel Signore Risorto, il centenario di quel tragico evento, di quell’immane e folle sterminio, che i vostri antenati hanno crudelmente patito. Ricordarli è necessario, anzi, doveroso, perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!
Vi saluto con affetto e vi ringrazio per la vostra testimonianza.
Saluto e ringrazio per la sua presenza il Signor Serž Sargsyan, Presidente della Repubblica di Armenia.
Saluto cordialmente anche i miei fratelli Patriarchi e Vescovi: Sua Santità Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni; Sua Santità Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia; Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX, Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici; e i due Catholicossati della Chiesa Apostolica Armena e il Patriarcato della Chiesa Armeno-Cattolica.
Con la ferma certezza che il male non proviene mai da Dio, infinitamente Buono, e radicati nella fede, professiamo che la crudeltà non può mai essere attribuita all’opera di Dio e, per di più, non deve assolutamente trovare nel suo Santo Nome alcuna giustificazione. Viviamo insieme questa Celebrazione fissando il nostro sguardo su Gesù Cristo Risorto, Vincitore della morte e del male!
2/ Omelia del Santo Padre Francesco
San Giovanni, che era presente nel Cenacolo con gli altri discepoli quella sera del primo giorno dopo il sabato, riferisce che Gesù venne in mezzo a loro, disse: «Pace a voi!», e «mostrò loro le mani e il fianco» (20,19-20), mostrò le sue piaghe. Così essi riconobbero che non era una visione, era proprio Lui, il Signore, e furono pieni di gioia.
Otto giorni dopo Gesù venne di nuovo nel Cenacolo e mostrò le piaghe a Tommaso, perché le toccasse come lui voleva, per poter credere e diventare anch’egli un testimone della Risurrezione.
Anche a noi, oggi, in questa Domenica che san Giovanni Paolo II ha voluto intitolare alla Divina Misericordia, il Signore mostra, mediante il Vangelo, le sue piaghe. Sono piaghe di misericordia. È vero: le piaghe di Gesù sono piaghe di misericordia. Nelle [loro] sue piaghe noi siamo stati guariti.
Gesù ci invita a guardare queste piaghe, ci invita a toccarle, come ha fatto con Tommaso, per guarire la nostra incredulità. Ci invita soprattutto ad entrare nel mistero di queste piaghe, che è il mistero del suo amore misericordioso.
Attraverso di esse, come in una breccia luminosa, noi possiamo vedere tutto il mistero di Cristo e di Dio: la sua Passione, la sua vita terrena – piena di compassione per i piccoli e i malati – la sua incarnazione nel grembo di Maria. E possiamo risalire a ritroso tutta la storia della salvezza: le profezie – specialmente quella del Servo di Jahweh –, i Salmi, la Legge e l’alleanza, fino alla liberazione dall’Egitto, alla prima pasqua e al sangue degli agnelli immolati; e ancora ai Patriarchi fino ad Abramo e poi nella notte dei tempi fino ad Abele e al suo sangue che grida dalla terra. Tutto questo possiamo vedere attraverso le piaghe di Gesù Crocifisso e Risorto, e come Maria nel Magnificat possiamo riconoscere che “la sua misericordia si stende di generazione in generazione” (cfr Lc 1,50).
Di fronte agli eventi tragici della storia umana rimaniamo a volte come schiacciati, e ci domandiamo “perché?”. La malvagità umana può aprire nel mondo come delle voragini, dei grandi vuoti: vuoti di amore, vuoti di bene, vuoti di vita. E allora ci domandiamo: come possiamo colmare queste voragini? Per noi è impossibile; solo Dio può colmare questi vuoti che il male apre nei nostri cuori e nella nostra storia. È Gesù, fatto uomo e morto sulla croce, che colma l’abisso del peccato con l’abisso della sua misericordia.
San Bernardo, in un suo commento al Cantico dei Cantici (Disc. 61, 3-5; Opera omnia 2, 150-151), si sofferma proprio sul mistero delle piaghe del Signore, usando espressioni forti, audaci, che ci fa bene riprendere oggi. Dice che «attraverso le ferite del corpo si manifesta l’arcana carità del cuore [di Cristo], si fa palese il grande mistero dell’amore, si mostrano le viscere di misericordia del nostro Dio».
Ecco, fratelli e sorelle, la via che Dio ci ha aperto per uscire, finalmente, dalla schiavitù del male e della morte ed entrare nella terra della vita e della pace. Questa Via è Lui, è Gesù, Crocifisso e Risorto, e sono in particolare le sue piaghe piene di misericordia.
I Santi ci insegnano che il mondo si cambia a partire dalla conversione del proprio cuore, e questo avviene grazie alla misericordia di Dio. Per questo, sia davanti ai miei peccati sia davanti alle grandi tragedie del mondo, «la coscienza si turberà, ma non ne sarà scossa perché mi ricorderò delle ferite del Signore. Infatti “è stato trafitto per i nostri delitti” (Is 53,5). Che cosa vi è di tanto mortale che non possa essere disciolto dalla morte di Cristo?» (ibid.).
Tenendo lo sguardo rivolto alle piaghe di Gesù Risorto, possiamo cantare con la Chiesa: «Il suo amore è per sempre» (Sal 117,2); la sua misericordia è eterna. E con queste parole impresse nel cuore, camminiamo sulle strade della storia, con la mano nella mano del nostro Signore e Salvatore, nostra vita e nostra speranza.
3/ Il discorso di Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di Tutti gli Armeni, in occasione della Santa Messa celebrata nella Basilica di San Pietro per i fedeli di Rito Armeno
Sua Santità e amato Fratello in Cristo,
Grazie alla volontà misericordiosa del Signore, abbiamo l’opportunità di visitare ancora una volta la città di Roma. Siamo venuti con il Presidente della Repubblica di Armenia, Serge Sargsyan, con il Catholicos della Grande Casa di Cilicia, Aram I, con i Vescovi della Chiesa Armena e con i rappresentanti dei fedeli armeni sparsi in tutto il mondo, portando nella nostra anima la gioia della Resurrezione, retaggio della nostra tradizione cristiana, per porgere alla Sua Santità i nostri saluti fraterni e i nostri migliori auguri, e per partecipare, con le nostre preghiere, alla Santa Messa celebrata nella Basilica di San Pietro in ricordo delle vittime del Genocidio Armeno.
Esprimiamo la profonda soddisfazione Nostra e del nostro popolo, per il conferimento da parte della Chiesa Cattolica del titolo di “Dottore della Chiesa” secondo la definizione della Chiesa Cattolica a San Gregorio di Narek, uno dei padri della Chiesa Armena, durante questa cerimonia che testimonia l’amicizia delle nostre due Chiese sorelle. Nel X secolo San Gregorio di Narek, maestro di preghiere e illuminatore dell'universo, rivolse ‘‘dal profondo del cuore colloquio con Dio’’ la preghiera di penitenza e di confessione di tutte le generazioni dell’umanità. Il santo monaco con il suo ‘Libro vivente’, adorato dal popolo armeno, indicò ai ‘‘peccatori e onesti, superbi e umili, buoni e cattivi (Parola 3) la via della salvezza per grazia di Cristo, guidando i devoti di tutti i tempi verso il Signore.
Il nostro popolo, che diede i natali a Gregorio di Narek, durante la sua storia, fu sottoposto a molte vicissitudini e affrontò parecchie tentazioni in nome della sua fede e della sua identità.
Un secolo fa, la Turchia ottomana perpetrò il genocidio del nostro popolo. Secondo un piano premeditato, un milione e mezzo di Armeni furono sterminati con una crudeltà indicibile. Il nostro popolo antico fu sradicato dalla sua culla, dalla sua Patria storica e si disperse nel mondo. Il nostro patrimonio cristiano secolare fu demolito, distrutto e saccheggiato.
Pero, né la sofferenza, né le persecuzioni scossero il nostro popolo che accettò di morire piuttosto che ripudiare la propria Santa Fede e la propria nazione.
Oggi appare davanti ai nostri occhi la grandezza della bravura spirituale di fronte al martirio che la nostra nazione manifestò, proclamando di nuovo la formula dell’identità stabilita ancora nel V secolo, e ricordando di possedere la cristianità non come un abito, ma come colore della nostra pelle. (Storico Eghishe).
Con la caritatevole misericordia del Signore, il nostro popolo, dopo parecchie atrocità e privazioni, raddrizzò la propria schiena, portando avanti una nuova vita nelle comunità della Diaspora e sotto l’egida dello Stato ristabilito nella parte orientale dell’Armenia. Il nostro popolo segui il suo percorso di recupero con uno straordinario coraggio nell’affrontare le numerose privazioni e le difficoltà. E anche oggi la nostra nazione vive nel blocco delle frontiere imposte da parte di Turchia e dall'Azerbaijan, lotta per la vita libera in Nagorno-Karabakh, continua a impegnarsi per il riconoscimento del Genocidio degli Armeni e rivendica il diritto alla memoria, alla verità storica. All’epoca, l’umanità non riuscì a impedire il Genocidio degli Armeni, di sopprimere le conseguenze e fu il testimone dell’Olocausto, dei genocidi di Cambogia, di Ruanda, di Darfur e altri.
Ancora oggi l’umanità e le singole nazioni, a causa dei conflitti armati, delle guerre e degli atti di terrorismo, vive in privazioni e in difficoltà e paga per la sua fede versando il proprio sangue. Noi siamo convinti che il riconoscimento universale del Genocidio degli Armeni, come un esempio importante di realizzazione della giustizia, della protezione dei diritti umani, contribuirà alla creazione di un mondo più sicuro e legittimo.
In questo senso il 1000 anniversario del Genocidio degli Armeni è un potente richiamo al mondo a non essere indifferenti di fronte ai patimenti e ai martiri odierni e a fare più sforzi per fermare le aggressioni ingiuste e per prevenire le violenze che temprano la gente nella sofferenza. Ecco il frutto che deve germogliare dalla radice del martirio.
Durante questa Santa Messa, offerta in occasione del Centenario del Genocidio Armeno, in ricordo delle anime per le nostre vittime innocenti, noi ricordiamo i Venerandi Predecessori di Sua Santità, Papa Benedetto XV, che fece sentire la sua voce di protesta riguardante il Genocidio degli Armeni, e il Santo Papa Giovanni Paolo II, che nel 2001, con una dichiarazione congiunta, riconobbe e condannò il Genocidio degli Armeni. A questo riguardo la pubblicazione dei documenti inediti, custoditi negli Archivi Vaticani è di grande importanza.
Il nostro popolo esprime la sua profonda gratitudine alle nazioni, organizzazioni e individui che ebbero il coraggio e la convinzione di non solo riconoscere e condannare ad alta voce il genocidio armeno, ma anche di realizzare missioni umanitarie, prendendo cura degli orfani, dando rifugio ai sopravvissuti e aiutandoli a superare parecchie difficoltà.
Il 23 Aprile 2015, in occasione del 100º anniversario del genocidio degli Armeni, in Santa Sede di Etchmiadzin, con la partecipazione orante delle nostre Chiese sorelle, inclusi i rappresentanti di Sua Santità, illustri ospiti e fedeli armeni di tutto il mondo, sarà annunciata la canonizzazione di innumerevoli vittime del genocidio che scelsero la corona del martirio in nome della propria fede e della propria patria. Chiederemo l’intercessione di questi nostri santi martiri che aderiscano all’esercito delle schiere celesti, affinché la pace divina propaghi sulla vita umana e che le tragedie del genocidio non abbiano più luogo nel mondo.
Amato Fratello in Cristo, condividiamo la Sua opinione che il martirio non conosce differenze confessionali. Infatti, i martiri ci uniscono come figli e servitori di un unico Signore Gesù Cristo affinché impariamo e ci impegniamo a stabilire l’amore, la giustizia, la pace nel mondo e ad avviare un dialogo tra le religioni e le civiltà come ci insegna il messaggio scritturale: Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci a carità e a buone opere (Ebrei 10:24).
Ci auguriamo che la nostra preghiera e le nostre suppliche rivolte al cielo, da questa Sacra Basilica di San Pietro, siano udite dal Nostro Padre e la Sua grazia e la Sua benedizione sostengano i nostri sforzi per il nostro cammino nell’instaurazione della pace nel mondo. Preghiamo Dio per il benessere della Sua Santità, per la prosperità della Chiesa Cattolica e chiediamo che la misericordia, l'amore e le grazie di Dio siano con noi e con tutti, invocando le parole esternate dal cuore di San Gregorio di Narek, Dottore della Chiesa e l'Illuminatore dell'Universo:
Tu che sei potente per trovare tutte le soluzioni necessarie,
donami uno spirito di salvezza,
una destra di protezione,
una mano caritatevole,
un ordine di bontà,
una luce di misericordia,
una parola di rinnovamento,
un motivo di perdono,
un bastone di aiuto per conservare la vita.
Perché Tu sei speranza di rifugio, oh Signore Gesù Cristo,
benedetto con il Padre per il Tuo Spirito Santo
nei secoli dei secoli. ( Gregorio di Narek, Parola 59)
Amen