Il tempio e la statua che provocarono la composizione dell’Apocalisse
del prof.Giancarlo Biguzzi

Presentiamo on-line un testo del prof.Giancarlo Biguzzi, docente di Nuovo Testamento presso la Pontificia Università Urbaniana, già apparso sulla rivista Eteria, appartenente ad una serie di articoli che avevano lo scopo di introdurre, come in agili reportage giornalistici, ad una prima conoscenza dei luoghi e delle figure del Nuovo Testamento. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di rendere più facile la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (29/6/2007)


Ogni turista sa che, viaggiando, si può andare in cerca di bellezze della natura o dell’arte, oppure di qualcosa che bello non è, ma è ‘storico’. La tomba di Dante a Ravenna per esempio, o il Santo Sepolcro a Gerusalemme si visitano non per la gioia dell’occhio, bensì dello spirito.

Qualcosa del genere si può dire dei ruderi di un tempio e dei resti di una statua che si trovano a Efeso e che sono importanti per avere provocato Giovanni di Patmos a scrivere la sua apocalisse.

Apoc 13 narra la visione della bestia che emerge dal mare (vv. 1-10) e poi quella della bestia che invece emerge dalla terra (vv. 11-18), la quale organizza un vero e proprio culto della prima bestia. Leggiamo: “... Operava grandi prodigi, fino a far scendere fuoco sulla terra davanti agli uomini. Per mezzo di questi prodigi che le era permesso di compiere in presenza della (prima) bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo di erigere una statua alla bestia ecc. Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia” (Apoc 13,13-15).

Dal momento che Giovanni dice di avere visto le sue visioni a Patmos (Apoc 1,9), dove era al soggiorno obbligato, il mare da cui sorge la prima bestia è evidentemente il Mediterraneo, quello che i Romani chiamavano “mare nostrum”, mentre la terra altro non può essere che l’Asia Minore, l’attuale Turchia, là dove si trovavano le sette città alle quali l’Apocalisse è diretta. Per questo e per altri motivi la grande maggioranza dei commentatori ritiene che la prima bestia sia l’imperatore romano, adorato come dio soprattutto in Asia Minore, e che la seconda bestia sia l’organismo politico-religioso incaricato di promuovere le varie manifestazioni di quel culto.

La documentazione storica circa un tale ‘ministero del culto imperiale’ è abbondante: si denominava “il comune di Asia”, teneva sedute annuali, era composto dai rappresentanti delle varie città della provincia, ed era competente circa feste, giochi, processioni, e costruzione di nuovi edifici per il culto del sovrano.

Siamo così arrivati al punto. Infatti, il terzo tempio imperiale della provincia romana di Asia fu edificato a Efeso, dopo che il primo era stato edificato a Pergamo nel 29 a.C. e il secondo a Smirne, 50 anni dopo. Ebbene, di quel tempio efesino sono stati portati alla luce dagli archeologi la grande piattaforma su cui sorgeva, l’altare che era collocato di fronte alla scalinata di accesso, e infine la statua, o una delle statue cultuali.

La visita dei turisti all’antica Efeso di solito comincia da quello che era il cuore politico della città (agorà superiore, buleutèrion, pritanèo): subito dopo ci si incammina per la via dagli archeologi denominata “dei Cureti”, e ben presto, scendendo, sulla sinistra ci si troverà la cosiddetta piazza di Domiziano e, là in fondo oltre la piazza, possenti arconi a volta. Sono le sostruzioni che sostenevano la piattaforma artificiale di m. 50x100 su cui si elevava il tempio, un pseudo-diptero di stile corinzio, con 8 colonne sulla facciata e 13 sui lati.

I sotterranei ad arconi e volte, adibiti a botteghe, erano nascosti da una elegantissima facciata a tre ordini sovrapposti di colonne e statue, della quale danno una pallida idea alcune colonne che, per venire incontro alla fantasia di noi visitatori, gli archeologi hanno rialzato. Tutto il complesso aveva alle spalle la linea dolce del monte Coresso, oggi monte Bülbül.

Tredici iscrizioni dedicatorie che sono giunte fino a noi consentono di collocare l’anno di inaugurazione del tempio intorno all’anno 90 d.C., e cioè sotto l’imperatore Domiziano, il quale dedicò il tempio al padre Vespasiano e al fratello Tito oltre che a se stesso. In altre parole il tempio era consacrato al culto degli imperatori della famiglia flavia, la stessa che a Roma pochi anni prima aveva eretto il Colosseo, o anfiteatro flavio.

Finita la visita alle imponenti rovine della Efeso antica, di solito si fa visita al museo di Selçuk, - come si chiama il villaggio turco che sorge a qualche distanza dalla zona archeologica. In quel museo c’è una statua i cui resti sono venuti alla luce a due riprese, nel 1930 e nel 1969-70. Era una statua colossale, che misurava 7 metri di altezza e rappresentava probabilmente non lo stesso Domiziano, come spesso si trova scritto, ma suo fratello, l’imperatore Tito. La statua era parte in marmo (la testa, le braccia, le gambe: praticamente le parti conservate ed esposte al museo) e parte in legno. Il fatto che il torso dell’imperatore fosse in legno dice che la statua non era fatta per stare esposta alle intemperie, e che, quindi, ospitata all’interno del tempio, era la statua o una delle statue fatte oggetto di culto da parte degli efesini e degli abitanti della regione.

Se il tempio efesino, il suo altare e la sua statua furono inaugurati nel 90 d.C., e se l’Apocalisse fu scritta, come sembra, nel 96 d.C., allora è legittimo, oltre che suggestivo, fare visita a Efeso e sentirsi davanti a quel tempio e a quella statua contro cui tutta l’Apocalisse sembra concepita e scritta.

Forse Giovanni di Patmos ha visto i lavori di costruzione del tempio, o forse ha soltanto assistito o sentito parlare, esterrefatto!, di qualche festa o rito cittadino in onore del ‘divino’ Domiziano. Senza per nulla farsi intimorire dall’uomo più potente della terra che tutti riverivano, lo ha definito “la Bestia”, e contro di lui ha scritto uno dei libri più aggressivi e nello stesso tempo più fantasmagorici di tutta la letteratura mondiale.

Con esso Giovanni ha detto alle sette chiese, cui ha diretto il suo libro, quello che Gesù aveva già detto a farisei ed Erodiani sulla spianata del tempio di Gerusalemme: che al Cesare bisogna dare quello che è del Cesare, e solo a Dio quello che è di Dio.


Testi dello stesso autore presenti sul nostro stesso sito www.gliscritti.it

Per ulteriori approfondimenti sull’Apocalisse di Giovanni, è possibile consultare, nella sezione Approfondimenti di www.gliscritti.it , i seguenti testi:

Inoltre, nella sezione I luoghi della Bibbia, le meditazioni a Patmos (ed in Turchia)


Per altri articoli e studi del prof.Giancarlo Biguzzi o sul libro dell'Apocalisse presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici


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