Cosa è la “carne” in San Paolo? Schema di lavoro sull’antropologia paolina. Appunti dalle lezioni di Ugo Vanni, di A.L.
Mettiamo a disposizione alcuni appunti sull’antropologia paolina ispirati ad uno schema disegnato da p. Ugo Vanni S.J. Per ulteriori approfondimenti su San Paolo vedi la sezione Sacra Scrittura.
Il centro culturale Gli scritti (4/8/2011)
L’uomo (anthropos) è corpo (soma) e cuore (kardia), spirito (pneuma e psiche) e carne (sarx): dalle lettere paoline non emerge una riflessione sistematica sull’uomo e sul rapporto esistente fra corpo e anima. P. Ugo Vanni, nelle sue lezioni sul Corpus paolinum durante il Corso istituzionale di teologia della Gregoriana, ha sempre dedicato uno spazio a questa riflessione, presentando lo schema che riproponiamo.
La terminologia non uniforme nelle diverse lettere di Paolo porta a ritenere che egli non si preoccupasse eccessivamente di distinguere kardia da psiche o da pneuma oppure soma da sarx.
L’antropologia paolina risulta pertanto profondamente unitaria, quanto alla costituzione dell’uomo in sé considerata.
Chiarissima invece è, nell’epistolario paolino, una distinzione che deriva all’uomo dal peccato di Adamo e dalla redenzione portata da Cristo, duplice possibilità che si ripresenta in ogni esistenza individuale.
È tutto l’uomo che può seguire - per grazia di Dio e per la fede in essa - lo Spirito di Dio (che è anche Spirito di Cristo - pneuma tou theou e pneuma tou Christou), oppure può commettere il peccato (amartia). Se si affida allo Spirito di Dio l’uomo segue l’aspirazione dello Spirito (phronema tou pneumatos), se compie il peccato si affida all’aspirazione della carne (phronema tes sarkos).
A questo secondo livello la carne (sarx) è causa del peccato e del male, mentre non lo è in quanto dimensione corporea dell’uomo. Così quando Paolo afferma, ad esempio, che «la carne ha desideri contrari allo Spirito» e che «le opere della carne sono: fornicazioni, impurità, dissolutezze, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere» (Gal 5,17-21), intende le “opere del peccato”, non le “opere compiute dall’uomo in quanto essere corporale”, tanto è vero che molti dei peccati elencati riguardano l’interiorità dell’uomo (come la discordia, la gelosia, le divisioni, l’invidia ecc.).
Altrove Paolo parla della possibilità piena che Cristo sia principio di vita del suo stesso corpo e non solo di una dimensione interiore separabile dalla corporeità, come afferma Fil 1,20: «nella piena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo».
Ovviamente questa valutazione in sé positiva del corpo come dello spirito - se essi non divengono schiavi del peccato - discende dalla fede nella creazione e nell’incarnazione e suscita la certezza che come Cristo è resuscitato corporalmente così anche l’uomo risorgerà con il proprio corpo.
L’antropologia paolina è quindi concentrata sulla possibilità di vivere l’intera vita - insieme corporea e spirituale - nella luce della redenzione operata da Cristo. Dalla vita di fede nasce il frutto dello Spirito (karpos tou pneumatos) che si concretizza nelle opere buone (kala erga), mentre dal seguire il peccato nascono le opere della carne (erga tes sarkos).
Nell’orientarsi in questa duplice possibilità l’uomo mette in gioco la volontà (verbo thelo), la coscienza (sineidesis), la mente, (nous), la saggezza (sophia).
Il frutto della vita secondo lo Spirito è la vita (zoe), mentre le conseguenze della vita secondo il peccato sono la perdizione (apoleia) e la morte (thanatos).