A proposito di simboli che esprimono storia e civiltà. C’è chi ricorre anche all’elica per far fuori la croce, di Davide Rondoni
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Riprendiamo da Avvenire dell’11/3/2011 un articolo scritto da Davide Rondoni. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Sulla questione del crocifisso su cui oggi si è pronunciata la Corte Europea con una sentenza favorevole allo Stato italiano ed alle dieci nazioni - Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Principato di Monaco, Romania, Russia e San Marino – che avevano presentato ricorso, vedi anche su questo stesso sito:
- Joseph Weiler, l'avvocato ebreo con la kippah: il testo integrale del suo intervento davanti alla “Grande chambre” della Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo il 30 giugno 2010
- Il crocifisso nella sentenza della Corte di Strasburgo. Un’intervista di Giuseppe Fiorentino a Carlo Cardia
- La decisione del Consiglio di Stato sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole italiane: «Nel contesto culturale italiano appare difficile trovare un altro simbolo, in verità, che si presti più del crocifisso come simbolo idoneo a esprimere l'elevato fondamento dei valori civili che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato»
- E Cavour mise la croce in classe, di Giuseppe Dalla Torre
- Ma io difendo quella croce (da Marco Travaglio)
Il Centro culturale Gli scritti (18/3/2011)
Se la prendono con la croce. Se la son presa. Se la prenderanno.
Perché a un certo punto è così: non ce l’hanno nemmeno più con i cristiani, con i peccati, gli scandali, l’orrore che anche noi, io, possiamo fare. Con i nostri peccati. Le nostre tiepidezze. Le nostre fughe. Tutte quelle cose per cui giustamente ce l’hanno con noi e, se posso dirlo, a volte comprensibilmente ce l’hanno con la Chiesa, con la madre. A un certo punto, ed è questo il punto, è arrivata l’epoca, provano fastidio per lui.
Direttamente per Lui. Per il suo corpo esposto. Il suo corpo che è del Padre nostro che sei nei cieli. E che però è proprio carne, corpo, storia… Non lo vogliono vedere. Lo vogliono cancellare dallo spazio. Al limite si può tenere in privato, come un vizio, una vergogna, una mania.
Provano rigetto. Provano nausea per Lui. Uno strano, antico e futuro livore per questo Dio che ha osato incarnarsi, farsi lacrima e grido, sorriso e sera a cena, in una parola semplice e scandalosa: amico. E ora come allora se la prendono con lui.
Non più solo per noi, per i nostri difetti. E si addossa al crocifisso ogni genere di contumelia. Di irrisione. Lo fecero gli scribi, lo fanno i nuovi scribi. Con puntualità svizzera, a pochi giorni dalla sentenza europea sulla querelle del diritto dell’Italia di esporre il crocifisso in luoghi pubblici, arriva un pamphlet Einaudi firmato da Sergio Luzzatto, Il crocifisso di Stato.
Dove oltre a prendersela con tutti quelli – ebrei, ex comunisti, laici, non credenti – che non la pensano come lui, Luzzatto arriva a proporre il nascondimento di questo segno, la croce, che divide e scandalizza (è vero) con uno che a sentir lui unisce e lascia tranquilli: l’elica del Dna (idea non sua, aggiunge l’autore). Libro religioso, dunque, questo di Luzzatto l’antireligioso (che non accetta il crocifisso esposto in Italia ma accetta di vivere in un Paese, la Svizzera, dove la croce è sulla bandiera…). Libro che facendo della religione una specie di 'scienza' (ma non so quanti scienziati siano d’accordo) ne alza un simbolo. Un idolo. Che a ben vedere è lontano da indicare qualcosa che unisce: provate a dire al mio amico F. malato dalla nascita per malattia genetica che quel che mi rende uguale a lui è il Dna...
In ogni caso, Luzzatto, nella verve polemica che affastella troppe cose e storie e nomi non sempre perde lucidità: ad esempio deve ammettere che J. Weiler (l’insigne giurista ebreo che ha difeso il crocifisso davanti alla Corte europea) ha ragione. Il muro bianco non è rispetto della libertà, ma negazione della storia e della civiltà. E proponendo dunque il suo idolo – lo Scientismo – Luzzatto fa piazza pulita di una finta laicità che nell’azzeramento dei segni e delle culture vede un bel punto d’arrivo. Idea finta di laicità che viene (spesso ipocritamente) sbandierata. Questo libro dice chiaro che lui non crede che la nostra storia umana sia simboleggiabile da un crocifisso. Per lui si tratta di una questione di fede: sostituire un simbolo con un altro. Per noi cristiani non è una questione di fede.
Non dipende certo dai crocifissi esposti in un’aula scolastica la mia poca o molta fede. So dove pregare o bestemmiarlo, non lì.
È invece una questione storica e civile: la nostra storia millenaria di cultura, civiltà e arte è espressa meglio dal crocifisso – dalla pietà, dalla considerazione del dolore, dalla gloria dei morti ingiustamente, da un evento storico che ha rivoluzionato il mondo e ha coperto l’Italia di monumenti e arte – o dal simbolo che rappresenta una delle tante importanti scoperte scientifiche?