Parla il portavoce dell’arcivescovo Bergoglio. «C’è il festeggiato?». Un’intervista su papa Francesco a Guillermo Marcó
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Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 18/3/2014 un’intervista su papa Francesco a Guillermo Marcó. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (23/3/2014)
(Angel Sastre) Guillermo Marcó è stato per otto anni il portavoce e il braccio destro di Jorge Mario Bergoglio, quando quest’ultimo era arcivescovo della diocesi di Buenos Aires. L’attuale direttore della pastorale universitaria dell’arcivescovado della capitale argentina ha ben chiaro che la traversata intrapresa da Papa Francesco in Vaticano segue la direzione fissata in Argentina.
Quando è stata l’ultima volta che ha visto Papa Francesco?
Ci ha ricevuti lo scorso 27 febbraio. Poi, nella residenza di Santa Marta, siamo stati da soli per un’ora; eravamo appena ritornati da un viaggio per preparare il suo viaggio in Terra Santa. Eravamo una delegazione di 45 persone, composta da 15 ebrei, 15 musulmani e 15 cattolici.
Abbiamo visitato gli stessi luoghi in cui si recherà lui: Betlemme, Gerusalemme e la Giordania. Abbiamo incontrato il presidente israeliano, Shimon Peres, e le autorità palestinesi. Già a Buenos Aires ci preoccupavamo di conoscere gente di altre religioni. Per questo ci riunivamo con personalità del centro islamico, ma anche con la delegazione delle associazioni israelitiche argentine. L’obiettivo di Bergoglio era quello di realizzare azioni congiunte, e non tanto discutere di teologia. Papa Francesco sa bene che le relazioni s’impantanano se si discute di politica o di teologia, e avanzano se si parla dal cuore. Sarà questa la sua premessa per il viaggio in Terra Santa.
Ci racconti qualcosa del suo incontro personale con lui.
È felice. Non riesce a credere a quanto sta facendo. È vero che è sorpreso dalle ripercussioni che ha ogni sua azione, per quanto comune, come per esempio salire sull’aereo con una ventiquattrore, cose che vengono poi riportate in tutto il mondo. E, anche se non lo dice, so che ha nostalgia della libertà e vorrebbe parlare di più con sua sorella; in fin dei conti lui continua a essere la stessa persona. Quando esci, lui ti aspetta sulla porta; cerca una borsa per darmi le cose, mi accompagna. È prima di tutto una persona affettuosa. La differenza è che prima camminavo tranquillamente fino a San Pietro per vederlo e ora devo passare tre controlli di polizia per arrivare da lui.
Com’è la giornata di Papa Francesco?
Si sveglia alle quattro e mezza del mattino, si prepara, prega fino alle sette a Santa Marta e poi celebra la messa. Quindi fa colazione e riceve in udienza nel Palazzo Apostolico fino a mezzogiorno. Il pomeriggio lo passa a Santa Marta, fino alle nove, quando va a dormire. Santa Marta è una residenza costruita originariamente perché i cardinali potessero stare comodi durante il conclave. Francesco vive lì con i suoi segretari. Nella sua stanza ci sono uno studio e un bagno. Non usa il computer, ma solo una macchina da scrivere. Commenta scherzosamente che gli argentini gli hanno fatto una specie di corralito [accerchiamento] perché non smettono di chiedergli udienza. Mi risulta che in Vaticano sono sorpresi dalla sua capacità di lavoro. Ricordo una frase che mi ha detto prima che andassi via: «Non ho mai perso la pace».
Quest’anno quali cambiamenti si susseguiranno? Quale crede che sarà la priorità del Santo Padre?
Sta insistendo molto sul tema della misericordia, che in effetti è nel suo stemma episcopale. Non intende cambiare la dottrina, è un uomo conservatore, ma cambierà i modi di avvicinarsi a un problema. La condanna di per sé non serve, bisogna avvicinarsi alla gente senza essere troppo rigidi né permissivi.
Le ha rivelato di aver percepito una certa reticenza da parte di alcuni settori verso i cambiamenti intrapresi?
Il Papa è il massimo potere all’interno della Chiesa, è una persona che ha autorità e sa come imporla. In effetti, ciò che sta facendo ora lo ha già fatto durante il suo passaggio nell’arcivescovado di Buenos Aires. Iniziative come il fare verifiche contabili attraverso compagnie straniere o il centralizzare l’economia. Per esempio, quando ha nominato i nuovi cardinali, ha detto loro di ricordarsi che non erano principi, ma servitori. Essere cardinale non è un privilegio, ma un impegno maggiore, con una maggiore responsabilità e lavoro. Io ero con lui quando lo hanno fatto cardinale. C’erano grandi delegazioni che giungevano con un grande seguito. E poi le feste, che erano maestose. Ma questo Papa sta segnando la fine della corte pontificia.
Mi hanno detto che Francesco le ha telefonato il giorno del suo compleanno.
Sì, Jorge Bergoglio mi chiamava ogni anno per il mio compleanno. E alle 11.30 dello scorso 29 gennaio è squillato il cellulare, ed è apparso un numero sconosciuto. Ho risposto e con la sua inconfondibile voce mi ha detto: «C’è il festeggiato?». Io sono rimasto sorpreso e gli ho detto: «Jorge!».