Betsaida e il suo mistero (da Elizabeth McNamer)
Riprendiamo dal sito della Custodia della Terra Santa (sezione SBF Taccuino) un articolo che è un adattamento a firma R.P. di un testo di Elizabeth McNamer, apparso in Bible Interpretation (luglio 2010). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti sulla Terra santa vedi, su questo stesso sito, le sezioni Sacra Scrittura e I luoghi della Bibbia.
Il Centro culturale Gli scritti (16/7/2011)
Betsaida (“dimora dei pescatori”) è menzionata di frequente nei Vangeli. Nel Vangelo di Marco si narra che qui Gesù guarì un uomo cieco. Secondo Luca, questo fu il luogo dove sfamò cinquemila uomini. Gli autori sinottici attestano che egli vi compì grandi opere.
Secondo Giovanni Betsaida fu la patria di Pietro, Andrea e Filippo. Probabilmente fu anche la città di Giacomo e Giovanni che erano soci negli affari di pesca con Pietro ed Andrea. Si trovava vicino al Fiume Giordano sul Mare di Galilea.
Al tempo di Gesù Betsaida era sotto il governo di Erode Filippo (figlio di Erode il Grande) che era tetrarca di Gaulanitide. Nel 67 d.C., Giuseppe Flavio racconta che fu distrutta insieme a molte altre città della Galilea nella guerra con i romani. Più tardi un terremoto sconvolse la topografia e cambiò il corso del fiume Giordano e la lunghezza del Mare della Galilea.
Plinio il Vecchio, un geografo dilettante, dice che il mare, lungo quattordici miglia, dopo il terremoto si ridusse a undici. Betsaida in quel tempo si era ridotta a un miglio e mezzo, così non si poteva più accedere al mare per la pesca. La città cadde nell’oblio. Altre città collegate a Gesù furono ricostruite e continuarono la loro esistenza. Sono stati fatti molti sforzi nei secoli per individuare la posizione di Betsaida. I pellegrini medievali cercarono di trovarla, ma nessuno ebbe successo. Edward Robinson, un intraprendente archeologo del diciannovesimo secolo, suggerì di identificarla con il sito attuale. Solo nel 1967 fu identificata dal monaco benedettino, padre Bargil Pixner e, nel 1988, Rami Arav cominciò gli scavi.
Ora si sa che Robinson aveva ragione. I numerosi arnesi da pesca rinvenuti (oltre un centinaio), che comprendono pesi, ami, aghi in bronzo e ferro, pesi in basalto e ancore non lasciano dubbio che la pesca era la maggiore occupazione della popolazione di questa città. Un sigillo in argilla, usato probabilmente per timbrare i manici dei vasi, rappresenta due pescatori in una piccola imbarcazione. I frammenti in ceramica risalgono al periodo romano.
La pesca costituiva la più diffusa attività in Galilea e, secondo Catone il Vecchio, Betsaida esportava il suo pesce in luoghi lontani, compresa Roma. Può anche essere stata sede di un’industria di lino come indica l’abbondanza di spore di lino e pesi di telaio. La presenza di numerosi recipienti in pietra calcarea testimonia che la sua popolazione era prevalentemente ebrea, sebbene ci fosse anche un’influenza greca.
Erode Filippo, come tutti i rampolli reali, era stato istruito a Roma nel palazzo di Augusto dall’età di otto anni fino diciotto. Sicuramente venne in contatto con Livia Giulia (moglie di Augusto e cara amica di sua zia), allo stesso modo frequentò le lezioni di latino con Druso, Germanico e Claudio, il nipote dell’imperatore.
Le glorie di Roma venivano divulgate grazie ai suoi scrittori e poeti. Tutta la letteratura del periodo si ispirava ad un crescente spirito di patriottismo e a una visione di Roma come città eterna dominatrice del mondo. Qui il futuro sovrano fu pervaso dall’ideologia romana prima di occupare la posizione di tetrarca nel 4 a.C.
A Betsaida nella stagione di scavo del 1996 è stato scoperto un tempio romano. Lungo un lato vi erano palette per l’incenso, la statua di una donna (Livia Giulia) e delle monete con l’immagine di Filippo e Livia. Il tempio risale all’anno 30 d.C. (Livia era morta l’anno prima). Quello stesso anno, si sa dagli scritti di Giuseppe, che Filippo innalzò Betsaida allo stato di ‘polis’ cioè di città, e la rinominò Giulia. Con questa decisione promuoveva la pratica del culto imperiale e l’inserimento delle tradizioni romane nella comunità ebraica della città. Egli aveva già fondato Cesarea di Filippo, la cui vita cultuale era dominata dal culto imperiale. Era un atto politico inteso ad ingraziarsi l’imperatore.
L’anno 30 d.C. fu anche l’anno della morte di Gesù. I suoi seguaci ritornarono alle loro case di origine per continuare i loro commerci. Questa fu dunque la culla del cristianesimo.
Nell’angolo del cortile di una delle case da pesca fu trovato un frammento di ceramica su cui qualcuno aveva inciso una croce. Forse era per rispondere alla profanazione della città avvenuta con la costruzione del tempio romano oppure fu un pescatore di Betsaida che profetizzava chi sarebbe uscito vittorioso.