L’oro di cui Israele spogliò l’Egitto è figura della filosofia che i cristiani studiano per poter poi interpretare le Sacre Scritture. La lettera di Origene a Gregorio il Taumaturgo
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N.B. de Gli scritti (6/4/2014)
La lettera di Origene a Gregorio il Taumaturgo viene datata al 240 d.C.
Gregorio, insieme al fratello Atenodoro, aveva conosciuto Origene a Cesarea Marittima, dove il grande teologo aveva aperto la sua scuola, una volta allontanato da Alessandria d’Egitto.
Gregorio, conquistato da Origene, studiò alla sua scuola per ben cinque anni ed venne da lui battezzato. Diverrà poi vescovo di Neocesarea nel Ponto, all’età di trent’anni circa, acquistando grande fama di santità. La sua predicazione divenne famosissima e si arrivò ad affermare che alla sua morte vi erano in città ormai solo 17 pagani, mentre al suo arrivo vi erano solo 17 cristiani. Venne sepolto verso il 270 nella stessa chiesa che come vescovo aveva fatto edificare.
Nella lettera a Gregorio Origene interpreta in chiave allegorica la spoliazione degli egiziani, raccontata nell’Esodo (Es 12,35-36; cfr. Es 3,21-22 e 11,2). Nell’oro che gli egiziani regalarono al popolo ebraico al momento della fuga dall’Egitto, Origene vede la filosofia e le scienze ausiliarie della filosofia che il cristiano può volgere al servizio di Dio e all’interpretazione della Sacra Scrittura. La memoria del vitello d’oro gli ricorda che di queste scienze “pagane” è possibile fare anche cattivo uso, se il credente si dedica unicamente alla filosofia dimenticando la teologia. Per approfondimenti, cfr. Gregorio il Taumaturgo, Discorso a Origene, Città Nuova, Roma, 1983, con traduzione a cura di E. Marotta: il volume, dal quale riprendiamo la traduzione, contiene anche la Lettera di Origene a Gregorio il Taumaturgo. Noi restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito della Lettera di Origene nella presente traduzione non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. (Gli scritti 6/4/2014)
La lettera di Origene a Gregorio il Taumaturgo
Scavi di Cesarea Marittima
Salute a te in Dio, o Gregorio, mio eccellente signore e figlio assai venerando.
1. Una buona intelligenza cui si accoppi l'esercizio è in grado, come tu sai, di attendere con successo a fatiche che, quanto è possibile, le permettano di realizzare, per così dire, il fine ultimo dell'attività che uno si è proposto di praticare. Il naturale ingegno può, dunque, fare di te un perfetto giurista e un filosofo greco di una delle scuole più celebri. Era, però, mio desiderio che tu usassi le risorse del talento, avendo come unica meta il cristianesimo. Mi auguravo che a realizzare questo fine tu ricavassi dalla filosofia ellenica gli insegnamenti validi a dare una cultura di base, una formazione che fosse di propedeutica al cristianesimo e così anche che attingessi alla geometria e all'astronomia gli ammaestramenti utili all'interpretazione dei sacri testi. Ciò, affinché quello che gli alunni dei filosofi affermano a proposito della geometria, della musica, della grammatica, della retorica, dell'astronomia, che sono, cioè, scienze ausiliarie della filosofia, questo ci fosse consentito dire della filosofia medesima rispetto alla dottrina cristiana.
2. Concetto analogo, se non sbaglio, è espresso nell'Esodo per bocca di Dio stesso. Egli fa dire ai figli d'Israele di chiedere ai vicini e ai compagni di tenda oggetti d'argento e d'oro e vesti, affinché spogliandone gli Egiziani disponessero del materiale adatto ad apprestare gli arredi indispensabili al culto divino. Con il bottino, infatti, che i figli d'Israele razziarono a quel popolo sono stati fabbricati tutti gli oggetti del Santo dei Santi: l'arca con il coperchio, i cherubini, il propiziatorio, il vaso d'oro in cui era la manna, il pane degli angeli, arredi, s'intende, eseguiti con l'oro degli Egiziani, il più raffinato. Con quello, invece, per così dire, di qualità inferiore sono stati apprestati, in prossimità del velo interno, il candelabro massiccio e le lampade che lo sormontano, l'aurea mensa su cui erano i pani della propiziazione, e, tra la mensa e il candelabro, l'altare dell'olocausto, anch'esso d'oro. Con il metallo medesimo, di terza, però, e quarta qualità, erano fatti i vasi sacri; altri utensili, ancora, con l'argento. I figli d'Israele, infatti, abitando in Egitto, hanno ricavato da questo soggiorno il vantaggio di avere a disposizione grande abbondanza di materiale prezioso per confezionare gli oggetti occorrenti al culto di Dio. Con le vesti degli Egiziani sono stati eseguiti gli addobbi per i quali fu necessario, come si esprime la Scrittura, un lavoro di cucitura, l'opera, cioè, di sarti, che, in virtù della saggezza loro ispirata da Dio, congiungessero le stoffe le une alle altre, per farne veli e cortine all'interno e all'esterno del Santo dei Santi.
3. Ma quale il fine di questa inopportuna digressione volta a dimostrare i vantaggi che i figli di Israele ricavarono dagli oggetti tolti agli Egiziani, da quel materiale che costoro non seppero usare debitamente e gli Ebrei, invece, in forza della saggezza ispirata loro da Dio, adibirono al culto del Signore? La Sacra Scrittura non ignora certo che per alcuni si è risolto in danno il trasmigrare dalla terra dei figli d'Israele in Egitto: velatamente ci fa intendere che è sventura il coabitare con gli Egiziani, il vivere, cioè, nel mezzo delle scienze profane dopo essere stati allevati nella legge del Signore e nel culto a lui tributato dagli Ebrei. Ader l'Idumeo, ad esempio, finché visse nella terra d'Israele senza gustare il sapore del pane egiziano, non fabbricava idoli. Quando, però, venne in Egitto fuggendo lontano dal saggio Salomone, quasi che aborrisse la sapienza di Dio, divenne affine del faraone, sposandone la sorella della moglie e generando un figlio che fu allevato con quelli del monarca. Se, poi, ritornò nella terra d'Israele, fu unicamente per operare uno scisma in seno al popolo di Dio e per fare sì che gli Ebrei dicessero a proposito del vitello d'oro: Questi sono, o Israele, i tuoi dèi che li hanno fatto uscire dalla terra d'Egitto. Ed io, avendolo imparato con l'esperienza, posso dirti che raramente è dato trovare persona che, dopo avere preso dall'Egitto ciò che è utile, abbandonato, poi, questo paese, abbia fabbricato gli arredi indispensabili alla religione. Numerosi, invece, sono i fratelli di Ader: coloro che movendo da una certa perizia delle dottrine greche generarono opinioni eretiche e fabbricarono, per cosi dire, vitelli d'oro in Betel, parola questa che vale casa di Dio. A me sembra, pertanto, che il Verbo voglia significare che essi aggiunsero invenzioni proprie alle Scritture nelle quali abita la parola del Signore e che figuratamente sono dette «Betel». Secondo il Verbo un altro idolo fu collocato a Dan, città agli estremi confini, come risulta da quanto è scritto nel libro di Gesù Nave. Pertanto, alcune delle invenzioni che i fratelli di Ader, come abbiamo detto, architettarono, confinano con le eresie dei pagani.
4. Tu, dunque, mio signore e figlio, attendi sopra ogni cosa alla lettura dei sacri testi, e con estrema cura. Quando, infatti, leggiamo i divini libri è necessario che ci applichiamo intensamente ad evitare di esprimerci con avventatezza e di concepire pensieri temerari nei loro riguardi. Nel dedicarti, poi, alla lettura dei sacri testi con fede e disposizione d'animo gradite al Signore, bussa a quanto in essi è racchiuso e ti aprirà il portiere di cui Gesù ha detto: A questi apre il guardiano. Ancora, applicandoti alla divina lettura indaga con rettitudine e fede incrollabile nel Signore il senso delle celesti Scritture nascosto ai più. Ma non ti basti di bussare, cercare. Per comprendere le cose sacre è indispensabile soprattutto la preghiera. Ad essa, appunto, esortandoci, il Salvatore non dice soltanto: Bussate e vi sarà aperto, cercate e troverete, ma anche domandate e vi sarà dato.
Tanto ho osato per il paterno affetto che ho per te. Se la mia audacia sia giustificabile o meno, lo sa Dio e così Cristo, suo Figlio, e chi è partecipe dello Spirito di Dio e dello Spirito di Cristo. Possa tu anche esserne partecipe, e sempre più, affinché ti sia consentito dire non soltanto: «Siamo diventati partecipi di Cristo», ma anche: «Siamo diventati partecipi di Dio».