Qasr 'Amra (Qusayr 'Amra) e Qasr al-Kharrana
La visita ai magnifici castelli del deserto ci pone sotto gli occhi i paesaggi attraversati da Paolo, subito dopo l'apparizione di Gesù risorto sulla via di Damasco. Il testo dice: "Mi recai in Arabia", ma, probabilmente, non riferisce alla penisola arabica, quanto al regno dei Nabatei, cioè al deserto che all'Arabia conduce, ad est degli altopiani giordani, al deserto di questi castelli.
Gal 1, 11-17
E' chiaro dunque fratelli che il Vangelo da me annunziato non è modellato sull'uomo. Infatti io non l'ho ricevuto nè l'ho imparato da uomo ma per rivelazione di Gesù Cristo. Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitasse fieramente la chiesa di Dio e la devastassi superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri. Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia e si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito senza consultare nessun uomo, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.
Questo ritirarsi in Arabia è stato da molti interpretato, a ragione, come il segno del bisogno di un periodo per ricomprendere, alla luce dell'incontro col Risorto, tutta la propria vita e la propria fede. L'uomo ha bisogno del tempo, della pazienza, per comprendere la rivelazione di Dio, che pure si è già totalmente donata.
Il testo di Galati ci riporta anche "alle ragioni della nostra speranza". La fede cristiana non è, come molti vorrebbero, irrazionale. La lettera ai Galati, di sicura paternità paolina, è scritta alla metà degli anni cinquanta e ci testimonia dei due incontri avuti da Paolo con la comunità degli apostoli a Gerusalemme. Paolo si reca da loro "per essere certo di non aver corso invano", per avere conferma che il suo vangelo è lo stesso che gli apostoli predicano e per due volte riceve il gesto della comunione. Ci troviamo dinanzi agli apostoli vivi - soprattutto si parla di Giacomo, il "fratello del Signore", di Cefa, Pietro ancora col nome aramaico, di Giovanni, "ritenuti le colonne".
Gal 1, 18-2, 10
In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. In ciò che vi scrivo io attesto davanti a Dio che non mentisco. Quindi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia. Ma ero sconosciuto personalmente alle Chiese della Giudea che sono in Cristo; soltanto avevano sentito dire: "Colui che una volta ci perseguitava, va ora annunziando la fede che un tempo voleva distruggere ". E glorificavano Dio a causa mia.
Dopo quattordici anni andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Barnaba, portando con me anche Tito: vi andai però in seguito ad una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani, ma lo esposi privatamente alle persone più ragguardevoli, per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso invano. Ora neppure Tito, che era con me, sebbene fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere. E questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi. Ad essi però non cedemmo, per riguardo, neppure un istante, perché la verità del vangelo continuasse a rimanere salda tra di voi.
Non è in discussione la certezza, la verità del Signore risorto. Dopo essere apparso ai Dodici, "ultimo fra tutti apparve anche a me, come a un aborto" (1 Cor 15, 8). Ciò che è in discussione è se sia necessario diventare ebrei per diventare cristiani. Paolo annunzia che, per chi non è ebreo per nascita, non ha senso farsi ebreo per diventare cristiano, ma che può accedere direttamente alla fede nel Signore Gesù. Questo non toglie niente a coloro che hanno ricevuto il dono dell'essere ebrei prima di diventare cristiani, ma relativizza tutto ciò, sottoponendolo alla realtà di Cristo, questa sì necessaria per tutti.
E' evidente in Paolo il cambiamento di tutto un modo di pensare che lo aveva fin lì contraddistinto.
Paolo ha capito l'amore di Gesù per i pagani, e che è anche per loro il vangelo. Ha relativizzato tutta la sua vita precedente, perché fosse chiaro non era più necessario che diventassero ebrei per essere cristiani. E' un cambio impressionante, un cambio radicale della sua vita.
E' sempre Dio che toglie qualcosa del modo in cui noi siamo abituati a credere, perché sia chiaro che noi solo sul suo Figlio fondiamo la nostra fede. Paolo è ebreo, ma vive questo cambiare improvvisamente vita, questo capire che lui resta ebreo, ma che la sua circoncisione non è più la cosa importante e che quindi non la deve annunziare agli altri, ma che tutti quelli che non dovranno più osservare la circoncisione, né sabato, né tutte quante le leggi alimentari, possono lo stesso arrivare a Gesù. E siccome c'è Gesù, tutto il resto, che era importante - e in qualche modo lo è ancora - però, da un altro punto di vista, non conta più niente. Ecco ancora la certezza di Paolo, che Dio può criticare i pagani, ora suo popolo, però poi dice: "Guai a chi ne parla male, perché è il popolo che io amo". San Paolo dice: "I pagani voi non li potete toccare perché Dio li ha amati ed io li amo". E vuole che sia sicuro che per i pagani - lui li ama talmente i pagani ed è talmente per loro l'evangelizzazione, perché ha capito che Dio ama loro e guai a chi glieli tocca, guai a chi gli da solo anche una micro legge in più, in modo da render loro più difficile arrivare al vangelo - non ci saranno ostacoli.
Non sopporta che ci sia qualcosa che renda difficile ai pagani arrivare al vangelo. Questi "falsi fratelli" di cui si parla nelle lettere paoline sono quelli che vogliono invece che i pagani, prima di arrivare a Gesù, debbono circoncidersi, osservare il sabato, osservare tutte le feste ebraiche. Tutto questo Paolo ha capito, sulla via per Damasco ed è venuto qui per meditarlo e approfondirlo, prima di cominciare ad annunziarlo.
Il testo continua in Gal 2, 6-10:
Da parte dunque delle persone più ragguardevoli - quali fossero allora non m'interessa, perché Dio non bada a persona alcuna - a me, da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più,. Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi - poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani - e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi. Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.
L'unico segno iniziale di comunione che viene chiesto dagli apostoli a Paolo, dopo che gli hanno confermato la comunione piena, con la quale appunto Paolo è libero di non chiedere l'adesione all'ebraismo dei pagani, ma solo la fede in Cristo, l'unica cosa che viene chiesta è che si ricordino dei poveri di Gerusalemme. Il grande segno di comunione sarà in tutte le chiese la grande colletta. Si darà del denaro perché la chiesa povera di Gerusalemme sia sostenuta nella sua povertà. E questa è l'unica cosa che viene chiesta.
Subito dopo la lettera ai Galati descrive l'incidente ad Antiochia, geograficamente più a nord di Damasco, dove Pietro ha paura di compromettersi, di mostrare che questo è veramente il vangelo di Dio. Finché Pietro è solo con Paolo, anche lui sta con i pagani, poi quando arrivano i falsi fratelli si rifiuta di cenare con i pagani, ma vuole farsi vedere in pubblico solo con la parte ebraico-cristiana della comunità. Così dice il testo:
Gal 2, 11
Mi oppose a Cefa apertamente perché evidentemente aveva torto.
Notate questa tensione fra l'apostolo e il capo degli apostoli, il primo papa. Paolo ama talmente i pagani, che si oppone addirittura a Cefa apertamente, dinanzi a tutti, perché Cefa aveva evidentemente torto ed aveva paura.
Leggiamo ancora un ultimo passo. Ci mostra il desiderio dell'annuncio che la Chiesa ha, il desiderio rivolto a chi non è credente, il desiderio di annunciare il vangelo, di rendere facile l'accesso, non banalizzandolo, ma capendo in che maniera il Signore apre la strada, amandolo veramente, cercando di capire in che maniera dargli l'essenziale. Paolo dice così in un passo della Lettera ai Romani al Cap. 9:
Vorrei infatti essere io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli.
e qui parla dei ebrei. Cioè sarei quasi disposto ad essere io stesso scomunicato, purché si salvino i miei fratelli. E' chiaramente un testo enfatico, ma è l'amore che qui Paolo testimonia anche per il primogenito di Dio, per Israele e l'ebraismo. Ancora in I Cor 9 troviamo:
Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: mi sono fatto Giudeo con i Giudei per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge. Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro.
Sono parole in libertà di colui che da Dio ha imparato l'amore per i figli primogeniti, Giudei, ed ha poi imparato l'amore per le genti, per i figli secondogeniti. San Paolo è passato per questo deserto, meditando l'opera del Signore Gesù e cercando di comprenderne le conseguenze per tutti i popoli.
La presenza del Signore Gesù gli ha fatto capire che tutto quello che per lui era stato un tesoro, non valeva più niente - o meglio era sempre molto prezioso ma rispetto al Signore Gesù stesso era niente. "Perché io potessi guadagnare Cristo, dovevo guadagnare tutti i pagani". Paolo ha vissuto questo cambiamento radicale.