Quel profilo di Obama. Con fede senza reticenze, di Davide Rondoni
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Riprendiamo da Avvenire del 10/2/2011 un articolo scritto da Davide Rondoni. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (11/2/2011)
Barack Obama dice che Gesù è il suo Salvatore. E che in due anni – da quando è in carica – la sua fede si è approfondita. Sa dirlo chiaro e tondo. E lo ha appena ripetuto in un incontro con i leader religiosi americani. La sua scoperta della fede non si deve alla impostazione familiare, ma alla amicizia e all’impegno preso con alcune persone, nella "sua" Chicago. Il capo della Casa Bianca ha tracciato la propria storia personale di credente, raccontando anche di come e dove prega, e con chi. L’occasione è stata nei giorni scorsi la tradizionale breakfest prayer che alla Bible Society, da sessant’anni, dai tempi di Eisenhower, i presidenti in carica trascorrono assieme ai capi religiosi di varie confessioni. E che di solito rappresenta un momento per il presidente di trattare i temi legati a convivenza e fedi religiose.
Non a caso, in questo appuntamento, Obama ha aperto il discorso con un riferimento ai fatti egiziani. Prima però ha rivolto saluti ad alcune persone presenti tra i quali Mark Gifford, la cui moglie, la deputata democratica Gabrielle Giffords è stata ferita in Arizona. Per queste persone Obama ha detto di aver pregato spesso, assieme alla sua famiglia. Ne è venuto fuori una specie di autoritratto religioso. Dal sostanziale agnosticismo del padre, dallo scetticismo della madre, pur spiritualmente ricca, fino alla attuale vita di fede. Andava poco in chiesa. il giovane Barack. Ma pochi anni dopo il college, nel rapporto con alcuni membri di comunità cristiane di Chicago, Obama è cambiato. «Ho conosciuto Gesù Cristo per me stesso, e l’ho abbracciato come mio Signore e Salvatore», ha scandito.
Da qui l’abitudine a pregare, assieme ad amici pastori evangelici, subito fuori dal presidenziale studio ovale. E quella di ricevere ogni mattina una riflessione sulle Scritture e cominciare così la giornata. Ha raccontato di come i parenti pregano per lui. Ha avuto momenti simpatici, come quando ha ricordato preghiere "particolari", ad esempio quella per sopportare i saggi di danza della figlia... E ha accennato di aver maturato la consapevolezza che Dio ha in mente per noi cose più grandi – e spesso diverse – dei nostri desideri. E ha spiegato quanto la fede lo aiuti a ritenere da un lato necessario ogni suo sforzo per onorare doveri e urgenze e a ritenersi sempre inadeguato e "piccolo", come le Scritture insegnano. Ha chiesto a Dio che ci aiuti nel rapporto con coloro che hanno idee differenti dalle nostre.
Ha scolpito il proprio profilo di credente senza timidezze. Il profilo cristiano di un presidente che – come tutti noi del resto – può essere criticato per scelte e decisioni che appaiono in contrasto con la sua scelta e alcune sue affermazioni. E, in effetti, i sondaggi Usa mostrano come la religiosità di Obama sia percepita da molti, come "confusa". In un anno, la percentuale di coloro che lo ritengono musulmano è cresciuta dall’11 al 18%. Il 34% ha capito invece che è cristiano.
Si tratta di una spiritualità di taglio protestante. Ma quel che più importa è notare ancora una volta l’evidenza che il volto religioso del presidente e il valore della fede assumono nella vita pubblica degli Usa. E notarlo mentre l’Unione Europea fatica a citare il termine "cristiani" in un documento ministeriale che dovrebbe stigmatizzare le violenze proprio contro i cristiani.
Una grottesca vergogna di sé, che rivela debolezza. Una volta le agende con le feste di tutti ma non quelle cristiane, un’altra volta le bocche chiuse della diplomazia inglese e la tiepida ed evasiva condiscendenza di altri: di fatto, l’Europa si allontana da una laica, serena affermazione del fatto religioso come rilevante nella vita pubblica. E così si mostra insicura di sé, e incapace di sicurezza per chiunque.