1/ «La speranza è una “leva dell’anima”, esposta ad assalti e ruberie. Chi prende volontariamente la via del male ruba un pezzo di speranza, guadagna qualcosina ma ruba speranza a sé stesso, agli altri, alla società». Discorso di papa Francesco a Scampia nell’incontro con la popolazione e con diverse categorie sociali 2/ «C’è quello sbaglio della mente umana che è la teoria del gender, che crea tanta confusione. Come si può fare con queste colonizzazioni ideologiche? La preparazione al matrimonio deve incominciare da casa, dagli amici, dalla gioventù, dal fidanzamento. Il fidanzamento ha perso il senso sacro del rispetto. Oggi, normalmente, fidanzamento e convivenza sono quasi la stessa cosa». Discorso di papa Francesco nell’incontro con i giovani sul Lungomare Caracciolo a Napoli
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1/ «La speranza è una “leva dell’anima”, esposta ad assalti e ruberie. Chi prende volontariamente la via del male ruba un pezzo di speranza, guadagna qualcosina ma ruba speranza a sé stesso, agli altri, alla società». Discorso di papa Francesco a Scampia nell’ incontro con la popolazione e con diverse categorie sociali
Riprendiamo sul nostro sito il discorso tenuto da papa Francesco a Scampia nell’incontro con la popolazione e con diverse categorie sociali il 21/3/2015. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (24/3/2015)
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Ho voluto incominciare da qui, da questa periferia, la mia visita a Napoli. Saluto tutti voi e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza! Davvero si vede che i napoletani non sono freddi! Ringrazio il vostro Arcivescovo per avermi invitato - anche minacciato se non fossi venuto a Napoli - per le sue parole di benvenuto; e grazie a coloro che hanno dato voce alle realtà dei migranti, dei lavoratori e dei magistrati.
Voi appartenete a un popolo dalla lunga storia, attraversata da vicende complesse e drammatiche. La vita a Napoli non è mai stata facile, però non è mai stata triste! È questa la vostra grande risorsa: la gioia, l’allegria. Il cammino quotidiano in questa città, con le sue difficoltà e i suoi disagi e talvolta le sue dure prove, produce una cultura di vita che aiuta sempre a rialzarsi dopo ogni caduta, e a fare in modo che il male non abbia mai l’ultima parola. Questa è una sfida bella: non lasciare mai che il male abbia l’ultima parola. È la speranza, lo sapete bene, questo grande patrimonio, questa “leva dell’anima”, tanto preziosa, ma anche esposta ad assalti e ruberie.
Lo sappiamo, chi prende volontariamente la via del male ruba un pezzo di speranza, guadagna qualcosina ma ruba speranzaa sé stesso, agli altri, alla società. La via del male è una via che ruba sempre speranza, la ruba anche alla gente onesta e laboriosa, e anche alla buona fama della città, alla sua economia.
Vorrei rispondere alla sorella che ha parlato a nome degli immigrati e dei senza fissa dimora. Lei ha chiesto una parola che assicuri che i migranti sono figli di Dio e che sono cittadini. Ma è necessario arrivare a questo? I migranti sono esseri umani di seconda classe? Dobbiamo far sentire ai nostri fratelli e sorelle migranti che sono cittadini, che sono come noi, figli di Dio, che sono migranti come noi, perché tutti noi siamo migranti verso un’altra patria, e magari arriveremo tutti. E nessuno si perda per il cammino! Tutti siamo migranti, figli di Dio che ci ha messo tutti in cammino. Non si può dire: “Ma i migranti sono così…Noi siamo…”. No! Tutti siamo migranti, tutti siamo in cammino. E questa parola che tutti siamo migranti non è scritta su un libro, è scritta nella nostra carne, nel nostro cammino di vita, che ci assicura che in Gesù tutti siamo figli di Dio, figli amati, figli voluti, figli salvati. Pensiamo a questo: tutti siamo migranti nel cammino della vita, nessuno di noi ha dimora fissa in questa terra, tutti ce ne dobbiamo andare. E tutti dobbiamo andare a trovare Dio: uno prima, l’altro dopo, o come diceva quell’anziano, quel vecchietto furbo: “Sì, sì, tutti! Andate voi, io vado per ultimo!”. Tutti dobbiamo andarci.
Poi c’è stato l’intervento del lavoratore. E ringrazio anche lui, perché naturalmente volevo toccare questo punto, che è un segno negativo del nostro tempo. In modo speciale lo è la mancanza di lavoro per i giovani. Ma voi pensate: più del 40 per cento dei giovani dai 25 anni in giù non ha lavoro! Questo è grave! Cosa fa un giovane senza lavoro? Che futuro ha? Che strada di vita sceglie? Questa è una responsabilità non solo della città, non solo del Paese, ma del mondo! Perché? Perché c’è un sistema economico che scarta la gente e adesso è il turno dei giovani a essere scartati, cioè senza lavoro. Questo è grave! “Ma ci sono le opere di carità, ci sono i volontariati, c’è la Caritas, c’è quel centro, c’è quel club che dà da mangiare…”. Ma il problema non è mangiare, il problema più grave è non avere la possibilità di portare il pane a casa, di guadagnarlo! E quando non si guadagna il pane, si perde la dignità! Questa mancanza di lavoro ci ruba la dignità. Dobbiamo lottare per questo, dobbiamo difendere la nostra dignità di cittadini, di uomini, di donne, di giovani. Questo è il dramma del nostro tempo. Non dobbiamo rimanere zitti.
Penso anche al lavoro a metà. Cosa voglio dire con questo? Lo sfruttamento delle persone nel lavoro. Alcune settimane fa, una ragazza che aveva bisogno di lavoro, ne ha trovato uno in una ditta turistica e le condizioni erano queste: 11 ore di lavoro, 600 euro al mese senza nessun contributo per la pensione. “Ma è poco per 11 ore!”. “Se non ti piace, guarda la coda di gente che sta aspettando il lavoro!”. Questo si chiama schiavitù, questo si chiama sfruttamento, questo non è umano, questo non è cristiano. E se quello che fa così si dice cristiano è un bugiardo, non dice il vero, non è cristiano. Anche lo sfruttamento del lavoro in nero - tu lavori senza contratto e ti pago quello che voglio - è sfruttamento delle persone. “Senza i contributi per la pensione e per la salute?”. “A me non interessa”.
Io ti capisco bene, fratello, e ti ringrazio per quello che hai detto. Dobbiamo riprendere la lotta per la nostra dignità che è la lotta per cercare, per trovare, per ritrovare la possibilità di portare il pane a casa! Questa è la nostra lotta!
E qui penso all’intervento del Presidente della Corte di Appello. Lui ha usato una bella espressione “percorso di speranza” e ricordava un motto di san Giovanni Bosco: “buoni cristiani e onesti cittadini”, rivolto ai bambini e ai ragazzi. Il percorso di speranza per i bambini - questi che sono qui e per tutti - è prima di tutto l’educazione, ma una vera educazione, il percorso di educare per un futuro: questo previene e aiuta ad andare avanti. Il giudice ha detto una parola che io vorrei riprendere, una parola che si usa molto oggi, il giudice ha detto “corruzione”. Ma, ditemi, se noi chiudiamo la porta ai migranti, se noi togliamo il lavoro e la dignità alla gente, come si chiama questo? Si chiama corruzione e tutti noi abbiamo la possibilità di essere corrotti, nessuno di noi può dire: “io non sarò mai corrotto”. No! E’ una tentazione, è uno scivolare verso gli affari facili, verso la delinquenza, verso i reati, verso lo sfruttamento delle persone. Quanta corruzione c’è nel mondo! E’ una parola brutta, se ci pensiamo un po’. Perché una cosa corrotta è una cosa sporca! Se noi troviamo un animale morto che si sta corrompendo, che è “corrotto”, è brutto e puzza anche. La corruzione puzza! La società corrotta puzza! Un cristiano che lascia entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano, puzza!
Cari amici, la mia presenza vuole essere un impulso a un cammino di speranza, di rinascita e di risanamento già in corso. Conosco l’impegno, generoso e fattivo, della Chiesa, presente con le sue comunità e i suoi servizi nel vivo della realtà di Scampia; come pure la continua mobilitazione di gruppi di volontari, che non fanno mancare il loro aiuto.
Incoraggio anche la presenza e l’attivo impegno delle Istituzioni cittadine, perché una comunità non può progredire senza il loro sostegno, tanto più in momenti di crisi e in presenza di situazioni sociali difficili e talvolta estreme. La “buona politica” è un servizio alle persone, che si esercita in primo luogo a livello locale, dove il peso delle inadempienze, dei ritardi, delle vere e proprie omissioni è più diretto e fa più male. La buona politica è una delle espressioni più alte della carità, del servizio e dell’amore. Fate una buona politica, ma fra di voi: la politica si fa tutti insieme! Fra tutti si fa una buona politica!
Napoli è sempre pronta a risorgere, facendo leva su una speranza forgiata da mille prove, e perciò risorsa autentica e concreta sulla quale contare in ogni momento. La sua radice risiede nell’animo stesso dei Napoletani, soprattutto nella loro gioia, nella loro religiosità, nella loro pietà! Vi auguro che abbiate il coraggio di andare avanti con questa gioia, con questa radice, il coraggio di portare avanti la speranza, di non rubare mai la speranza a nessuno, di andare avanti per la strada del bene, non per la strada del male, di andare avanti nell’accoglienza di tutti quelli che vengono a Napoli da qualunque Paese: siano tutti napoletani, imparino il napoletano che è tanto dolce e tanto bello! Vi auguro di andare avanti nel cercare fonti di lavoro, perché tutti abbiano la dignità di portare il pane a casa, e di andare avanti nella pulizia della propria anima, nella pulizia della città, nella pulizia della società perché non ci sia quella puzza della corruzione!
Vi auguro il meglio, andate avanti e San Gennaro, vostro Patrono, vi assista e interceda per voi.
Benedico di cuore tutti voi, benedico le vostre famiglie e questo vostro quartiere, benedico i bambini che sono qui attorno a noi. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. ‘A Maronna v’accumpagne!
2/ «C’è quello sbaglio della mente umana che è la teoria del gender, che crea tanta confusione. Come si può fare con queste colonizzazioni ideologiche? La preparazione al matrimonio deve incominciare da casa, dagli amici, dalla gioventù, dal fidanzamento. Il fidanzamento ha perso il senso sacro del rispetto. Oggi, normalmente, fidanzamento e convivenza sono quasi la stessa cosa». Discorso di papa Francesco nell’incontro con i giovani sul Lungomare Caracciolo a Napoli
Riprendiamo sul nostro sito il discorso tenuto da papa Francesco a Napoli nell’incontro con i giovani sul Lungomare Caracciolo il 21/3/2015. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (24/3/2015)
Domanda di Bianca, una giovane
A nome di tutti i giovani le do il benvenuto a Napoli! Santità, Lei ci insegna che l’apostolo deve sforzarsi di essere una persona cortese, serena, entusiasta e allegra, che trasmette gioia dovunque si trova, e questo vale tanto per noi! Tuttavia, è altrettanto grande la fame di sogni e di speranze che c’è nel nostro cuore, per cui spesso diventa difficile coniugare i valori cristiani che portiamo dentro con gli orrori, le difficoltà e le corruzioni che ci circondano nel quotidiano. Padre Santo, in mezzo a tali “silenzi di Dio” come piantare germogli di gioia e semi di speranza per far fruttare la terra dell’autenticità, della verità, della giustizia, dell’amore vero, quello che supera ogni limite umano?
Santo Padre
Scusatemi se sono seduto, ma sono stanco davvero, perché voi napoletani mi fate muovere… Dio, il nostro Dio, è un Dio delle parole, è un Dio dei gesti, è un Dio dei silenzi. Il Dio delle parole, lo sappiamo perché nella Bibbia ci sono le parole di Dio: Dio ci parla, ci cerca. Il Dio dei gesti è il Dio che va. Pensiamo alla parabola del Buon Pastore che va a cercarci, che ci chiama per nome, che ci conosce meglio di noi stessi, che sempre ci aspetta, che sempre ci perdona, che sempre ci capisce con gesti di tenerezza.
E poi il Dio del silenzio. Pensate ai grandi silenzi nella Bibbia: per esempio il silenzio nel cuore di Abramo, quando andava con suo figlio per offrirlo in sacrificio. Due giorni, salendo sul monte, ma lui non osava dire qualcosa al figlio, anche se il figlio, che non era sciocco, capiva. E Dio taceva. Ma il più grande silenzio di Dio è stato la Croce: Gesù ha sentito il silenzio del Padre, fino a definirlo “abbandono”: “Padre perché mi hai abbandonato?”.
E poi, è successo quel miracolo di Dio, quella parola, quel gesto grandioso che è stata la Risurrezione. Il nostro Dio è anche il Dio dei silenzi e ci sono silenzi di Dio che non si possono spiegare se tu non guardi il Crocifisso. Per esempio, perché soffrono i bambini? Come mi spieghi tu questo? Dove trovi una parola di Dio che spieghi perché soffrono i bambini? Questo è uno dei grandi silenzi di Dio. E il silenzio di Dio non dico che si può “capire”, ma possiamo avvicinarci ai silenzi di Dio guardando il Cristo crocifisso, il Cristo che muore, il Cristo abbandonato, dall’Orto degli Ulivi fino alla Croce. Questi sono i silenzi. “Ma, Dio ci ha creati per essere felici” – “Sì, è vero”. Ma Lui, tante volte tace. E questa è la verità. Io non posso ingannarti dicendo: “No, tu abbi fede e andrà tutto bene, sarai felice, avrai una buona fortuna, avrai soldi …”: No, il nostro Dio sta anche in silenzio. Ricordati: è il Dio delle parole, il Dio dei gesti e il Dio dei silenzi, queste tre cose devi unirle nella tua vita. Questo è quello che mi viene di dirti. Scusami. Non ho un’altra “ricetta”.
Domanda di Erminia, anziana di 95 anni
Padre Santo, mi chiamo Erminia, ho 95 anni. Ringrazio Dio per il dono di una vita lunga. E ringrazio anche Lei perché non perde occasione per difenderla. Ce n’è tanto bisogno! Perché nella nostra società, è un dono che sembra quasi far paura e che spesso viene respinto e scartato. Con il passare degli anni mi sono ritrovata sola dopo la morte di mio marito, più fragile e bisognosa di aiuto. Ho avuto paura di dover lasciare la mia casa, per finire in qualche istituto, in uno di quei “depositi per vecchi” di cui Lei ha parlato. Così gli anziani, tante volte, sono spinti a domandarsi se la loro esistenza abbia ancora un senso. Ho avuto la grazia di incontrare una comunità cristiana che non ha perso la sua anima e dove si vive l’affetto e la gratuità. Così nella mia vecchiaia sono arrivati degli “angeli”, come li chiamo io, giovani e meno giovani, che mi aiutano, mi fanno visita, mi sostengono nelle difficoltà quotidiane. L’amicizia con loro mi ha dato tanta forza e tanto coraggio. Anche pregare insieme mi ha aiutato tanto: sono debole, ma pregando per i poveri, per i malati, per i bisogni del mondo, per la pace, per il bene della Chiesa, ed anche per il Papa, trovo la forza di aiutare e proteggere gli altri. Così quanti aiutano a quanti sono aiutati formano un’unica famiglia: giovani e anziani insieme. Come tutti noi possiamo vivere di più una Chiesa che sia famiglia di tutte le generazioni, non scartando gli anziani e facendoli sentire parte viva della comunità?
Santo Padre
Si accomodi, perché quando io sento dire che lei ha 95 anni, io ho voglia di dire: ma se lei ha 95 anni, io sono Napoleone! Complimenti per come li porta! Lei ha detto una parola chiave della nostra cultura: “scartare”. Gli anziani vengono scartati, perché questa società butta quello che non è utile: usa e getta. I bambini non sono utili: perché avere bambini? Meglio non averne. Ma io ho comunque affetto, mi arrangio anche con un cagnolino e un gatto. La nostra società è così: quanta gente preferisce scartare i bambini e confortarsi con il cagnolino o con il gatto! Si scartano i bambini, si scartano gli anziani, perché si lasciano da soli. Noi anziani abbiamo acciacchi, problemi e portiamo problemi agli altri, e la gente forse ci scarta per i nostri acciacchi, perché non serviamo più. E c’è anche questa abitudine di – scusatemi la parola – di lasciarli morire e siccome a noi piace tanto usare eufemismi, diciamo una parola tecnica: eutanasia. Ma non solo l’eutanasia fatta con una puntura, ma l’eutanasia nascosta, quella di non darti le medicine, non darti le cure, renderti la vita triste e così si muore, si finisce.
Questa strada, che lei dice che ha trovato, è la migliore medicina per vivere a lungo: la vicinanza, l’amicizia, la tenerezza. A volte domando ai figli che hanno genitori anziani: siete vicini ai vostri genitori anziani? E se voi li avete in una casa di riposo - perché a casa capita davvero non si possono tenere in quanto lavorano sia il papà che la mamma - ma andate a trovarli? Nell’altra diocesi, quando visitavo le case di riposo, ho trovato tanti anziani ai quali domandavo: “E i vostri figli?”. “Bene, bene, bene”. “Vengono a trovarvi?”. Stavano zitti e io me ne accorgevo subito... “Quando sono venuti l’ultima volta?”. “per Natale”: eravamo nel mese di agosto. Li lasciano lì senza affetto, e l’affetto è la medicina più importante per un anziano. Ma, tutti abbiamo bisogno di affetto e con l’età di più. A voi, figli, che avete genitori anziani, vi chiedo di fare un esame di coscienza: come va il quarto comandamento? Vai a trovarli? Dai loro tenerezza? Perdi il tempo con il tuo papà o con la tua mamma anziana? A me piace raccontare una storia che da bambino mi raccontavano a casa. C’era un nonno che abitava con il figlio, la nuora e i nipotini. Ma il nonno invecchiò e alla fine, poverino, quando mangiava, prendeva la zuppa e si sporcava un po’. Un giorno il papà ha deciso che il nonno non avrebbe più mangiato alla mensa della famiglia perché non era una bella figura, non potevano invitare amici. Ha fatto comprare un tavolino e il nonno mangiava in cucina da solo. La solitudine è il veleno più grande per gli anziani. Un giorno, il papà torna dal lavoro e trova il figlio di quattro anni che stava giocando con il legno, i chiodi e un martello. E gli dice: “Ma cosa fai?”. “Un tavolino, perché quando tu diventi anziano, potrai mangiare lì!”. Quello che si semina, si raccoglie! A voi, figli ricordo il quarto comandamento. Tu dai affetto ai tuoi genitori, li abbracci, dici loro che vuoi loro bene? Se spendono tanti soldi in medicine, tu li rimproveri? Fate un bell’esame di coscienza. L’affetto è la medicina più grande per noi anziani. Questa testimonianza che lei dà, con i suoi amici – che sono bravi! – deve raccontarla tanto, perché la gente si animi a fare lo stesso. Ma mai scartare un anziano. Mai.
Domanda della famiglia Russo
Santità, Lei ci ha recentemente detto che bisogna comunicare il bello della famiglia, in quanto essa è il luogo privilegiato dell’incontro della gratuità dell’amore. La sfida richiede impegno, conoscenza e resistenza alle correnti contrarie, rivalutando la capacità di scelte coraggiose che difendono il senso vero della famiglia come risorsa della società e come mezzo privilegiato di trasmissione della fede. Lei ci incita a “non lasciarci rubare la speranza” ma in una città come Napoli patria di tanti Santi ma anche sede di tante sofferenze e contraddizioni dove la famiglia è sotto attacco, come possiamo costruire una pastorale della famiglia in uscita, all’ attacco e non chiusa in difesa, e che ne racconti a tutti la bellezza ? Come possiamo coniugare la nostra eccessiva secolarità con la spiritualità e, ispirandoci alle parole del nostro Arcivescovo, “fare largo alla speranza”?
Santo Padre
La famiglia è in crisi: questo è vero, non è una novità. I giovani non vogliono sposarsi, preferiscono convivere, tranquilli e senza compromessi; poi, se viene un figlio si sposeranno per forza. Oggi non va di moda sposarsi! Poi, tante volte nei matrimoni in chiesa io domando: “Tu che vieni a sposarti, lo fai perché davvero vuoi ricevere dal tuo fidanzato e dalla tua fidanzata il Sacramento, o tu vieni perché socialmente si deve fare così?”. È successo poco tempo fa che, dopo una lunga convivenza, una coppia che io conosco si decise a sposarsi. “E quando?”. “Ancora non sappiamo, perché stiamo cercando la chiesa che sia in armonia con il vestito, e poi stiamo cercando il ristorante che sia vicino alla chiesa, e poi dobbiamo fare le bomboniere, e poi …”. “Ma dimmi: con che fede ti sposi?”. La crisi della famiglia è una realtà sociale.
Poi ci sono le colonizzazioni ideologiche sulle famiglie, modalità e proposte che ci sono in Europa e vengono anche da Oltreoceano. Poi quello sbaglio della mente umana che è la teoria del gender, che crea tanta confusione. Così la famiglia è sotto attacco. Come si può fare, con la secolarizzazione che è attiva? Come si può fare con queste colonizzazioni ideologiche? Come si può fare con una cultura che non considera la famiglia, dove si preferisce non sposarsi?
Io non ho la ricetta, La Chiesa è consapevole di questo e il Signore ha ispirato di convocare il Sinodo sulla famiglia, sui tanti problemi. Ad esempio, il problema della preparazione al matrimonio in chiesa. Come si preparano le coppie che vengono per sposarsi? A volte si fanno tre conferenze… E’ sufficiente questo per verificare la fede? Non è facile. La preparazione al matrimonio non è questione di un corso, come potrebbe essere un corso di lingue: diventate sposi in otto lezioni. La preparazione al matrimonio è un’altra cosa. Deve incominciare da casa, dagli amici, dalla gioventù, dal fidanzamento. Il fidanzamento ha perso il senso sacro del rispetto. Oggi, normalmente, fidanzamento e convivenza sono quasi la stessa cosa. Non sempre, perché ci sono belli esempi… Come preparare un fidanzamento che maturi? Perché quando il fidanzamento è buono, arriva a un punto che devi sposarti, perché è maturo. E’ come la frutta: se tu non la cogli quando è matura, non va bene. Ma è tutta una crisi, e vi chiedo di pregare tanto. Io non ho ricette per questo. Ma è importante la testimonianza dell’amore, la testimonianza di come risolvere i problemi
Nel matrimonio si litiga anche e.. volano i piatti. Io do sempre un consiglio pratico: litigate fin che volete, ma non finite la giornata senza fare la pace. Per fare questo non è necessario mettersi in ginocchio, basta una carezza, perché quando si litiga, c’è qualcosa di rancore dentro, e se si fa la pace subito, va bene. Il rancore freddo del giorno prima è molto più difficile da togliere, pertanto fate la pace lo stesso giorno. È un consiglio.
Poi, è importante chiedere sempre all’altro se piace o non piace una cosa: siete in due, l’“io” non è molto valido nel matrimonio, è valido il “noi”. È anche vero quello che si dice dei matrimoni: gioia in due, tre volte gioia; pena e dolore in due, metà pena, metà dolore. Così bisogna vivere la vita matrimoniale e questo si fa con la preghiera, molta preghiera e con la testimonianza, affinché l’amore non si spenga. Perché sempre ci sono nella vita prove difficili, non si può avere l’illusione di trovare un’altra persona e dire: “Ah, se io avessi conosciuto questa prima o questo prima, avrei sposato questo o questa”. Ma non l’hai conosciuto prima, è arrivato tardi. Chiudi la porta subito! State attenti a queste cose e andate avanti con la vostra testimonianza e così torno all’inizio: la famiglia è in crisi, e non è facile dare una risposta, tuttavia occorrono la testimonianza e la preghiera.
Alla fine dell’incontro
Vi ringrazio tanto di questa accoglienza e delle testimonianze. E vi chiedo di pregare per me. Vi chiedo di pregare per i giovani: oggi è il primo giorno di primavera, il giorno della speranza, il giorno dei giovani. Forse ad ogni primavera si riprende la strada della gioventù, si fiorisce un’altra volta. Ai giovani ripeto: non perdete la speranza di andare avanti sempre. Agli anziani: portate avanti la saggezza della vita; gli anziani sono come il buon vino quando invecchia. E il buon vino ha qualcosa di buono che serve sia ai giovani che agli anziani. Giovani e anziani insieme: i giovani hanno la forza, gli anziani la memoria e la saggezza. Un popolo che non cura i giovani, che li lascia senza lavoro, disoccupati e che non cura gli anziani, non ha futuro. Se noi vogliamo che il nostro popolo abbia futuro, dobbiamo avere cura dei giovani cercando per loro lavoro, cercando per loro strade di uscita da questa crisi, dando loro valori dell’educazione; e dobbiamo avere cura degli anziani che sono quelli che portano la saggezza della vita. Adesso preghiamo la Madonna e San Giuseppe perché proteggano i giovani, gli anziani e le famiglie: [Ave o Maria…] Adesso mi congedo da Napoli perché torno a Roma! Vi auguro il meglio e ‘ca Maronna v’accumpagne!