Cercansi nuovi eroi (o santi) per l’Occidente, di Vittorio Possenti
Riprendiamo da Avvenire del 5/6/2011 un articolo scritto da Vittorio Possenti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (6/6/2011)
La situazione religiosa dell’Occidente, in specie della 'vecchia Europa', è critica, eppure non vi è motivo per ritirarsi, poiché in ogni epoca deve risuonare l’annuncio di Dio. Non occorre intonare un ennesimo de profundis per le ideologie atee che hanno ammorbato l’Europa, sostenendo che avevamo ragione noi credenti. Sì, in realtà avevamo ragione, ma non siamo stati in grado di evitare la catastrofe. Continuare ad elencare gli errori di un marxismo morto e sepolto, è un esercizio secondario, poiché un’esperienza disastrosa che ha bruciato le nostre carni non può essere ripetuta dopo un piccolo intervallo. Quanto adesso conta è di guardare all’oggi e ai suoi problemi con un atteggiamento simile a quello di Giustino e Clemente Alessandrino: cogliere i semi del Verbo nella cultura contemporanea e percepirne in movimenti intimi mettendo in campo una psicologia del profondo.
L’analisi esistenziale suggerisce di riprendere a coltivare l’eroismo nel momento in cui l’uomo occidentale affonda nella piccolezza anti-eroica. Siamo poveri di passione per la verità e di speranza, e questo ci conduce al tramonto, anche demografico: il domani ci fa paura, non osiamo più, siamo bloccati nel dare la vita e se attendiamo qualcosa ci rivolgiamo alla scienza, pur intuendo che vi è bisogno di una sapienza più alta di quella che può venire dalla scienza. È difficile evangelizzare un uomo intimamente fiaccato, il cui cuore si accontenta di desideri banali. L’uomo contemporaneo non può ridiventare credente se rifiuta l’eroismo.
L’umanesimo antropocentrico ci ha reso sterili. Secoli fa iniziò l’avventura di tale umanesimo, che di crescendo in crescendo partorì il suo più alto sogno: concepì l’uomo come un essere divino (ma senza Dio), e pensò Dio come un mito in cui l’uomo si alienava, gettando in esso e perdendovi la sua grandezza, sino a quando un Prometeo non l’avesse risvegliato.
Oggi l’antropocentrismo è meno sicuro di sé, ma non è finito. Esso ridimensiona realisticamente le sue speranze; si occupa del nesso scienza-politica-economia- etica, cercando di organizzare attorno ad esse il mondo umano. Esso dunque si ricentra, ma senza rinunciare a imperniarsi sul singolo, che diventa l’unica unità di senso. Per non dire di altre più radicali correnti dove l’antropocentrismo si capovolge nel suo contrario, nel vangelo nichilistico della 'morte dell’uomo' (Foucault) in cui si riconosce un esito coerente della cosiddetta 'morte di Dio' (Nietzsche).
Un annuncio non può andare senza l’altro: la fine dell’esemplare comporta di necessità quella dell’immagine. Senza Dio l’uomo può organizzare la terra, ma finirà per organizzarla contro l’uomo. Il ricentramento antropologico in atto si impernia su una concezione antieroica dell’esistenza, che produce un 'io minimo' nel quale l’autodisciplina del carattere, consistente nel restare saldo nell’anima, al di sopra del benessere e aperti all’avventura dello spirito, si indebolisce assai.
L’uomo antieroico è l’uomo prosaico, che rinuncia al rischio e alla lotta, a scommettere sul domani, non accettando di esporsi alla sconfitta, ma estenuandosi nel divertissement del futile e del secondario. L’io antieroico passa scivolando sulle possibilità estreme dell’esistenza, nelle situazioni-limite, troppo impegnative e segnate dalla possibilità del tragico.
Se le considerasse con serietà, sarebbe costretto ad abbandonare il suo io minimo, quell’esprit de petitesse in cui risiede la sua soddisfazione di 'io comico'. D’altra parte un elemento antieroico sembra inerente al modo con cui viene da tempo intesa la democrazia. Secondo Abraham Yehoshua 'con la democrazia moderna la passione per gli eroi è in declino. La democrazia infatti non crede negli eroi e diffida di loro'. La democrazia livella e poco apprezza l’eroismo del quotidiano.
L’evangelizzazione dell’Occidente deve puntare su un nuovo eroismo, che riemerga contro il generale sentimento antieroico della vita e il facilismo del benessere: ripresa che è possibile dove umano e divino si danno la mano.
Tale è l’umanesimo teocentrico, dove Dio e uomo cooperano a produrre un’opera divinamente umana, segnata dall’eroismo dell’amore e delle virtù, che dà la massima prova di se stesso nel caso estremo del martirio. Qui sotto la contraria species del fallimento e della sconfitta vengono in realtà decisi gli eventi della storia: 'Si vedrà che soltanto il martire è in grado di governare il mondo nel momento decisivo' (Kierkegaard).
In certo modo anche l’umanesimo ateo, sebbene segnato da una deviazione catastrofica capace di distruggere tutto, fu eroico a modo suo: organizzare la terra senza o contro Dio richiede un’inflessibile tensione della volontà e della mente, perché le tracce di Dio si presentano ovunque e non sarà mai finita la lotta per cancellarle. Ma questo eroismo è fortunatamente finito da tempo, ha distrutto se stesso, quasi disseccando ogni altra sorgente. Non è possibile rievangelizzare a buon mercato l’Occidente senza che vengano nuovamente scoperti l’eroismo e l’esperienza della santità.