I figli: perché sono così pochi e arrivano tanto tardi?, di Giuseppe Angelini
Riprendiamo dal sito del VII Incontro mondiale delle famiglie - che si svolgerà a Milano sul tema «La famiglia: il lavoro e la festa» tra il 30 maggio e il 3 giugno 2012 - la V riflessione scritte dal teologo Giuseppe Angelini in preparazione all'incontro il 26/3/2012. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Vedi le precedenti riflessioni di Giuseppe Angelini al link 1/ La famiglia affettiva. E sola. 2/ Onora il padre e la madre: il principio dell'ordine morale, di Giuseppe Angelini, 4/ Che mangeremo, di che ci vestiremo? La famiglia, luogo delle cure pagane.
Il Centro culturale Gli scritti (29/3/2012)
Uno degli indici più inquietanti della condizione di angustia della famiglia contemporanea è la scarsità dei figli. Le conseguenze negative della denatalità più spesso denunciate sono note: la popolazione invecchia, mancano i giovani per il ricambio, cresce il carico delle pensioni sulla generazione attiva, e simili. Meno considerata e più grave è un’altra conseguenza: la rarefazione dei bambini deprime la speranza complessiva della vita comune.
Nella vita della coppia singola è facile verificare come la nascita di un figlio propizi un rinnovamento profondo e bello; nel rapporto con il piccolo i genitori riscoprono il mondo; vedono riaccendersi i significati elementari della vita; essi erano noti da sempre, certo, ma parevano ormai spenti; la meraviglia e l’attesa del piccolo li riaccendono.
La religione stessa, mai ripudiata, rimaneva tuttavia in stand by; la nascita del figlio le restituisce rilievo e addirittura attrattiva. L’interesse che il piccolo mostra per gli angeli e per il nonno in cielo hanno l’effetto di restituire attualità a Dio stesso. Anche la Messa domenicale, quando sia celebrata con i piccoli e per i piccoli, appare più persuasiva per gli stessi adulti. La rarefazione dei bambini, anzi la loro sostanziale assenza, induce un difetto di fervore e di speranza anche nella vita sociale complessiva. Ma la cosa tuttavia non è rilevata.
Perché i bambini nascono in numero così scarso? Le risposte più frequenti sono poco convincenti: il figlio costa molto, ci sono pochi servizi a supporto della maternità, manca spesso l’aiuto delle famiglie di provenienza. Tutto vero, ma non sono queste le ragioni più vere della denatalità.
La ragione prima, più visibile, è questa: le scelte che non scadono si rimandano. Ora la scelta di generare è una di quelle che non scade; per questo è sempre da capo rimandata. La pressione di scadenze più urgenti, della vita professionale in specie, è vincente.
Nascosta dietro questa prima ragione c’è un’altra: manca nella coppia un forte desiderio di figli. Essi sono una benedizione certo; così si vede nell’esperienza effettiva della coppia singola. Il regime appartato della famiglia tuttavia fa mancare quest’evidenza alle altre coppie intorno. Si aggiunge poi, come deterrente, il pensiero del domani; i bambini piccoli appena si vedono nelle strade della città; molto invece si vedono le bande degli adolescenti, e un po’ spaventano.
Il proposito di fare un figlio rimane, certo, ma sullo sfondo. “Prima o poi lo faremo”, dicono gli sposi, e di solito è poi, molto poi. La scelta di cercare il figlio si produce in età tarda, e già solo per questo è accompagnata da impazienza. La circostanza concorre a rendere meno probabile la gravidanza. L’impazienza non dipende soltanto dall’età e dalla paura che scada il tempo propizio; dipende anche dal fatto che la decisione di fare un figlio assume la fisionomia di una sorta di programma. Come nel caso di tutti gli altri programmi, anche in questo caso l’uomo e la donna vorrebbero avere il controllo dei tempi.
Ma la generazione di un figlio non è un programma. Che altro è? Come tratteggiarne la fisonomia spirituale? La decisione di generare, per essere responsabile, deve assumer la forma di un voto. Un tempo il gesto di generare assumeva una tale fisionomia grazie alla visione religiosa complessiva della vita, senza necessità di prenderne consapevolezza riflessa. Oggi, nella società secolare, la fisionomia religiosa del gesto appare decisamente meno scontata.
Ad essa occorre dunque che gli sposi e rispettivamente il ministero della Chiesa dedichino un’attenzione esplicita. Che vuol dire fare del desiderio di un figlio un voto? Come promuovere la formazione della coscienza degli sposi in tal senso? Dovremo tornare sul tema.