Gli scavi di Samaria/Sebaste e la tomba di Giovanni il Battista (dalla presentazione della mostra a Milano)
In una mostra che si terrà dal 25 febbraio al 4 marzo a Milano, l’Associazione Pro Terra Sancta presenterà i nuovi scavi effettuati nella città di Sebaste, l’antica Samaria, ed i progetti di attività sociali e culturali nate dall’Associazione. Mettiamo a disposizione on-line il testo della presentazione allegato all’invito ed ulteriore materiale tratto dal sito dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri testi sui Luoghi biblici, vedi su questo stesso sito la sezione I luoghi della Bibbia e della storia della chiesa.
Il Centro culturale Gli scritti (20/2/2011)
La cittadina palestinese di Sabastiya, prende il nome da Sebastia, la città fondata nel 25 a.C. da Erode il Grande sul sito dell’antica Samaria, capitale del regno israelita del nord. Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce spettacolari vestigia, ancora oggi visitabili sull’acropoli, tra cui la torre ellenistica ed i resti romani del tempio dedicato all’imperatore Ottaviano Augusto, il foro, la basilica, il teatro, lo stadio, le mura e la strada colonnata.
Nel primo periodo cristiano Sabastiya diventa tappa di pellegrinaggio, come luogo della tomba di Giovanni Battista. Una chiesa viene costruita sulla tomba nel periodo bizantino (V secolo), ricostruita nel periodo crociato (XII secolo) e trasformata subito dopo in moschea, dedicata al profeta Yahia, nome musulmano di San Giovanni Battista.
ATS Pro Terra Sancta, nata per sostenere progetti sociali e culturali della Custodia francescana di Terra Santa, lavora con il Comune di Sabastiya da alcuni anni. Progetti di recupero del centro storico sono stati condotti grazie al supporto della Cooperazione Italiana e dal 2010 dalla Fondazione Cariplo e dalla Regione Lombardia. A partire da un primo nucleo di edifici l’azione di tutela si è allargata gradualmente fino a risanare una parte consistente del centro storico, sostenendo l’economia della cittadina impiegando nel cantiere artigiani e manodopera locale. L’attività si è rivelata particolarmente interessante nel momento in cui, a seguito del lavoro di pulizia dell’area dalle macerie e dai detriti, sono emersi alla luce i resti di una imponente fortificazione, di una torre con scala a chiocciola e infine di una cappella, che risalgono con molta probabilità al periodo crociato.
Nel 2009 sono inoltre emersi due lacerti di mosaici pavimentali di squisita fattura, probabili resti del monastero bizantino adiacente alla chiesa. Al di là delle attività di conservazione e messa in valore, il progetto sostiene una serie di attività di formazione della popolazione locale, in particolare donne e giovani. E’ stata istituita una foresteria, che offre il servizio di ospitalità ai turisti e pellegrini sia negli edifici ristrutturati che nelle famiglie del villaggio. Sono stati organizzati corsi di formazione per guide turistiche locali e per la produzione di prodotti tipici che sono commercializzati nella bottega artigianale attrezzata in uno degli edifici restaurati del centro storico.
Sebaste/Samaria dal sito dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme
Il cristianesimo a Sebaste, l’antica capitale di Samaria, ebbe inizio subito dopo la morte di santo Stefano quando i fedeli, dice san Luca, si dispersero, “per le regioni della Giudea e della Samaria” (Atti 8,1). Continuò modestamente fino al Concilio di Nicea del 325, poi si sviluppò, nonostante la breve reazione pagana sviluppatasi sotto Giuliano l’Apostata nel 362, fino all’occupazione araba del 638. Riprese vita col regno latino nel XII secolo per poi estinguersi, piano piano, nel secolo XVIII.
L’azione di Filippo. “Filippo, prosegue san Luca, entrato nella città della Samaria predicava loro il Messia. E le folle, unanimi, prestavano orecchio alle cose dette da Filippo, all’udirlo e vedere i prodigi che faceva. Infatti da molti invasati uscivano gli spiriti, gridando a gran voce, e molti paralitici e zoppi furono guariti. Così fu grande allegrezza in quella città” (5-8). Fra la gente che si faceva battezzare vi era anche Simon Mago attratto dai prodigi.
Gli apostoli che erano in Gerusalemme, venuti a conoscenza dell’operato di Filippo inviarono Pietro a Giovanni per stabilire saldamente la chiesa col far discendere lo Spirito Santo. È in questa occasione che Simon mago offrì a Pietro denaro per poter fare i miracoli.
L’Angelo del Signore rapì Filippo perché andasse ad evangelizzare altrove; gli Apostoli fecero ritorno a Gerusalemme e chi restò per dirigere la chiesa nascente? Non si può immaginare che i responsabili la lasciassero senza capi. Il catalogo detto De septuaginta Discipulis, attribuito a Doroteo vescovo di Tiro, fa succedere a Filippo, come primo vescovo, il diacono Nicola, uno dei sette ordinati da san Pietro. È difficile controllare la storicità di tale notizia perché le altre fonti antiche tacciono su questo argomento, come per tutti gli altri capi fino alla pace costantiniana.
La martire sant’Eudocia. Nel Menologio greco, scritto per l’imperatore Basilio nel X secolo, al primo di marzo si commemora il martirio di sant’Eudocia “oriunda della città di Samaria” (PG 117, 331-34) avvenuto sotto Aureliano (270-275). Essa sarebbe stata una peccatrice ma si sarebbe convertita in seguito ad una predica di un certo monaco chiamato Germano e ad una visione di due angeli: quello buono che si rallegrava con lei e quello cattivo che la rimproverava. Distribuì i suoi averi ai poveri e fu uccisa per la vendetta dei suoi ex amanti che l’accusarono come cristiana. Il nome Germano ci richiama alla mente il ben noto personaggio che al tempo del Concilio di Nicea (325) era vescovo della vicina città di Flavia Neapolis. Eudocia sarebbe stata battezzata dal vescovo chiamato Teodosio.
San Vivenzio. Una vita del X secolo che descrive la gesta del santo, afferma che san Vivenzio sarebbe nativo di Samaria. Nato da famiglia pagana, si sarebbe convertito in seguito ai discorsi di Gregorio di Antiochia, poi avrebbe attirato alla fede i suoi genitori e familiari e sarebbe divenuto sacerdote. Emigrato andò in Grecia, poi in Francia dove incontrò sant’Ilario verso l’anno 365. Avrebbe condotto vita eremitica e morì a Poitou.
I vescovi del periodo bizantino. Conosciamo i vescovi che ressero la diocesi di Samaria, soprattutto perché presero parte ai Concili tenuti nei secoli IV VI. Il primo è Mario o Marino che intervenne al Concilio di Nicea tenutosi nell’anno 325. Seguono Eusebio che fu a Seleucia nel 359, Prisciano a Costantinopoli nel 381, Eleuterio che intervenne nel concilio di Lidda (Diospoli) nel 415, Costantino che viveva nel 449 e fu ad Efeso nel 451. Marciano, consacrato dal Patriarca di Gerusalemme Elia, governò facendo molte elemosine (Cirillo di Scitopoli, Vita di san Saba, Schwarz, 127) e Pelagio che intervenne al concilio di Gerusalemme del 536.
Un altro vescovo, di nome Stefano, è conosciuto per aver dedicato una chiesa a sant’Elia la cui iscrizione è stata ritrovata nelle odierna rovina di el Boberije presso Sebaste. Si crede vissuto tra il secolo V e VI.
La cattedrale. La presenza del vescovo in città, nota fino dagli albori del IV secolo, suppone una chiesa grande che siamo soliti chiamare la cattedrale. Nello stabilire dove essa fosse gli autori non sono concordi. Gli archeologi della Harvard Expedition misero alla luce la basilica civile, nella quale trovarono due absidi successive con livelli differenti: una grande con pavimento alto ed un’altra più piccola. Essi chiamarono ambedue le costruzioni “romane”, ma quella del livello più basso la ritennero come la più antica e, per metterla bene, in luce distrussero la più recente, cosicché oggi di quest’ultima non si vede più nulla. Il ricordo rimane solo nelle piante. Crowfoot, facendo nuovi scavi in città, riesaminò le rovine e si convinse che la grande poteva essere di una chiesa. Nel caso sarebbe stata la più grande delle altre del periodo bizantino. Però faceva notare che se non era orientata, come del resto il Santo Sepolcro, il vecchio edificio poteva essere utilizzato (The Building, p. 37) solo in questa direzione. Fisher, invece, che faceva parte della spedizione Harvard (p. 219), riteneva che la basilica, nonostante i suoi due periodi, fosse rimasta sempre di carattere profano e pensò che la cattedrale fosse stata costruita sopra la tomba di san Giovanni, però né lui né Crowfoot poterono rintracciare dei resti bizantini nel posto. Hamilton, invece, riuscì a vedere i ricorsi primitivi, ancora esistenti, nel muro di nord presso l’angolo di est (Guide to Samaria-Sebaste, Jerusalem 1944, p. 35). La costatazione l’indusse a credere che realmente sotto la chiesa crociata vi fosse la “cattedrale” bizantina. Di questa già il Crowfoot aveva ritrovato, presso l’angolo nord ovest della moschea, due capitelli ed uno presso una casa vicina, di stile corinzio con le foglie d’acanto simili a quelle dei capitelli della chiesa della Theotocos al Garizim ed uno aveva la croce maltese nell’abaco. Così egli riteneva che la chiesa fosse costruita verso il V secolo (p. 38).
La tomba di san Giovanni Battista. La prima menzione della tomba del Battista a Samaria ce la dà Rufino di Aquileia quando descrive la reazione pagana contro i cristiani avvenuta nel 361-362 sotto Giuliano l’Apostata. In quel tempo i pagani dettero fuoco alla tomba e cercarono di disperdere le ceneri. Però un monaco del monastero dell’abate Filippo, che si trovava in Gerusalemme, riuscì a sottrarre delle reliquie (Baldi, Enchiridion n. 298).
Ma la tomba era autentica? Militano per questa credenza diversi fatti: primo che i discepoli siano partiti da Macheronte, dove era stato ucciso il maestro, recando con loro il corpo del Battista, per uscire dal territorio dove Erodiade poteva ancora fare del male; secondo perché il corpo non fu ritrovato a base di visioni come molti altri e perciò si suppone che sia stato sempre in venerazione; terzo perché i pagani di Sebaste non si sarebbero accaniti contro tale tomba se l’avessero creduta una cosa inventata di recente.
Ma era possibile seppellire Giovanni in una tomba di profeti? Sembra di si perché Giovanni stesso era reputato un profeta, tanto più che le tombe ebraiche non dovevano essere molte, dato che la città aveva preso l’aspetto pagano. D’altra parte non dobbiamo dimenticare che nei primi secoli del cristianesimo erano disseminati per la Samaria i Battisti, o discepoli di Giovanni, combattuti dall’anonimo autore delle Ricognizioni Clementine (LII-LX: cfr. Euntes Docete 1972, p. 296), i quali avevano tutto l’interesse per il mantenimento efficace della tomba del maestro.
Ma la tomba attuale può risalire a tempi così antichi? Attualmente è coperta a volta, con la pianta molto trasformata (SWP II, 214) a causa della costruzione delle chiese sovrastanti, da impedire di vedere la struttura primitiva. Comunque una porta di pietra, simile a quelle delle Tombe dei Re a Gerusalemme, giace a sinistra dell’entrata e ci testimonia una disposizione di un periodo più antico del bizantino. Di quest’ultimo rimane il pavimento fatto a piastrelle di marmo, ancora in buone condizioni, e, sembra, un ingresso nella parete di est che la metteva in comunicazione con la cattedrale. Per altri dettagli v. La Terra Santa 1978, pp. 58-62.
San Girolamo e Paola andarono a venerare il sepolcro senza accennare neppure alla profanazione avvenuta, anzi raccontarono l’accorrere dei pellegrini e i miracoli che vi avvenivano. (Ench. n. 300). Altri scrittori posteriori, come il monofisita Rufus, descrivono la posizione della tomba riguardo alla chiesa: “Il luogo era una cappella particolare del tempio, protetta da inferriata perché sono due telai ricoperti di oro e di argento, davanti ai quali brillano sempre le lampade: una di san Giovanni, l’altra di Eliseo e nel posto vi è pure un trono ricoperto di un tappeto sul quale nessuno siede” (Ench. n. 301). È appunto il trono simbolico della potenza del Battista. Eliseo ed Abdia, secondo questi antichi testi, sarebbero stati sepolti nella stessa grotta sotterranea in tempi molto più antichi.
La pretesa invenzione della testa del Battista. Dove sia andata a finire la testa consegnata a Erodiade non è dato saperlo ma già dal IV secolo si cominciano a fare delle “invenzioni” o ritrovamenti di tale pretesa testa. Un ritrovamento si ebbe anche in Sebaste nel luogo ritenuto come il carcere del Battezzatore. Di fatto presso l’acropoli fu innalzata una chiesa, mentre la chiesa grande della tomba rimaneva in basso ad oriente nella zona cimiteriale. Il documento conosciuto col titolo: Commemoratorium de casis Dei, documento ufficiale redatto verso l’anno 808, inventaria chiese e religiosi, a Samaria ricorda prima la chiesa del sepolcro e poi un’altra dove era il carcere. Ufficiavano tali sacri edifici un vescovo chiamato Basilio e, fra preti e monaci, 25 persone (Ench. n. 305). La chiesa, però, era stata innalzata circa tre secoli prima come si può vedere dai resti incorporati nel rifacimento medievale. I costruttori avevano reimpiegato molti elementi architettonici delle costruzioni pagane.
Nel periodo medievale. Prima dell’arrivo dei crociati le chiese erano rovinate ed essi si sforzarono di rialzarle, sia quella del sepolcro, sia quella dell’invenzione della testa di san Giovanni. La prima chiesa fu ricostruita subito, tant’è vero che l’abate russo Daniele, venuto nel 1106, poté vedere “sopra la tomba (del Battista) una bella chiesa eretta sotto il titolo dei Precursore, con un convento franco bellissimo” (Ench. n. 307). Nei documenti d’ufficio si incontrano tre vescovi vissuti tra il 1128 e il 1178, dei canonici e dei priori.
Lo scrittore musulmano Usama, morto nel 1188, racconta lo svolgersi di una cerimonia religiosa della quale rimase edificato: “Visitai la tomba di Giovanni figlio di Zaccaria sia su entrambi la salute! nel villaggio di Sebastia in provincia di Naplusa. Fatta la preghiera, uscii in uno spiazzo cinto, di fronte al luogo dov’è la tomba. C’era una porta socchiusa; l’apersi ed entrai in una chiesa, dove erano una diecina di vecchi, col capo scoperto e canuto come cotone cardato. Rivolti verso l’Oriente, avevano sul petto dei bastoni terminanti con sbarre trasversali e ritorti come la parte anteriore della sella; su questi essi giurano, e presso di loro si riceve ospitalità. Vidi uno spettacolo tale da intenerire i cuori, ma che insieme mi spiacque e rattristò, non avendo mai veduto tra i musulmani nessuno di così devoto zelo” (Gabrieli, Storici arabi delle Crociate, pp. 83-84). Lo storico descrive i monaci greci che, stando ritti, si appoggiano al loro caratteristico bastone durante l’ufficiatura.
Nel 1145 furono ritrovate le reliquie di san Giovanni, forse rifacendo la chiesa dell’invenzione della testa, ed il Patriarca di Gerusalemme, Guglielmo I, narra tale rinvenimento e concede l’indulgenza di 40 giorni a chi contribuisce a rialzare la chiesa (Regesta, p. 59). Essa era affidata ai greci come si sa dal pellegrino greco Focas che vi fu nel 1177. Egli dice: “Ora in questo luogo vi è un monastero dei greci” (Ench. n. 312). Descrive poi la chiesa con cupola e con la celletta-cripta dell’invenzione della testa di san Giovanni. Nel ricostruirla, com’è apparso dagli scavi, furono lasciati sul posto gli elementi antichi ancora utili, per es. le colonne che furono racchiuse nei pilastri come esattamente fu fatto in quel tempo nella chiesa costruita sul pozzo della Samaritana e in quella di ‘Abud. La chiesa era abbellita da pitture tra cui quella della cripta che rappresentava la scena del ritrovamento della testa. Gli operai musulmani che scavarono la chiesa all’insaputa del direttore dello scavo J.W. Crowfoot, sfregiarono subito tali pitture per l’idea semita insita in loro. Lo scavatore ne dette una descrizione particolareggiata (Churches of Bosra and Samaria-Sebaste, London 1937) con la riproduzione di un acquerello di M. Bentwich.
Nel periodo post-crociato. Partiti i crociati restarono in città i cristiani indigeni. La chiesa grande, costruita sul sepolcro del Battista, fu subito confiscata dai musulmani che la trasformarono in moschea, l’altra chiesa fu conservata dai fedeli di rito greco. Così il domenicano p. Burcardo di Monte Sion, visitando il paese nel 1283, notò la “maumeria”, ossia la chiesa divenuta moschea e, nell’acropoli, la chiesa dove stavano i monaci greci con i cristiani che lo accolsero benignamente” (Ench. n. 317).
La posizione rimase immutata per alcuni secoli, come si può vedere scorrendo gli itinerari dei pellegrini. Così, per es., nel 1347 fra Niccolò da Poggibonsi trovò in alto il “monistero che ‘l tengono i calogeri greci” (Ench. n. 322) e nel 1593 Bartolomeo de Saligniaco diceva di essere stato ricevuto dai cristiani con “somma umanità”. Nel 1616 Pietro della Valle nota: “Vi trovai, tra gli altri, alcuni pochi christiani di lingua araba, ma di rito greco li quali mi condussero a vedere la chiesa del sepolcro di san Giovanni”. Gli abitanti erano pochi e nel sec. XVI il p. Suriano (Trattato, p. 142) scriveva: “Ivi sono forse dieci case habitate”.
Nel 1647 andando da Gerusalemme a Nazaret si fermò a Sebaste il p. Bernardino Surius il quale, dopo aver descritta la chiesa inferiore di san Giovanni tenuta dai musulmani, dice: “L’altra chiesa è costruita sulla cima della montagna, nel luogo dove una volta vi era il palazzo reale, con un piccolo chiostro dei greci, che tengono il luogo, dove (come essi dicono) san Giovanni Battista fu tenuto prigioniero e decapitato, benché non sia vero perché egli fu martirizzato a Macheronte, luogo situato al di là del Giordano verso il Mar Morto. Però è vero che i suoi discepoli inumarono il suo corpo in questa città”. (Le pieux Pélerin, p. 551).
Nel 1649 e nel 1670-71 visitò la Palestina, andando alla Mecca, il musulmano Eulya Chelebi e parlando di Sebaste dice che è un villaggio prospero e “presentemente è abitato da musulmani e da cristiani” (Quartely of the Department of Antiquities in Palestine 6 (1937), p. 88), poi continua: “Nel declivio vi è un monastero elevato, le cui costruzioni attirano lo spettatore. E’ costruito artisticamente ed è ben degno di vedersi. Gli abitanti dei monasteri e del paese furono massacrati nell’occasione che il califfo Mamud si fermò in questa città, quando venne dall’Egitto nella via per Tarsus e per Qara Görgis (Qara Kürfüz). Da quel tempo i monaci non vivono più nel monastero. Va in rovina”. Eulya parla della chiesa dell’acropoli, infatti continua dicendo: “Nei dintorni di questo monastero vi è la Casa di Yahya in Beit Sebastya” mostrando come il villaggio si fosse spostato verso la tomba di san Giovanni. Racconta, poi, come i greci avrebbero messo il corpo del santo in sarcofago di marmo e come i maltesi l’avrebbero trafugato di soppiatto.
Sembra che Eulya parli di Muhammad Köprülü già Pascià in Gerusalemme, dove fece soffrire molto i cristiani tanto da far partire per Costantinopoli i vescovi greco e armeno ed il custode di Terra Santa (Morone, II, pp. 344-54) per cercare di poter sopravvivere, e che, divenuto Gran Visir nel 1656, cercò “con rude severità di estirpare ogni spirito di ribellione” (C. Brockelmann, History of the Islamic Peoples, London 1959, pp. 308 e 3323).
I pellegrini Gabriele Bremont, che visitò Sebaste nel 1666 (Viaggi, p. 227), e Domenico Laffi, (Viaggio, p. 143) che vi fu nel 1679, non ci parlano più dei monaci, ma dei cristiani che vanno vicino alla moschea nell’abside della chiesa sepolcrale di san Giovanni. Il primo scrive: “Il sepolcro di san Giovanni Battista è distinto dagli altri (Eliseo ed Abdia) per l’iscritioni che vi sono, benché mezzo cancellate. I poveri cristiani hanno gran cura di questa cappella e luoghi vicini alla collina che si chiama choniron. Anche i Maomettani tengono in venerazione questo luogo, chiamandolo Mar Zaccaria dal nome del Padre di san Giovanni Battista”. Il secondo, della chiesa, notò i “capitelli di artificioso lavoro” e il “residuo d’una vaga cupola, sotto la quale si giudica fosse l’altare maggiore, ornato parimente di colonne di marmo e di pitture alla mosaica; questa al presente è divisa per mezzo officiando da una parte i greci e dall’altra i maomettani”.
Il p. Morone (Terra S. I, p. 337) nel 1669, descritto il sepolcro di san Giovanni, nota: “Ma di rado vi si accostano i pellegrini per l’insatiabilità di quei pochi villani che vi habitano, la temerità de quali esperimentai io stesso”.
Nel 1904 Papadopulos, tenendo conto dei registri ed altri documenti di Archivio nel Patriarcato greco ortodosso, fissò una lista dei villaggi esistenti nel 1667 e segnò anche Sebaste con 9 villaggi dipendenti dal suo vescovato. Il vescovo, però, non era residente. Tra questi ne conosciamo uno che morì a Roma nel 1731. Si chiamava Nastri (Le Quien, Orbis Christianus, III, 653).
Piano piano Sebaste si spopolò e anche i cristiani furono costretti a esulare mentre alcuni rimasero nei dintorni. Nella metà del secolo scorso il p. Da Perinaldo (La Terra S, III, p. 254) notava “pochi casolari rustici arabi abitati tutti da musulmani”. Nella statistica del 1922 i cristiani sono solo 10. Il villaggio, benché ingrandito anche oggi è musulmano e, fino pochi anni fa, poco gentile verso i forestieri. Nonostante ciò il culto del Battista appare praticato sempre perché, come nota il Crowfoot, i paesani lo considerano come uno di loro. I greci ortodossi eleggono l’arcivescovo di Sebaste, ma risiede a Gerusalemme.