Il Papa: «Nella Chiesa ci siano porte aperte, non dei doganieri della fede», di Sergio Centofanti (Radio Vaticana)
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Riprendiamo sul nostro sito una sintesi di Sergio Centofanti dell'omelia tenuta da papa Francesco nella Cappella della Casa Santa Marta il 25/5/2013. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (30/6/2013)
Quanti si avvicinano alla Chiesa trovino le porte aperte e non dei controllori della fede: è quanto ha affermato il Papa stamani durante la Messa a Santa Marta. Ha concelebrato il cardinale Agostino Cacciavillan, presidente emerito dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Era presente un gruppo di sacerdoti.
Il Vangelo del giorno ci parla di Gesù che rimprovera i discepoli che vogliono allontanare i bambini che la gente porta al Signore perché li benedica. “Gesù li abbraccia, li baciava, li toccava, tutti. Ma si stancava tanto Gesù e i discepoli” volevano impedirlo. E Gesù s’indigna: “Gesù si arrabbiava, alcune volte”. E dice: “Lasciate che vengano a me, non glielo impedite. A chi è come loro, infatti, appartiene il Regno di Dio”. “La fede del Popolo di Dio – osserva il Papa - è una fede semplice, è una fede forse senza tanta teologia, ma con una teologia dentro che non sbaglia, perché c’è lo Spirito dietro”.
Il Papa cita il Concilio Vaticano I e il Vaticano II, laddove si dice che “il popolo santo di Dio … non può sbagliarsi nel credere” (Lumen Gentium). E per spiegare questa formulazione teologica aggiunge: “Se tu vuoi sapere chi è Maria vai dal teologo e ti spiegherà bene chi è Maria. Ma se tu vuoi sapere come si ama Maria vai dal Popolo di Dio che lo insegnerà meglio”. Il popolo di Dio – prosegue il Papa – “sempre si avvicina per chiedere qualcosa a Gesù: alcune volte è un po’ insistente in questo. Ma è l’insistenza di chi crede”.
“Ricordo una volta, uscendo nella città di Salta, la Festa patronale, c’era una signora umile che chiedeva a un prete la benedizione. Il sacerdote le diceva: ‘Bene, ma signora lei è stata alla Messa!’ e le ha spiegato tutta la teologia della benedizione nella Messa. Lo ha fatto bene ... ‘Ah, grazie padre; sì padre’, diceva la signora. Quando il prete se ne è andato, la signora si rivolge ad un altro prete: ‘Mi dia la benedizione!’. E tutte queste parole non sono entrate, perché lei aveva un’altra necessità: la necessità di essere toccata dal Signore. Quella è la fede che troviamo sempre e questa fede la suscita lo Spirito Santo. Noi dobbiamo facilitarla, farla crescere, aiutarla a crescere”.
Il Papa cita poi l’episodio del cieco di Gerico, rimproverato dai discepoli perché gridava verso il Signore: “Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!”:
“Il Vangelo dice che volevano che non gridasse, volevano che non gridasse e lui gridava di più, perché? Perché aveva fede in Gesù! Lo Spirito Santo aveva messo la fede nel suo cuore. E loro dicevano: ‘No, non si può! Al Signore non si grida. Il protocollo non lo permette. È la seconda Persona della Trinità! Guarda cosa fai…’ come se dicessero quello, no?”.
E pensa all’atteggiamento di tanti cristiani:
“Pensiamo ai cristiani buoni, con buona volontà; pensiamo al segretario della parrocchia, una segretaria della parrocchia… ‘Buonasera, buongiorno, noi due – fidanzato e fidanzata – vogliamo sposarci’. E invece di dire: ‘Ma che bello!’. Dicono: ‘Ah, benissimo, accomodatevi. Se voi volete la Messa, costa tanto…’. Questi, invece di ricevere una accoglienza buona – ‘È cosa buona sposarsi!’ – ricevono questo: ‘Avete il certificato di Battesimo, tutto a posto…’. E trovano una porta chiusa. Quando questo cristiano e questa cristiana ha la possibilità di aprire una porta, ringraziando Dio per questo fatto di un nuovo matrimonio… Siamo tante volte controllori della fede, invece di diventare facilitatori della fede della gente”.
È una tentazione che c’è da sempre – spiega il Papa – che è quella “di impadronirci, di appropriarci un po’ del Signore”. E racconta un altro episodio:
“Pensate a una ragazza madre, che va in chiesa, in parrocchia e al segretario: ‘Voglio battezzare il bambino’. E poi questo cristiano, questa cristiana le dice: ‘No, tu non puoi perché non sei sposata!’. Ma guardi, che questa ragazza che ha avuto il coraggio di portare avanti la sua gravidanza e non rinviare suo figlio al mittente, cosa trova? Una porta chiusa! Questo non è un buon zelo! Allontana dal Signore! Non apre le porte! E così quando noi siamo su questa strada, in questo atteggiamento, noi non facciamo bene alle persone, alla gente, al Popolo di Dio. Ma Gesù ha istituito sette Sacramenti e noi con questo atteggiamento istituiamo l’ottavo: il sacramento della dogana pastorale!”.
“Gesù si indigna quando vede queste cose” – sottolinea il Papa - perché chi soffre è “il suo popolo fedele, la gente che Lui ama tanto”:
“Pensiamo oggi a Gesù, che sempre vuole che tutti ci avviciniamo a Lui; pensiamo al Santo Popolo di Dio, un popolo semplice, che vuole avvicinarsi a Gesù; e pensiamo a tanti cristiani di buona volontà che sbagliano e che invece di aprire una porta la chiudono … E chiediamo al Signore che tutti quelli che si avvicinano alla Chiesa trovino le porte aperte, trovino le porte aperte, aperte per incontrare questo amore di Gesù. Chiediamo questa grazia”.