Adriano Olivetti agli operai di Ivrea nella notte di Natale: «La disoccupazione è la malattia mortale della società moderna. Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento di non averlo, di fare un lavoro che non serva e che non giovi a un nobile scopo. Bisogna per questo meditare sulle cose che operano i cambiamenti, che perfezionano e ingrandiscono la nostra azione, che portano innanzi dei metodi risolutivi. Per anni nella preghiera di ogni giorno non ho mai pensato al mio pane quotidiano, ma che mai il lavoro di cui il pane è il simbolo vi venisse a mancare e affinché questa fabbrica fosse protetta. Siete voi lavoratori delle fabbriche e dei campi, ingegneri e architetti, a plasmare la viva realtà e gli ideali che ognuno porta nel cuore. La croce rimane l'asse immobile intorno al quale ruota la storia. Stasera nelle chiese e qui a Ivrea nella cattedrale, e ovunque è una chiesa, vi accompagnerete con i vostri cari ad assistere in raccoglimento pensoso al mistico sacrificio offerto a Dio dal Salvatore»

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 21 /12 /2025 - 22:56 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo un lungo brano da Adriano Olivetti, in Discorsi per il Natale, Città di Castello, Edizioni di Comunità, 2017, pp. 45-49; è il Discorso di Natale. Ai lavoratori di Ivrea, pronunziato a Ivrea la sera del 24 dicembre 1955 e già apparso nelle antologie di scritti olivettiani Il mondo che nasce e Città dell'uomo. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Giustizia e carità.

Il Centro culturale Gli scritti (21/12/2025)

Il brano che segue è tratto da Adriano Olivetti, in Discorsi per il Natale, Città di Castello, Edizioni di Comunità, 2017, pp. 45-49; è il Discorso di Natale. Ai lavoratori di Ivrea, pronunziato a Ivrea la sera del 24 dicembre 1955 e già apparso nelle antologie di scritti olivettiani Il mondo che nasce e Città dell'uomo.

[…] Tutta la mia vita e la mia opera testimoniano […] - io lo spero - la fedeltà a un ammonimento severo che mio padre quando incomincia il mio lavoro ebbe a farmi:

«Ricordati» mi disse «che la disoccupazione è la malattia mortale della società moderna; perciò ti affido una consegna: devi lottare con ogni mezzo affinché gli operai di questa fabbrica non abbiano a subire il tragico peso dell'ozio forzato, della miseria avvilente che si accompagna alla perdita del lavoro».

E il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo.

L'uomo primitivo era nudo sulla terra, tra i sassi, le foreste e gli acquitrini, senza utensili, senza macchine. Il lavoro solo ha trasformato il mondo. E siamo alla vigilia di una trasformazione definitiva.

Anche quando posso sembrare lontano o assente il mio cuore è con voi e questo è il cifrario nascosto di una esperienza umana vissuta giorno per giorno. La fabbrica è grande, i problemi incalzano dentro e di fuori, nei reparti più vicini e in quelli più lontani, negli uffici più disparati.

E bisogna ogni giorno rifiutare la tentazione di risolvere personalmente un caso difficile, per meditare, invece, sulle cose che operano i cambiamenti, che perfezionano e ingrandiscono la nostra azione, che portano innanzi dei metodi risolutivi.

Mi illudo perciò di non avere ignorato le vostre aspirazioni, i vostri desideri, i vostri bisogni. Poiché i vostri dolori, le vostre sofferenze, i vostri timori e le vostre speranze sono da sempre le mie; per anni nella preghiera di ogni giorno non ho mai di certo pensato al mio pane quotidiano, ma ho potuto rivolgere un pensiero appassionato affinché mai il lavoro di cui il pane è il simbolo vi venisse a mancare e affinché questa fabbrica fosse protetta e prima e durante e dopo il tempo di una terribile guerra; in una parola, affinché la Provvidenza aiutasse un comune destino, giacché essa mi aveva assegnato un compito e una precisa responsabilità verso di voi.

Ho sempre saputo, fin troppo bene, come errori e debolezze e manchevolezze avrebbero potuto ripercuotersi dolorosamente sopra tutti, come la mia forza, il mio sforzo erano fin troppo legati al vostro avvenire.

Nel corso di tanti anni di lotte e, di avversità, in quegli anni tenebrosi del fascismo e della guerra, dell'occupazione e della resistenza che ebbe tra voi i suoi martiri e i suoi eroi eravamo tutti accomunati in una stessa lotta, contro uno stesso nemico; ma la fabbrica e la città vissero in salvezza poiché la Provvidenza aveva visibilmente steso un suo soffio di protezione.

Quella profonda unità vorremmo che si mantenesse oltre ogni divisione. Nello sconsolato mondo moderno, insidiato dal disordinato contrasto di massicci e spesso accecati interessi, corrotto dalla disumana volontà e vanità del potere, dal dominio dell'uomo sull'uomo, minacciato di perdere il senso e la luce dei valori dello spirito, il posto dei lavoratori è uno, segnato in modo inequivocabile.

Noi crediamo che, sul piano sociale e politico, spetti a voi un compito insostituibile, e di fondamentale importanza. Le classi lavoratrici, più che ogni altro ceto sociale, sono i rappresentanti autentici di un insopprimibile valore, la giustizia, e incarnano questo sentimento con slancio talora drammatico e sempre generoso; d’altro lato gli uomini di cultura, gli esperti di ogni attività scientifica e tecnica, esprimono attraverso la loro tenace ricerca, valori ugualmente universali, nell'ordine della verità e della scienza.

Siete voi lavoratori delle fabbriche e dei campi, ingegneri e architetti che, dando vita al mondo moderno, al mondo del lavoro e dell'uomo e della sua città plasmate nella viva realtà, ideali che ognuno porta nel cuore: armonia, ordine, bellezza, pace; essi bruciano in una fiamma che ci è stata consegnata e che conviene a noi come servitori di Dio alimentare e proteggere.

I più umili, i più innocenti, i migliori sanno nel loro presentimento che dal loro sacrificio di oggi, illuminati dalla grazia di Dio, potrà nascere finalmente qualcosa di nuovo e di grande, che le speranze dei nostri figli non andranno deluse, che il seme non fu buttato su un'arida roccia.

Stasera molti di voi, nelle chiese suggestive dei vostri villaggi e qui a Ivrea nella cattedrale, a San Lorenzo, a San Grato, al piccolo altare del Sacro Cuore, ovunque è una chiesa, vi accompagnerete con i vostri cari ad assistere in raccoglimento pensoso al mistico sacrificio offerto a Dio dal Salvatore.

In questo periodo l'ansioso desiderio di rinnovamento e di salvezza raggiunge una più grande intensità, e la luce di un'epoca nuova, per un ordine più giusto e più umano, si accende ancor sempre dietro la croce che rimane l'asse immobile intorno al quale ruota la storia.

Qui un video de Gli scritti sulla Olivetti a Ivrea

https://www.youtube.com/watch?v=_f2e2BiJ59U