Da Chagall a Majakovskij, gli artisti annientati dal regime che avevano esaltato. L'idillio con la Rivoluzione, un tragico equivoco, di Sergio Romano
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Riprendiamo dal Corriere della Sera del 3/4/2009 un articolo scritto da Sergio Romano. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti vedi su questo stesso sito la sezione Storia e fiolosofia; su Marc Chagall, Marc Chagall in À la Russie, aux ânes et aux autres, di François Lévy-Kuentz. Appunti di Andrea Lonardo, Chagall ha colto il legame col Paradiso. Non solo memoria per i nostri morti ma trasferimento d'amore, di Cristian Carrara e Decidersi (da Marc Chagall).
Il Centro culturale Gli scritti (3/9/2011)
Nella tragedia del popolo russo, come Orlando Figes ha intitolato il suo grande libro sulla rivoluzione fra il 1891 e il 1924, esiste un capitolo al tempo stesso tragico e paradossale. È quello sugli straordinari movimenti di avanguardia che fiorirono in Russia nei primi decenni del Novecento e fecero di quel Paese una ribollente fucina di innovazioni e sperimentazioni in tutte le arti, dalla letteratura alla poesia, dalla pittura alla scultura, dal teatro al cinema, dall' architettura alla musica.
Nello Stato dell' autocrazia, dei pogrom, della grande proprietà agraria, dell'analfabetismo diffuso e della indissolubile unione fra potere politico e potere religioso, gli scrittori e gli artisti godevano di una invidiabile libertà creativa e possedevano una sfrenata immaginazione. Erano rivoluzionari, naturalmente. Ritenevano di essere le pattuglie avanzate di una grande trasformazione politica e accolsero l' Ottobre rosso con grande entusiasmo divenendo immediatamente, ciascuno nel proprio campo, i corifei del potere bolscevico.
Da Andrej Belyi a Vladimir Majakovskij, da Nikolaj Gumilëv, marito di Anna Achmatova, a Maksim Gorkij, tutti gli scrittori dell' età d'argento, come fu definita la stagione letteraria russa agli inizi del Novecento, si misero al lavoro per dare al regime una politica culturale.
I grandi registi teatrali e cinematografici, da Konstantin Stanislavskij a Vsevolod Mejerchol'd, da Sergej Ejzenstejn a Vsevolod Pudovkin crearono spettacoli rivoluzionari. I pittori, i fotografi, gli architetti costruttivisti - Kazimir Malevic, Aleksandr Rodcenko, Vladimir Tatlin - disegnarono alcuni fra i più originali manifesti di propaganda dell'epoca e si dedicarono alle arti applicate per reinventare, con stile e significati rivoluzionari, tutti gli oggetti della vita quotidiana.
Marc Chagall divenne commissario per le Arti a Vitebsk. Vasilij Kandinskij collaborò con il governo per la riforma dell'insegnamento artistico nelle scuole del nuovo regime. Questo grande sciame di api rivoluzionarie aveva due grandi protettori: Anatolij Lunacharskij e Maksim Gorkij. Il primo, commissionario per l' Educazione, era un menscevico, quindi intellettualmente estraneo ai furori ideologici della componente bolscevica del partito. Il secondo, Maksim Gorkij, si compiaceva di esercitare sulla intelligencija russa una funzione pontificale. Insieme e con l'aiuto di Bogdanov, i consoli dell' arte sovietica vigilarono affinché gli intellettuali e gli artisti potessero esprimere liberamente il loro talento.
Questo innaturale idillio tra le avanguardie russe e il regime sovietico durò fino alla seconda metà degli anni Venti, quando la cappa del realismo sovietico e i detestabili gusti estetici di Stalin chiusero, una dopo l' altra, le finestre che le grandi avanguardie russe avevano aperto nella cultura del loro Paese.
Quasi tutti i protagonisti della grande rivoluzione artistica del ventennio precedente uscirono di scena, alcuni tragicamente. Chagall, Kandinskij e Natalia Goncharova scelsero la strada dell' emigrazione. Sergej Esenin e Majakovskij si suicidarono, il primo nel 1925, il secondo nel 1930.
Malevic fu arrestato nel 1930 e morì nel 1935. Izaak Babel sopravvisse penosamente fino al 1940. Mejerchol'd fu torturato, processato e ucciso nello stesso anno. Quelli che sfuggirono alla morte dovettero adattare il loro stile ai canoni imposti dal regime. I vecchi esponenti dell' arte anti-borghese divennero così cortigiani della nuova borghesia sovietica.
All'origine della loro sorte vi era un tragico errore. Nel 1917, quando i bolscevichi presero il potere, gli intellettuali e gli artisti delle avanguardie erano convinti di essere rivoluzionari. Erano invece il raffinato prodotto del grande sviluppo economico della Russia dalla fine dell'Ottocento all'inizio del Novecento e della nuova borghesia che ne era protagonista.
Odiavano i borghesi che avevano comprato le loro opere e incoraggiato le loro energie creative. Amavano la rivoluzione che li avrebbe uccisi, cacciati dal loro Paese o, nella migliore delle ipotesi, zittiti.