Quella «laicità» invocata a sproposito. Il punto vero è la solidarietà, di Carlo Cardia
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Riprendiamo da Avvenire del 21 maggio 2011 un articolo scritto da Carlo Cardia. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (21/5/2011)
Il tema della laicità, come i lettori di questo giornale sanno, è stato a centro di un intervento che Tullio Gregory, evocando la Francia, ha sviluppato domenica 14 maggio sul Corriere della Sera. L’Assemblea Nazionale francese, infatti, discuterà a fine mese un documento promosso dalla maggioranza per arginare la destra di Marine Le Pen (che sfrutta un diffuso malcontento su immigrazione e islam) e per mettere in difficoltà la sinistra troppo incline al «multiculturalismo». L’iniziativa, per la sua strumentalità, ha suscitato critiche nelle principali comunità religiose. Per Tullio Gregory un dibattito del genere non sarebbe pensabile in Italia, perché esisterebbe un trasversale appeasement ai desideri della Chiesa nel sostenere scuole e enti religiosi, più in generale su scelte decisive relative alla vita e alla morte, procreazione assistita, famiglia.
L’articolo di Gregory ripropone alcuni luoghi comuni difficili da scalfire in certi ambienti intellettuali. In materia di "finanziamento" non si dice che è previsto in quasi tutti i Paesi europei, e che in Italia ne beneficiano in misura eguale le confessioni religiose firmatarie dell’Intesa con lo Stato. All’8 per mille partecipano oggi sei confessioni religiose, altre ne fruiranno quando saranno approvate le intese.
Le agevolazioni fiscali esistono per gli enti di tutte le Chiese e comunità religiose riconosciute oltre che per gli enti del volontariato laico. Il riferimento alle scuole non statali Gregory evita, invece, i dati reali. Dopo il passo in avanti della legge del 2000, varata dal ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer, sono stati concessi contributi alle scuole paritarie nella misura consueta minima, cioè con un contagocce che lascia la situazione com’era in precedenza.
Non si dice ancora che, fermo restando il ruolo centrale della scuola statale, il riconoscimento della libertà della scuola è un principio liberale classico, enunciato da John Stuart Mill e altri, mentre da noi si è voluto mortificare il ruolo della scuola "privata" perché ne fruirebbero i cattolici. Anche nella Francia ancorata ai valori della laicité la scuola non statale è trattata assai meglio perché ampiamente finanziata dallo Stato, e rappresenta il 16 per cento della rete scolastica nazionale.
Più importanti sono le considerazioni di Gregory sul rapporto tra laicità e grandi temi etici. L’analisi di Gregory è un po’ appiattita sull’immediatezza politica, e descrive una destra proclive alla Curia per assicurarsene la benevolenza, e una sinistra che vede la laicità come valore borghese, o composta da persone che non vogliono irritare le autorità ecclesiastiche. Così, argomenta, sulla procreazione assistita ha prevalso il parere della Chiesa, mentre su problemi di fondo che investono vita e morte lo Stato non può avallare scelte derivanti da una "ideologia religiosa" trasformando posizioni teologiche in leggi ordinarie. «Scegliendo gli interessi o le ideologie di una parte – aggiunge Gregory – lo Stato rinuncia alla sua neutralità e non persegue il bene comune, rifiutando servizi e assistenza a favore di chi intende, secondo la propria coscienza, decidere in merito ai modi di procreare e di morire».
Questo nodo teorico e politico è da tempo in discussione, e appare infondato e ingeneroso il giudizio per il quale in Italia non si parla di queste cose. Al contrario, ne parliamo sempre, ne sono pieni i giornali, gli atti parlamentari, i media. Ma esse hanno poco a che vedere con la laicità, sono oggetto di discussione tra cittadini, sono decise dal Parlamento, o direttamente dalla popolazione chiamata a pronunciarsi.
La mediazione realizzata in sede legislativa sulla questione della procreazione assistita (che secondo una visione cattolica "pura" sarebbe non ammessa) è passata al vaglio di un referendum che ha confermato le scelte delle Camere. Viene da chiedersi, poi, perché violerebbe la laicità una scelta ispirata a una visione solidale e umanista e non invece la scelta ispirata al materialismo o all’individualismo. Da questa domanda si fugge quasi sempre.
Oggi si è chiamati a decidere su questioni che investono la coscienza e il principio di solidarietà verso chi non ha forza e voce per difendersi ed il confine non riguarda la Chiesa e lo Stato, ma i valori che si vogliono affermare o negare nei confronti di chi sta per nascere e viene respinto, è malato e rischia di essere abbandonato, è in difficoltà e vede aprirsi la porta all’assistenza al suicidio... È in gioco la scelta tra solidarietà e dominio dei più forti e dei "perfetti", e per questa ragione molti cittadini, anche non credenti, nella libera discussione propria di ogni democrazia matura fanno, sempre più riferimento ai valori etici e umanistici sostenuti dai cristiani e, con particolare lucidità e vigore, dalla Chiesa cattolica.