«La verità, non ebraica né greca né latina né barbara». Sant’Agostino e la comprensione della Sacra Scrittura. Dal testo alla verità, di Andrea Lonardo
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Su Sant’Agostino, così come sui luoghi agostiniani di Roma, cfr. su questo stesso sito, Sant’Agostino ed il desiderio, di Andrea Lonardo, La basilica di Sant'Aurea ad Ostia antica e gli scavi della città: Sant’Agostino, la catechesi, la morte di Monica, il peccato e la grazia, e Proba, la vedova che viveva al Pincio: a 1600 anni dalla Lettera a Proba di Agostino d’Ippona, di Andrea Lonardo.
Il centro culturale Gli scritti (27/2/2011)
«La verità, non ebraica, né greca, né latina, né barbara». Con queste parole Agostino spiega che il suo interesse per la Scrittura non è puramente letterario. Egli vuole giungere – in questo caso si tratta della comprensione della creazione, se la materia sia opera di Dio e se Dio sia materiale o spirituale – alla verità. Agostino vuole giungere non solo al significato del testo, ma ad una comprensione vera del reale tramite il testo.
In questo senso se la Bibbia è greca o ebraica, non lo è però la verità. Alla verità bisogna giungere. Tutto questo spiega Agostino nel Libro XI delle Confessioni. Come in una preghiera si rivolge a Dio, somma verità, dicendo:
«Fammi udire e capire come in principio creasti il cielo e la terra. Così scrisse Mosè, così scrisse, per poi andarsene, per passare da questo mondo, da te a te. Ora non mi sta innanzi. Se così fosse, lo tratterrei, lo pregherei, lo scongiurerei nel tuo nome di spiegarmi queste parole, presterei le orecchie del mio corpo ai suoni sgorganti dalla sua bocca. Se parlasse in ebraico, invano busserebbe ai miei sensi e nulla di lì giungerebbe alla mia mente. Se invece in latino, saprei che dice; ma come saprei se dice il vero? E anche se lo sapessi, da lui lo saprei? Dentro di me piuttosto, nell'intima dimora del pensiero la verità, non ebraica né greca né latina né barbara, mi direbbe, senza strumenti di bocca e di lingua, senza suono di sillabe: "Dice il vero". E io subito direi sicuro, fiduciosamente a quel tuo uomo: "Dici il vero". Invece non lo posso interrogare; quindi mi rivolgo a te, Verità, Dio mio, da cui era pervaso quando disse cose vere; mi rivolgo a te: perdona i miei peccati. E tu, che concedesti al tuo servo di enunciare queste verità, concedi anche a me di capirle» (Confessioni XI,3.5).
L’esigenza intima di verità deriva ad Agostino non solo dalla propria insaziabile sete di conoscenza, ma anche dalla necessità di istruire gli altri, di illuminarli nella verità:
«La tua misericordia esaudisca il mio desiderio, che non arde per me solo, ma vuole anche servire alla mia carità per i fratelli. […] Siano le tue Scritture le mie caste delizie; ch'io non m'inganni su di esse, né inganni gli altri con esse. [...] Ecco, la tua voce è la mia gioia, la tua voce una voluttà superiore a tutte le altre. Dammi ciò che amo. Perché io amo, e tu mi hai dato di amare» (Confessioni XI,2.3).
Certo la Scrittura è così ricca che non può essere ridotta per Agostino ad una sola sua interpretazione, poiché nessuna mente umana può comprenderne interamente il mistero. Non solo è legittima, allora, ma anzi è tipico di un corretto approccio alla Scrittura la scoperta di una pluralità di letture possibili:
«Mirabile profondità delle tue rivelazioni! Ecco, davanti a noi sta la loro superficie sorridente ai piccoli; ma ne è mirabile la profondità, Dio mio, mirabile la profondità» (Confessioni XII,14.17).
E ancora:
«Così la narrazione del tuo dispensatore [Mosè come autore della Genesi], cui avrebbero attinto molti futuri predicatori, riversa con modesta vena di parole fiumi di limpida verità. Di là ognuno, per quanto può in questo campo, deriva una sua propria e diversa verità, che poi estende in più lunghi meandri di parole» (Confessioni XII,27.37).
Nondimeno, alcune letture debbono essere escluse proprio perché contrarie al vero, come quelle dei “materialisti” che pensano Dio come essere di natura materiale, per quanto sottilissima:
«Il Dio nostro abbia pietà di noi, per volgerci all'uso legittimo della legge secondo il fine del precetto, la pura carità. Se perciò qualcuno mi domanda quale fu tra queste l'intenzione di Mosè, tuo grande servitore, non posso rispondere con le mie confessioni. Non te lo confesso, perché lo ignoro, pur sapendo che sono tutte opinioni vere, ad eccezione di quelle materialistiche, su cui ho parlato quanto ritenni necessario» (Confessioni XII,30.41).
Agostino riflette ancora sul fatto che nella Scrittura non è contenuta tutta la verità sulla creazione, poiché in Genesi si tace di realtà importanti e tuttavia vere, come ad esempio, della creazione degli angeli. Della loro creazione non si deve minimamente dubitare, sebbene non si dica niente di questo in Genesi 1 e 2:
«Quanto al silenzio della Scrittura sulla creazione della materia informe da parte di Dio, essa tace anche di molte altre, ad esempio dei Cherubini e Serafini, dei Troni, Dominazioni, Principati, Potestà, distintamente elencati dall'Apostolo, che pur sono senza dubbio tutte opere di Dio» (Confessioni XII,22.31).