Ponzio Pilato ed il suo giuramento al Foro Romano, di Andrea Lonardo
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Riprendiamo dalla rubrica Alle radici di Roma del sito Romasette un articolo scritto da Andrea Lonardo.
Il Centro culturale Gli scritti (17/2/2011)
«Sotto Ponzio Pilato». Il nome di un alto ufficiale romano è entrato nel Credo. Già questo solo nome proprio testimonia della realtà storica delle fede cristiana. Non si trova alcun riferimento storico nei culti mitraici o nei miti gnostici. Le storie lì raccontate non sono reali, ma mitiche: si ripetono eternamente, sono cicliche, come i ritmi della natura. Non avrebbe senso, dinanzi ad esse, porsi la domanda: «quando sono avvenute?». Questa domanda, invece, caratterizza il cristianesimo.
«Patì sotto Ponzio Pilato», «fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato». Così recitano il Simbolo degli Apostoli ed il Credo niceno-costantinopolitano. E non finisce di stupire che uno dei tanti funzionari romani dell’imperatore Tiberio sia entrato in uno dei testi più importanti della storia del mondo, il Credo della chiesa. Certamente Cristo è morto «per noi» - ricordo sempre la straordinaria espressione di un giovane che ripeteva: «se credi che Gesù è morto per te, allora sei salvo»! Ma è morto per noi, proprio sub Pontio Pilato. Né prima, né dopo. Proprio in quell’anno. In quel giorno. Proprio mentre la Giudea era governata da Ponzio Pilato.
Gesù nacque negli anni in cui veniva edificato in Roma nei Fori il Tempio di Marte Ultore, dove pochi anni dopo Ponzio Pilato avrebbe giurato fedeltà all’imperatore prima di partire per la sua missione in Giudea. Passeggiando per via dei Fori imperiali lo si distingue chiaramente, fra i Mercati Traianei ed i resti del Foro di Nerva con le famose Colonnacce. Del Tempio di Marte Ultore è rimasto l’alto podio con la sua scalinata in marmo ed alcune colonne sul fianco di destra, per chi guarda. Il suo stato di relativa conservazione dipende dal fatto che venne trasformato in chiesa, la Santissima Annunziata, che venne poi demolita in età fascista per realizzare gli scavi dei Fori.
Augusto ne aveva deciso l’edificazione già nel 42 a.C., come atto votivo prima della battaglia di Filippi contro gli uccisori di Cesare, perché il dio lo sostenesse in questo atto di vendetta: Marte era invocato come l’Ultore, il vendicatore, contro l’omicidio perpetrato dai congiurati. Il Tempio fu, però, terminato solo nel 2 a.C.
La memoria di Filippi divenne il motivo per cui, da allora, a tutti i condottieri dell’esercito romano, così come ai capi dell’amministrazione imperiale delle diverse province venne chiesto di sacrificare proprio in quel Tempio al dio della vendetta contro i nemici di Roma prima della loro missione. La memoria della sconfitta patita dai congiurati doveva essere inculcata in tutti i rappresentanti del potere romano nelle diverse province, perché essi sapessero a quali conseguenze sarebbero andati incontro in caso di tradimento.
Ponzio Pilato offrì così sacrifici a Marte ultore, nel Tempio a lui dedicato, prima di partire in missione come prefetto della Giudea (magistratura che ricoprì dal 26 al 36 d.C.). Ad Augusto era nel frattempo succeduto Tiberio che aveva eretto, sempre nello stesso Tempio, gli archi di Druso e Germanico. Solo con gli imperatori successivi il titolo di prefetto fu mutato in quello di procuratore.
Nato sotto Cesare Ottaviano Augusto, Gesù fu quindi crocifisso sotto Tiberio, essendo prefetto della Giudea Ponzio Pilato. Nei vangeli il nome di Pilato viene ricordato già in relazione alla predicazione di Giovanni il Battista: «Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto».
(Lc 3,1-2). Luca, sempre molto attento a situare la vicenda del Cristo nelle coordinate storiche del tempo, chiamando per nome i regnanti della Siria-Palestina e della Giudea, ricorda come i fatti riguardanti il Battista avvennero «al tempo di Ponzio Pilato».
Gesù stesso fu almeno una volta interrogato sulle malefatte del suo futuro giudice, quando «si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,1-3).
Il governatore romano balza però prepotentemente sulla scena della vicenda evangelica in occasione del processo di Gesù. Solo Matteo ricorda che egli «prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla» (Mt 27,24), ma certo quel gesto esprime bene la sua arrendevolezza colpevole dinanzi al sinedrio che vuole la morte di Gesù, poiché il Cristo si è fatto «simile a Dio». Pilato comprende bene che Gesù non è assolutamente pericoloso, né lo sono i suoi discepoli: ne decide però la crocifissione per paura che i sommi sacerdoti inneschino una rivolta contro il potere romano se egli non avesse decretato la soppressione del “bestemmiatore” Gesù.
Gli Atti degli Apostoli vedono in questo evento non solo un fatto storico, ma anche la realizzazione della profezia del Salmo 2 che preannunciava una misteriosa alleanza del popolo d’Israele e delle nazioni pagane contro il Signore ed il suo Messia: «davvero in questa città Erode e Ponzio Pilato, con le nazioni e i popoli d’Israele, si sono alleati contro il tuo santo servo Gesù, che tu hai consacrato» (At 4,27). Nell’ottica lucana questo testo indica già che il Cristo è venuto per tutti e che insieme ebrei e pagani si stringono intorno a lui, per decretarne la morte, ma anche perché da quella morte tutti ricevano la vita.
L’ingresso dei pagani nella storia del cristianesimo ha qui Pilato come capofila. Non un greco, ma un romano. A compimento delle Scritture. A compimento di quel disegno di salvezza che Dio aveva nel suo desiderio fin dall’eternità. Per questo Pilato già scivola sullo sfondo nel ruolo di comparsa, per lasciar posto a colui che è il vero protagonista. Come dirà l’autore della prima Lettera a Timoteo, a Gesù Cristo, colui «che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato» (1 Tim 6,13).
Ecco Pilato, un romano di cui si parla per raccontare di un altro, del Cristo Signore.