L'iconografia del vescovo di Ippona. Otto secoli di Agostino, di Antonio Paolucci

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 18 /05 /2011 - 13:25 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 18/5/2011 un articolo scritto da Antonio Paolucci. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri testi su Agostino vedi, su questo stesso sito, le sezioni Roma e le sue basiliche e Storia e filosofia

Il Centro culturale Gli scritti (18/5/2011)

 

Mercoledì 18 maggio, nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma, viene presentato il volume di Alessandro Cosam, Valerio Da Gai e Gianni Pittiglio Iconografia agostiniana. Dalle origini al XIV secolo (Roma, Città Nuova, 2011, pagine 614, euro 96). Anticipiamo l'intervento del direttore dei Musei Vaticani.

Oltre seicento pagine folte di bibliografia e di indici, sono parecchie centinaia di opere individuate, studiate e pubblicate. È l'imago Augustini che nel corso di otto secoli emerge, cresce e prende forma dall'età tardoantica alla sontuosa foresta di invenzioni prodotta dal Trecento figurativo italiano ed europeo. Il tutto è consegnato a un volume che è un autentico monumento di filologia e di dottrina, primo di una serie già programmata che tratterà di iconografia e iconologia agostiniane fino a coprire tutto il Settecento.

Mentre arrivavo in Santa Maria del Popolo per la presentazione del libro, mi veniva in mente il frate agostiniano Martin Lutero che un certo giorno del 1510 trovò ospitalità in questo luogo. Immaginate Lutero, giovane uomo non ancora trentenne che entra a Roma per la Porta del Popolo. È ragionevole credere che avrà chiesto e ottenuto ospitalità presso i suoi confratelli agostiniani, allora come oggi custodi di questa chiesa e di questo convento.

Lutero entra nella città eterna per pregare sulla tomba dell'Apostolo, per venerare le celebri reliquie della Cristianità, per stupire di fronte alle mirabilia Urbis. Qualcuno gli avrà parlato del Laocoonte nel giardino del Papa, di Raffaello e di Michelangelo nei Palazzi Apostolici, ma quando il frate tedesco pensava al suo amato Agostino, alle opere e ai giorni della sua vita, di sicuro gli tornavano alla mente le vetrate policrome che ancora si conservano nella Augustinerkirche di Erfurt, il luogo dal quale Lutero era partito per venire a Roma.

Nei vetri di Erfurt, realizzati da maestranze tedesche fra il 1330 e il 1334, tutta la vita del santo di Ippona è dettagliatamente illustrata; dal sogno di Monica ai miracoli post mortem, da Cartagine a Roma a Milano, dall'incontro con Ambrogio, alla conversione, al Battesimo, alle vittoriose dispute con gli eretici. Il ciclo di Erfurt segna il punto di arrivo di una iconografia che a quella data - prima metà del XIV secolo - è già definita, consolidata, divulgata ai quattro angoli della cristianità. Come l'iconografia agostiniana si sia formata e via via arricchita di figure e di significati è argomento di questo libro che (all'interno dell'arco cronologico indicato, dal VII secolo a tutto il Trecento) raccoglie ogni documento artistico noto riferito al santo, alla sua vita, alla sua missione, al suo ruolo nella tradizione e nella dottrina.

Possiamo partire dall'affresco del Sancta Sanctorum databile fra VI e VII secolo. Agostino è abbigliato come un nobile romano o piuttosto come un filosofo. È un sapiente che ha davanti il libro, stringe il rotulo con la mano sinistra e atteggia la destra nel gesto della allocutio. Il ruolo filosofico, dottrinale e sapienziale dell'autore delle Confessioni e del De civitate Dei rimarrà una costante della sua immagine.

Ma è stato anche vescovo. La prima apparizione di Agostino in veste episcopale è del VII-VIII secolo. La troviamo dipinta sul retro del cosiddetto Dittico di Boezio (Brescia, Museo di Santa Giulia).

Di fondamentale importanza è stato l'incontro, a Milano, di Ambrogio con Agostino e il battesimo di quest'ultimo, amministrato da Ambrogio, nella notte di Pasqua del 387. Un alto funzionario imperiale nativo di Treviri in Germania che i milanesi avevano voluto vescovo a furor di popolo battezza un intellettuale africano con qualche percentuale di sangue magrebino nelle vene.

Possiamo dire che l'Europa cristiana ha origine da qui, dall'incontro fra l'ardente spiritualità di Agostino e l'ordine e la norma rappresentati da Ambrogio. La più antica testimonianza figurata di quell'episodio la incontriamo nella miniatura di un codice francese (Douai, Biblioteca Comunale) databile al 1112-1130.

Contemporaneamente si diffonde l'immagine del vescovo di Ippona come defensor fidei e martello degli eretici. Il testo antimanicheo di Agostino Contra Faustum ebbe grande fortuna nell'Alto Medioevo. Nella vivace miniatura normanna di un codice parigino (Parigi, Biblioteca Nazionale, ms. Lat. 2079) databile alla fine dell'XI secolo, vediamo il povero Fausto abbattuto dal santo e tuttavia ancora polemicamente argomentante. Più tardi (1234-1246 circa) in un affresco dell'aula gotica del romano monastero dei Santi Quattro Coronati, nella figura allegorica della Vera Religione, Agostino appare come il vigile custode della ortodossia.

È soprattutto nel Duecento e più ancora nel Trecento - si pensi alla religiosità appassionata e tormentata di Francesco Petrarca - che la dottrina agostiniana, ora affidata all'ordine degli eremitani, conosce vasti consensi e una straordinaria diffusione di immagini e di significati.

Il venerabile Beda aveva elencato il santo fra i dottori della Chiesa e come tale appare (circa 1120-30) nel mosaico di San Clemente a Roma. Alla fine del Duecento viene proclamato ex cathedra dottore maggiore insieme a Gerolamo, ad Ambrogio, a Gregorio. Fra il 1290 e il 1295, nella prima campata della volta della chiesa superiore di Assisi, quella che è stata colpita e in parte distrutta dal sisma del 1997, l'atelier di Giotto raffigurò tutti insieme i quattro dottori maggiori, ognuno collocato in uno spicchio della partitura, ognuno fronteggiato da un assistente.

Si inaugurava così un modello iconografico destinato a durare a lungo. Agostino è l'intellettuale nel suo studio. Così lo rappresenterà a fine Quattrocento Botticelli nell'affresco staccato di Ognissanti a Firenze. Agostino si confronta e dialoga con Giovanni perché nessuno meglio di lui ha saputo interpretare e commentare il quarto Vangelo. Così lo immaginò Pietro da Rimini nell'affresco del Cappellone di San Nicola a Tolentino.

Agostino è doctor Ecclesiae, anzi di più, egli è lux doctorum. Duccio di Boninsegna nel polittico della Pinacoteca di Siena (1308 circa) gli riconosce il primato collocandolo accanto a san Pietro e a san Paolo. Augustinum aequari a nemine posse reor ("penso che nessuno possa essere paragonato ad Agostino") scriveva Francesco Petrarca in una nota lettera al Boccaccio.

Ancora oggi è così. Insieme a san Paolo è l'autore cristiano più studiato, più commentato. Forse più ancora di san Paolo egli appare, alle donne e agli uomini di oggi, totalmente moderno, direi attuale.
Dobbiamo quindi essere grati a chi, con questo libro, ha permesso la riemersione, rigorosamente storica e filologicamente impeccabile, della imago Augustini.

(©L'Osservatore Romano 18 maggio 2011)