Antonio Spadaro: «Non propaganda ma testimonianza lo stile dei cristiani che vivono la Rete». Un’intervista di Stefania Careddu

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 06 /06 /2011 - 09:51 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Avvenire del 5/6/2011 un’intervista di Stefania Careddu a p. Antonio Spadaro S.J. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (6/6/2011)

«La sfida non è quella di usare bene la Rete, ma di vivere bene al tempo del­la Rete». È questo per padre Antonio Spadaro, gesuita, redattore de «La Civiltà Catto­lica» e autore di «Web 2.0. Reti di relazione» (E­dizioni Paoline), l’obiettivo da raggiungere, gra­zie soprattutto al lavoro educativo.

Verità e autenticità sono compatibili con le lo­giche del Web e le possibilità di mascherare la propria identità?

Il vero nodo oggi è quello della formazione del­l’identità personale che investe la vita «online» e «offline». Per questo Benedetto XVI scrive che le nuove tecnologie della comunicazione pos­sono positivamente contribui­re a soddisfare il desiderio di senso e di verità che resta l’a­spirazione più profonda del­l’essere umano. La Rete ri­sponde in modo nuovo a desi­deri antichi dell’uomo. Cancellati i pregiudizi, la sfida è imparare semplicemente a vi­vere. E questo nel contesto di oggi, cioè rimanendo connes­si in maniera fluida, naturale, etica e perfino spirituale, vi­vendo la Rete come uno degli ambienti di vita.

In che modo i social network rivalutano la ca­tegoria della testimonianza e possono essere luoghi di annuncio?

Il Papa nel suo Messaggio ci fa capire come la società digitale non sia più comprensibile solo attraverso i contenuti, ma debba considerare le relazioni: al tempo delle reti partecipative l’uo­mo è sempre implicato direttamente in ciò che comunica. Quando le persone si scambiano informazioni stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le speranze e gli idea­li. I cristiani in Rete sono chiamati dunque non a una emittenza di contenuti religiosi, ma a una testimonianza che tocca scelte, preferenze, giu­dizi, anche quando non si parla del Vangelo e­splicitamente. Quindi testimonianza, non pro­paganda.

Chiesa e Rete: quale è il terreno di incontro?

La Chiesa ha nell’annuncio e nella comunione due pilastri fondanti del suo essere. Ecco perché la Rete e la Chiesa sono due realtà da sempre de­stinate ad incontrarsi. Così la Rete non è un nuo­vo mezzo di evangelizzazione, ma un contesto in cui la fede è chiamata ad esprimersi non per u­na mera volontà di presenza, ma per una con­naturalità del cristianesimo con la vita degli uo­mini. Le logiche della Rete hanno un impatto sul modo di pensare degli uomini e, dun­que, anche sul modo di pen­sare la fede e la vita della Chie­sa: proprio per animare il de­licato dibattito sull’intelligen­za della fede al tempo della Re­te mi occupo di questi temi da oltre dieci anni su «La Civiltà Cattolica» e quest’anno ho creato il blog Cyberteologia.it .

Generazione 2.0, cultura digi­tale per tutti: ha ancora senso parlare di alleanza educativa per il Web?

Oggi più che mai. Una delle sfide maggiori, spe­cialmente per chi non è «nativo digitale», è di non vedere nella Rete una realtà parallela, ma u­no spazio antropologico interconnesso in radi­ce con gli altri della nostra vita. La Rete tende a diventare invisibile: per essere connessi basta a­vere uno smartphone in tasca. La Rete è un am­biente di conoscenza e di relazione chiamato a integrarsi sempre meglio e virtuosamente al­l’interno della nostra esistenza quotidiana.