Dei motivi della fede: dello stupore di un equilibrio che permane da miliardi di anni e del potere devastante del male che richiede che un soccorso sia intervenuto, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 09 /07 /2025 - 21:10 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un testo di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Cristianesimo e Scienza e fede.

Il Centro culturale Gli scritti (9/7/2025)


Arcimboldo, Le quattro stagioni

1/ Dello stupore del permanere di un equilibrio per miliardi di anni, fino all’origine dell’uomo

L’esistenza della vita nel tempo e, soprattutto, la sua evoluzione fino all’uomo sono dati che hanno una bassissima probabilità di essersi verificati per pura casualità.

Ciò che impressiona sono i miliardi di anni di stabilità che sono stati necessari per l’evoluzione che ha portato al nostro apparire e prima ancora all’origine della terra come luogo della vita.

Se si considera solo il presente, è evidente che se la terra avesse le temperature del suo nucleo, nessuna vita umana sarebbe possibile – si ritiene che il nucleo interno della terra abbia una temperatura tra i 4.900 e i 5.400 gradi.

Ma anche se tutta la terra avesse o le temperature dei poli o quelle dei deserti vicino all’Equatore, la vita umana sarebbe parimenti impossibile - l’Antartide tocca temperature di circa - 110 gradi, mentre i deserti di Dasht-e Lut in Iran e di Sonora al confine tra Stati Uniti e Messico quelle di + 80 gradi.

Incredibile è ancor più quell’equilibrio che genera le stagioni, avvicinandosi a temperature sempre più calde, ma non troppo, e poi sempre più fredde, ma non troppo – cfr. su questo La temperatura e la vita. Della posizione periferica del sistema solare e della terra: è necessaria per la presenza della vita, di Andrea Lonardo.

È quell’equilibrio ad aver reso e rendere tuttora possibile la vita umana, quell’equilibrio che pure è perenne movimento nelle diverse stagioni che si alternano – di modo che non si raggiungano mai esagerazioni né nel caldo, né nel freddo.

Tale equilibrio non solo esiste, ma – e la cosa è ancora più significativa – oscilla nelle diverse stagioni, per la rotazione della terra e della terra intorno al sole, compiendo un ciclo che si ripete inalterato, pur con variazioni: esso si ripete e dura da milioni di anni, pur nella fluttuazione delle glaciazioni e dei periodi interglaciali.

Se tale ciclo non fosse stato costante per un tempo enorme, la vita, anche se fosse iniziata, sarebbe comunque scomparsa. Tali condizioni, pur nella loro variabilità, debbono infatti essere costanti per permettere l’evoluzione della vita stessa sulla terra fino alle forme di vita attuali.

Per avere un’idea del tempo nel quale tale equilibrio è rimasto tale, basti pensare che gli studiosi ritengono che il pianeta terra si sia formata circa 4.500 miliardi di anni fa dalla nebulosa solare.

E basti pensare che essi ritengono parimenti che l’origine della vita sulla terra sia databile tra i 4.400 miliardi circa di anni fa, quando l’acqua allo stato liquido comparve sulla superficie terrestre, e i 2.700 miliardi di anni fa, quando è verificata la prima incontrovertibile evidenza della vita. I dati fanno ipotizzare che l’apparire della vita sulla terra sia avvenuto in tempi brevi, vicini insomma al momento della formazione della terra stessa – pur se sempre nel novero dei miliardi di anni.

Si ritiene anche che Homo abilis – nel quale già erano presenti dimensioni riconducibili all’umanità piena, come la capacità spirituale - sia apparso circa 2 milioni e ½ di anni fa (cfr. su questo In principio un solo uomo, di Fiorenzo Facchini).

Già solo questi 2 milioni e ½ di anni di esistenza della specie umana sono impressionanti quanto a durata. Ma, certo, in questa complessa sequenza di avvenimenti, ben prima dell’apparizione dell’uomo, nei miliardi di anni necessari all’evoluzione della vita sulla terra le temperature del pianeta non sono mutate in maniera talmente significativa da rendere impossibile il suo sviluppo fino appunto alla comparsa dell’uomo.

Questo permanere variabile e invariato potrebbe essere avvenuto in base ad una sequenza di casi e di coincidenze fortuite.

Ma tale ipotesi è quella probabilisticamente più convincente?

E se non fosse un caso? E se in questa enorme sequenza di tempi fossero da riconoscere una pazienza, una fedeltà e una sapienza inconcepibili nel trattare la “materia” - e prima ancora l’energia - per giungere fino all’uomo?

La Scrittura, dal canto suo, nel suo linguaggio antico ha consapevolezza dell’enormità del tempo trascorso prima della presente generazione, pur ignorando assolutamente quanto oggi è noto per via scientifica. Nei Salmi, infatti, si afferma: «1000 anni per te sono come il giorno di ieri che è passato».

Perché non è possibile commisurare l’eterno con il temporale.

Essa attesta così che gli antichi si stupivano del passare del tempo e, nonostante questo, del persistere nell’esistenza della vita sulla terra: i moderni sembrano, invece, ignorare tale meraviglia.

2/ Del potere devastante del male che richiede che un soccorso sia intervenuto

Fin qui si è trattato del macrocosmo. Cioè dell’immensità dei tempi e degli spazi. E del permanere stabile della terra e della vita su di essa, che ha permesso all’uomo di esistere.

Ma c’è un altro stupore, che potrebbe generare il sentimento della gratitudine – che coincide con la fede!

È quello del microcosmo dell’uomo e del suo corpo e della sua vita libera e del suo questionare e del suo sapersi meravigliare anche dinanzi al male.

Tale meraviglia sorge, innanzitutto, dinanzi al corpo – al nostro corpo: il corpo umano è incomprensibile nella sua comprensibilità articolatissima! Basta una qualche nozione sul sistema circolatorio o cerebrale o linfatico o sull’apparato digerente o muscolare o sul funzionamento della vista con il modo in cui le immagini vengono percepite con i loro colori dagli occhi – e così via – per domandarsi come sia possibile una tale complicatezza funzionante, una tale macchina perfetta.

Tale stupore è evidente anche dalle malattie che possono sopraggiungere. È tale la perfezione che si capisce immediatamente come anche una piccolissima problematicità possa provocare a cascata un malfunzionamento – anche se il corpo ha una capacità di “ripristinarsi” eccelsa.

Ma incredibile è ancor più la vita spirituale dell’uomo a partire dalla sua memoria.

Sant’Agostino ha affermato con parole straordinarie:

«Grande è questa potenza della memoria, troppo grande, Dio mio, un santuario vasto, infinito. Chi giunse mai al suo fondo? E tuttavia è una facoltà del mio spirito, connessa alla mia natura. […] Ciò mi riempie di gran meraviglia, lo sbigottimento mi afferra. Eppure gli uomini vanno ad ammirare le vette dei monti, le onde enormi del mare, le correnti amplissime dei fiumi, la circonferenza dell’Oceano, le orbite degli astri, mentre trascurano sé stessi» (Agostino, Confessioni, X 8. 15). 

Come possa l’uomo memorizzare sensazioni, storie, eventi, emozioni, e farne tesoro, è veramente “mistero”. Come il passato e il futuro immaginato possano farsi presente è di difficile comprensione.

Ma, ben oltre tutto questo, deve essere considerato e sovrastimato il segno della santità.

Solo i santi sanno pienamente di Dio. Perché solo loro lo hanno lasciato agire in pienezza.

Tanti non sanno di Dio proprio perché non gli hanno lasciato “spazio”. Un santo ha lasciato tutto della propria vita nelle mani di Dio e può veramente dire che non esisterebbe, che sarebbe totalmente altro, se non lo avesse lasciato agire. Per questo il santo e soprattutto il santo non può essere ateo.

Per questo il santo è, innanzitutto per sé stesso, prova dell’esistenza e della provvidenza di Dio, ma lo è poi anche per tutti gli altri. Ognuno, contemplando la vita del numero innumerevole dei santi, si accorge dell’opera di Dio in loro, della sua provvidenza, e apprende che veramente egli interviene e trasforma chiunque lo lasci fare.

Ma anche dove non subentra la santità piena, anche dove esiste solo una vita cristiana semplice e vera, si insinua la constatazione che se Dio non fosse venuto in soccorso nessuno sarebbe ciò che è.

Certo la vita nuova di chi crede è sopraggiunta – non c’era in origine! - tramite la Chiesa, tramite i suoi preti, tramite i suoi santi e teologi.

Ma è Dio che ha agito, tramite il suo “corpo” ecclesiale, voluto dal Padre e realizzato dal Figlio nello Spirito.

Ecco perché nella Bibbia non è solo il Gesù storico ad essere segno di Dio. Ecco perché nella Bibbia non sono solo le azioni di Dio per Israele ad essere segni della sua presenza. Anche la sua opera in ognuno è segno che deve essere colto.

Più volte il salmista affermano che “è il Signore mi ha salvato”, “egli ha salvato proprio me”. Il salmista ha “visto” l’opera di Dio nella sua propria vita.

Tale consapevolezza della salvezza affonda le sue radici nella corrispettiva consapevolezza sperimentata dell’insidia del peccato, della lotta, della presenza malefica del Maligno[1].

È il peccato originale che mostra come quello che noi siamo non avrebbe potuto essere senza la grazia.

La conversione di ogni cristiano, così improbabile, così originale e nuova, così trasformante, mostra che la grazia è per forza intervenuta, perché essa è necessaria, perché la nostra vita non avrebbe potuto essere quello che è stata - ed è - senza la grazia.

La permanenza del peccato sostiene la consapevolezza di come la grazia sia necessaria, di come tutto poteva nemmeno nascere o comunque non continuare, non fiorire e non maturare, se Dio non fosse stato presente.

Un Salmo ricorda che tutti siamo nati in Gerusalemme, che “l’uno e l’altro è nato in essa”, nella Chiesa fecondata dallo Spirito. Ognuno sa come senza quei determinati sacerdoti incontrati, senza quei testimoni, senza quei santi e dottori, non sarebbe ciò che è.

Chi crede sa che è impossibile che egli si sia fatto da solo. Tutto è venuto da altrove e nonostante il peccato.

Più si diventa cristiani e ancor più santi, più si sa questo per esperienza: tutto ciò che ha avuto a che fare con Dio è stato ed è buono, mentre tutto ciò che non ha avuto o non ha a che fare con lui non lo è e non lo può essere.

È la “prova” della vita dei santi e dei martiri e della Chiesa tutta, nonostante il suo peccato, ma anche della propria: questa è la vita e questa solo funziona, la fa camminare così come dovrebbe camminare per tutti.

Si è diventati cristiani, proprio per aver scoperto che nella fede sta la vita nuova e vera, che prima non si conosceva!

Anche qui, nel microcosmo – che è però ancor più l’opera dello Spirito – è una tale eccedenza di bene che stupisce.

A tale eccedenza non è per niente ostacolo che la si viva in prima persona, perché si è eletti esattamente per eleggere altri (e sostenere altri). Solo tramite l’elezione di alcuni Dio giunge ad altri: così ha voluto.



[1] Non si dimentichi mai l’illuminante e comprovante affermazione di Nicolás Gómez Dávila: «Da quando la religione si secolarizza, come unico testimone di Dio rimane Satana» (N. Gómez Dávila, In margine a un testo implicito, Milano, Adelphi, 2009, p. 86), su cui cfr. anche La mia prova dell’esistenza di Dio, di Andrea Lonardo.