Tecnoprofeti o nuovi gnostici? di Lorenzo Fazzini
Riprendiamo da Avvenire del 5/7/2011 due articoli scritto da Lorenzo Fazzini. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Sulla questione del transumanesimo, vedi su questo stesso sito l'intervento «L’uomo supera infinitamente l’uomo». Breve riflessione sul transumano, di Fabrice Hadjadj.
Il Centro culturale Gli scritti (10/7/2011)
1/ Tecnoprofeti o nuovi gnostici? di Lorenzo Fazzini
Al celebre Mit (Massachusetts Institute of Technology) di Boston Neil Gershenfeld, direttore del 'Center for Bits and Atoms', tiene un corso su 'Come fabbricare poco a poco qualsiasi cosa?'. Il biologo francese Jean-Didier Vincent assicura: «Non ci troviamo più nell’ambito della natura naturans di Cartesio, ma in quella del per artem artefact , ovvero una natura che sarà il prodotto della creatura stessa».
Newt Gingrich, ex speaker repubblicano alla Camera di Washtington, è stato un entusiasta propugnatore della National Science Foundation il cui programma è sintetico quanto inquietante: migliorare le performance dell’uomo grazie ad una convergenza di varie discipline, quali informatica, nanotecnologie, biologia, epistemologia. Obiettivo, 'una realtà aumentata'. Secondo un principio ben esposto dalla saggista Marie Balmary: «L’umanità non è ereditaria».
E non si pensi che il post-umanismo sia espressione del turbo-capitalismo d’oggi: «Nella nostra memoria, la contro-cultura degli anni Sessanta in America è associata alla liberazione sessuale, ai canti di Joan Beaz, alla dolcezza pacifista degli hippies. Ma quegli anni comportarono anche un’altra dimensione, quasi mai evocata: l’infatuazione per la tecnica». E gli esempi sono concreti: «La maggior parte dei tecno-profeti contemporanei parteciparono al sogno californiano degli anni Sessanta o ne sono gli eredi».
Un nome su tutti: Timothy Leary, psicologo di Harvard, propugnatore dell’Lds. Ma oggi sono molti i sostenitori di un post-umanismo che vedono nella tecnica ogni soluzione (due nomi su tutti: la rivista multinazionale Wired e il genetista Craig Venter, 'annunciatore' della prima cellula sintetica): «Gli ogm regoleranno il problema della fame nel mondo; un rimodellamento neurologico permetterà di guarire gli uomini dalla violenza; la videosorveglianza farà sparire la delinquenza urbana; la diffusione dell’utero artificiale realizzerà la libertà delle donne; la clonazione renderà superflui gli obblighi della procreazione sessuale».
Ma Jean-Claude Guillebaud nel 'nuovo mondo' di Aldous Huxley non ci vuole entrare. Già inviato speciale di Le Monde, ora scopertosi saggista e ridiventato cristiano - alla scuola di René Girard e Jacques Ellul - e indagatore del 'disorientamento quotidiano' (sul tema ha scritto 7 libri, pluripremiati in Francia, purtroppo indisponibili in italiano), ora ha un grande rammarico: deplora «l’infatuazione di certi gruppi di sinistra che non sembrano percepire le dominazioni e le logiche ineguali di cui l’utopia postumanista è portatrice».
L’opposizione di Guillebaud al transumanismo - ne qualifica i sostenitori come 'i nuovi pudici' - è intessuta di un pensiero cristiano che sa fare i conti con la post-modernità, come si legge nel recente e brillante La Vie vivante (Les arenès, pp. 280, euro 22). I riferimenti di Guillebaud sono tipicamente 'laici', quali il filosofo Cornelius Castoriadis quando denuncia «la distruzione di tutti i significati sociali». Ma vi si rintraccia anche un’eco di papa Ratzinger (citato per la sua Deus caritas est) quando l’autore rifiuta 'la razionalità inferma' del pensiero postmoderno.
Torna in mente la Lettera dell’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede 'sulla collaborazione dell’uomo e della donna', una posizione antitetica alla deriva dei gender studies che distruggono la diversità sessuale in nome dell’idea che «il sesso non corrisponde al genere».
Guillebaud rileva che con gli esperti di gender studies capita lo stesso a quanti si interessavano di postcolonial studies: «Vengono scoperti sul Vecchio continente nel momento in cui arrivano al termine del loro percorso». L’esempio più eclatante è Judith Butler, esponente di primo piano degli studi di genere, che per Guillebaud «in un periodo più tardo ha cambiato il proprio punto di vista».
Per il saggista francese la realtà è il dato più eloquente: «Il corpo esiste, allo stesso modo delle diversità corporali della sessualità». E citando la filosofa Catherine Malabou scrive: «Dobbiamo essere capaci di staccarci dal corpo ma non possiamo dimenticare che siamo legati a quest’ultimo».
In fin dei conti, sostiene l’ex inviato di Le Monde, il parallelo tra gnostici e postumanisti è perfetto: «A duemila anni di distanza i due pensieri si rispondono talvolta parola per parola». Ecco dunque oggi il mito della riproduzione artificiale; ieri Marcione che combatteva Tertulliano (il quale gli rispose nel suo De Carne Christi) rifiutando l’idea di un Gesù nato effettivamente «dall’utero sgocciolante» come semplice «embolo di sangue nell’immondizie».
Per contro, richiama oggi Guillebaud, il cristianesimo «è la sola religione monoteista che pone al cuore del proprio messaggio il tema dell’incarnazione, ovvero una glorificazione della carne, una mistica della carne». E quindi, per i 'nuovi gnostici' che rievocano Nietzsche in chiave anticristiana, vale l’ammonimento di Emmanuel Mounier: se si studiassero di più i primi secoli della Chiesa, invece che l’antichità pagana, del cristianesimo si avrebbe tutt’altro parere. Anche in tema di 'carne'.
2/ Tesi a confronto «Anche la carne può essere mistica», di Lorenzo Fazzini
Per Jean-Claude Guillebaud il cristianesimo è una religione tipicamente incarnata. E del resto l’antico adagio dei Padri della Chiesa - «la carne è il cardine della salvezza» - sembra riprendere quota nel pensiero cattolico (e cristiano in generale). Fabrice Hadjadj ne è un esempio.
Un tempo filosofo ateo, vicino alle posizioni post-umaniste (collaborò con Michel Houellebecq ), oggi è uno dei pensatori cattolici più interessanti. In Italia si è fatto conoscere proprio con Mistica della carne. La profondità dei sessi (Medusa). In cui, con scrivere immaginifico, è capace di sbeffeggiare il «rigorismo dell’orgia» e denunciare: «La carne dell’uomo non è più un canto, ma una materia prima. L’alcova diventa una succursale del laboratorio, il suo sfogatoio e il suo sbocco».
La questione del corpo' per Hadjadj è teologica: «Che il mistero di Dio si comunichi attraverso una prosaica unione dell’uomo e della donna, è una cosa che lo rende indefinitamente più profondo. Bisogna avere l’audacia di concludere: l’unione dei sessi deve essere a immagine di Dio. La Genesi comincia con questa affermazione licenziosa. È il motivo per cui pochi se ne accorgono».
Hadjadj, nei mesi scorsi, ha dialogato con Michela Marzano, ricercatrice del Cnrs e con Fabrice Midal, pensatore buddista. Parlez-moi d’amour il tema del confronto a tre, tenutosi al College des Bernardins di Parigi, in cui il dialogare d’amore s’intrecciava con la questione della corporeità.
«Parlare di amore è quanto mai difficile perché questa realtà rimanda alla nostra ferita più profonda», ha spiegato la filosofa italiana. «Dire a qualcuno: 'ti amo' significa dire che io voglio il suo bene. Questo rimanda alla domanda, da non scartare, sulla sua salvezza. E su quella di un Dio che salva», ha sottolineato Hadjadj.
L’editoria testimonia una ripresa di interesse per l’argomento-corpo in chiave cristiana. Parla di un Dio 'incorporato' il biblista Jon L. Berquist nel suo recente Una teologia del corpo (Claudiana): «La nostra fede coinvolge i nostri corpi, non solamente le nostre menti. Le persone hanno visto e toccato Dio. Nella persona di Gesù Dio è stato tra noi in carne».
Risale al 2009 Il catechismo della carne. Corporeità e arte cristiana (Cantagalli), di Timothy Verdon, celebre studioso d’arte, capace di far parlare Masaccio e Nicola Pisano (e i contemporanei Filippo Rossi e Tito Amodei) grazie ad una posizione teologicamente esplicita: «Nessuna grande fede attribuisce importanza al corpo umano come il cristianesimo. Erroneamente noverato tra le 'religioni del libro', esso in realtà crede in un Verbo divino che 'si fece carne' in Gesù Cristo. 'Carnali' e 'corporei' sono anche l’immaginario, il linguaggio e la ritualità dei cristiani».