Eresie su Buonarroti, di Massimo Firpo (dalla rassegna stampa)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 27 /02 /2009 - 00:53 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal web un ironico articolo scritto per Il Sole-24 Ore del 22 febbraio 2009 da Massimo Firpo, a commento di un documentario su Michelangelo Buonarroti. Per una nostra presentazione della vicenda, in relazione al Mosè ed alla tomba di Giulio II, vedi su questo stesso sito Il Mosè di Michelangelo e la “tragedia della sepoltura”: la tomba di Giulio II e le sue vicende, dalla basilica di San Pietro in Vaticano a San Pietro in Vincoli, di Andrea Lonardo

Eresie su Buonarroti
di Massimo Firpo


Il documentario Michelangelo: una passione eretica (scritto da Vania del Borgo e diretto da Fabrizio Ruggirello, andato in onda recentemente su History channel) si apre con la morte dell'artista, il 18 febbraio 1564, con il suo studio perquisito «da agenti del Vaticano», che peraltro non vi trovano nulla poiché il grande artista ha dato alle fiamme i suoi disegni «e soprattutto le lettere».

È solo il primo dei misteri, degli enigmi tra i quali si addentra il restauratore Antonio Forcellino che, muovendo dalla tomba di Giulio II, «svela un oscuro capitolo della vita di Michelangelo», che egli stesso e la Chiesa avrebbero cercato di celare «per quasi cinque secoli». «Chi ha voluto occultare il significato delle sculture di Michelangelo? quando? e perché?»; «che cosa voleva nascondere il vecchio maestro? Quale pericolo correva?».

Ormai inchiodato sul divano con il fiato sospeso, bramoso di rivelazioni straordinarie, lo sprovveduto spettatore è poi chiamato ad accompagnare Forcellino nel suo «viaggio fra simboli segreti e tracce lasciate nel marmo». Ora affaccendato davanti a un enorme schermo di computer, ora intento a pedalare per Roma per andare a sfogliare antichi manoscritti, ora in viaggio per Mantova dove scartabellare tra documenti d'archivio, egli lo guida passo per passo alla scoperta di «qualcosa di molto inquietante», fino alla soluzione del giallo, vale a dire la clamorosa appartenenza di Michelangelo «a una confraternita segreta, condannata come eretica dall'Inquisizione ». Ne offrirebbero conferma i documenti di quest'ultima,che Forcellino rivela essere «conservati nel bunker dell'Archivio Segreto Vaticano», dove è tuttavia difficile che li abbia trovati dal momento che sono custoditi altrove.

Chiave di volta dell'indagine è «un certo Ercole Gonzaga, una figura oscura», che tanto oscura poi non era, visto che viene definito anche come «una delle personalità politiche e religiose più in vista del suo tempo», cardinale e di fatto principe di Mantova, in futuro legato papale al concilio di Trento, arcinoto a tutti gli studiosi del 500. Ma tanto basta a Forcellino per presentare un inverosimile porporato che si aggira furtivo di notte per i vicoli di Roma e partecipa alle riunioni clandestine dei cosiddetti spirituali, raccolti intorno al cardinal Reginald Pole e a Vittoria Colonna («donna pericolosissima», «morta in circostanze misteriose»), dei quali Michelangelo –senza che uno straccio di documento lo attesti –sarebbe stato «un punto di riferimento».

Pallido, smunto, ascetico il Gonzaga compare tra gli editori di libri eterodossi (pura invenzione), o rapito dalle omelie tenute in gran segreto da un giovane predicatore in abito benedettino, il celebre Bernardino Ochino, per la verità allora sessantenne e cappuccino. Con la Colonna e Michelangelo, il cardinal di Mantova avrebbe condiviso «una ricerca spirituale ispirata soprattutto dalle idee della Riforma protestante », già «considerate sovversive da una parte della Chiesa» quasi che la scomunica di Lutero non fosse stata pronunciata un quarto di secolo prima.

Fu dunque anzitutto contro il Buonarroti, spinto nel baratro dell'eresia dalla sua indignazione per «lo stile di vita lussurioso della corte papale», che «le frange ortodosse della Chiesa» (definizione a dir poco curiosa) entrarono in azione attraverso l'Inquisizione e il cardinal Gian Pietro Carafa, il futuro Paolo IV, «un uomo del Medioevo combatte un uomo moderno» (Pole). Proprio il Carafa sarebbe stato il primo a condannare il Giudizio sistino (il che non risulta) e a mettere all'Indice un libro apparso a stampa oltre quindici anni prima che l'Indice esistesse.

Insomma, per dirla francamente, ogni rapporto con la realtà è puramente casuale, sia nelle parole che commentano le immagini sia nelle immagini stesse, che mostrano per esempio inverosimili torture inquisitoriali (la garrota!). A ciò si aggiungano gli esiti talora involontariamente comici di un filmato a basso costo, con le stesse scene che ritornano più volte, il vecchio Michelangelo nei panni di un robusto e tarchiato quarantenne, costumi improbabili come le bianche lenzuola e le mozzette violacee di cui vestono i cardinali, gli improbabili berretti che recano in capo, la barbetta spelacchiata del Pole che un celebre ritratto all'Ermitage ci presenta con un imponente barbone, il sacro collegio che si aggira nel labirinto di siepi di un parco, non si sa bene a che fine.

Nel merito, poi, tutto quanto viene qui presentato come mistero, enigma, complotto è ben noto agli storici, anche se nei termini più problematici e sfumati che le fonti suggeriscono, e cioè senza affibbiare a Michelangelo l'etichetta di luterano e cercando invece di capire le complesse vicende di quegli anni decisivi nella storia della Chiesa.

Un documentario falsificante e brutto (e la seconda colpa forse è più grave della prima), del quale non metterebbe conto parlare se non inducesse a riflettere sulla delicata questione della divulgazione storica, troppo spesso disdegnata dagli addetti ai lavori e lasciata nelle mani di dilettanti che poco o nulla sanno di ciò che dovrebbero spiegare, e talora – come in questo caso – in preda a una sindrome narcisistica che fa loro vendere come farina del proprio sacco solo l'arbitraria distorsione di ricerche altrui.

Tanto più che le storie vere sono spesso molto più interessanti di quelle finte, e non c'è bisogno di fantomatici «agenti del Vaticano» per rendere affascinante la questione degli orientamenti religiosi che trapelano dagli ultimi capolavori di Michelangelo, il Giudizio, la cappella Paolina, le Pietà della sua tormentata vecchiaia.