Europa protestante: è crisi?, di Marco Tosatti
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Riprendiamo da La Stampa del 15/1/2015 un articolo scritto da Marco Tosatti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (1/2/2015)
Su “Rosso Porpora" troviamo un interessante articolo di Giuseppe Rusconi, che offre le cifre di un fenomeno europeo molto interessante: si tratta del molto rapido declino delle Chiese protestanti “classiche”, cioè quelle nate dalla Riforma. È un fenomeno che non riguarda ovviamente le nuove sigle protestanti, che invece conoscono una grande fioritura, non solo negli Stati Uniti e in America Latina, dove ingoiano percentuali molto alte della Chiesa cattolica, ma anche nel nostro Paese.
Una riflessione immediata porta a considerare che all’interno della galassia protestante la crisi sembra colpire con più forza le realtà che si sono allontanate dalla morale tradizionale. L’ultimo esempio è di poche settimane fa: nella Chiesa luterana finlandese circa diecimila persone hanno annunciato il loro abbandono dopo che l’arcivescovo Maikinen si è dichiarato a favore dei matrimoni fra persone dello stesso sesso.
Si chiede l’articolista, parlando degli “adeguamenti” delle varie confessioni storiche, “Del sacerdozio ed episcopato femminile. Dell’ordinazione di sacerdoti e vescovi omosessuali. Di tanti tra i ‘nuovi diritti’ in materia di inizio e fine vita. Ha subito senza fiatare l’imposizione dell’ideologia del gender nelle scuole” : “tale adeguarsi, tale piegarsi alle ‘esigenze’ della secolarizzazione più spinta ha forse comportato effetti positivi sulla vitalità del protestantesimo europeo?”.
Osservando le cifre, non pare. In Germania, dopo la riunificazione, nel 1990, i protestanti erano 29,4 milioni (il 36,9%) della popolazione; nel 2004 erano scesi a 26,2 milioni (31, 5%) e nel 2013 a 23,3 milioni (29%). Nel 1990 i cattolici erano 28,5 milioni (35,4%), nel 2013 24, 2 milioni (30%). Dal 2004 al 2013 i battesimi protestanti sono passati da 236mila a 187mila, le confirmazioni da 272mila a 227mila, i matrimoni da 59mila a 49mila. Nello stesso lasso di tempo la partecipazione al culto domenicale è scesa dal 4 al 3,5%.
In Svizzera erede di Zwingli, Calvino e Forel (artefici della Riforma rispettivamente a Zurigo, Ginevra e Neuchatel), nel 1970 i protestanti erano il 48,8 % della popolazione e superavano di un paio di punti i cattolici. Nel 2000 erano scesi al 33,9%, nel 2013 al 26,9%. Calo anche per i cattolici – ma in percentuale minore, pur se preoccupante - passati dal 46,7% del 1970, al 42,3% nel 2000, al 38,2% del 2013. “E’ anche interessante notare che ormai i protestanti non sono più al primo posto né a Zurigo né a Ginevra né a Basilea né a Losanna né a Neuchatel, sorpassati dai cattolici e/o dai non credenti”. Nel 2012 il protestantesimo in Svizzera ha registrato più abbandoni del cattolicesimo (come del resto in Germania): un dato che si ritrova in tutta la Confederazione, ad eccezione del territorio corrispondente alla diocesi di Coira (che comprende Zurigo), dove la situazione in campo cattolico è assai conflittuale.
In Olanda i protestanti, nel 1971 erano il 35,9% della popolazione; nel 2010 erano scesi al 15,6% (i cattolici dal 40,4 al 24,5%). In Scandinavia, Paesi in cui il protestantesimo è ben radicato, con maggioranze ancora massicce, oltre l’80%, vediamo che in Svezia i non credenti raggiungono il 45% e in Norvegia il 33%.
Infine la Gran Betagna: nel 1983 gli anglicani rappresentavano il 40% della popolazione britannica, nel 2012 il 20% (cattolici dal 10% al 9%). Nel 1993 viene introdotto il sacerdozio femminile, nel 2006 si decide che l’episcopato femminile è teologicamente giustificato. “Come reazione, 3 vescovi e una cinquantina di sacerdoti anglicani, oltre a centinaia di fedeli, chiedono di aderire alla Chiesa cattolica, ciò che si concretizza nel 2011. È del luglio 2014 il ‘sì’ definitivo alle donne-vescovo da parte del Sinodo della Chiesa d’Inghilterra (confermato dai due rami del Parlamento britannico). Da anni poi nella Chiesa anglicana si discute dell’ordinazione di preti e vescovi omosessuali e della benedizione di coppie dello stesso sesso. Nel gennaio 2013 si annuncia la disponibilità a consacrare vescovi anche preti omosessuali. In un discorso del luglio seguente a York l’ arcivescovo anglicano di Canterbury, Justin Welby, evidenzia poi che “sarebbe assurdo e impossibile” ignorare i cambiamenti nella società. Perciò “bisogna aprirsi agli omosessuali”. Ciò non significa automaticamente essere favorevoli ai cosiddetti “matrimoni gay” (Welby si è sempre dichiarato piuttosto contrario) e tuttavia è doveroso che anche nelle cinquemila scuole cattoliche del Regno si introducano programmi “contro l’omofobia”. Nel novembre 2013 la Chiesa d’Inghilterra permette la benedizione di coppie omosessuali in chiesa. Intanto la partecipazione al culto domenicale è scesa negli ultimi vent’anni da 1,2 milioni di fedeli a 800 mila, meno dei cattolici che abitualmente assistono alla santa messa”.