La Quaresima, papa Francesco e la sua malattia. O dell’incertezza della vita e dell’accettazione della croce benedetta e non maledetta, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Magistero e Vecchiaia.
Il Centro culturale Gli scritti (5/3/2025)

Il digiuno, l’elemosina e la carità non solo tre “opere” da compiere, in maniera solipsistica, quasi che noi dovessimo vincere il male con le nostre forze e accumulare meriti.
No, essi preparano alla lotta contro il male, contro le tentazioni, preparano ad una vita che è e sarà incerta. Essi anticipano la croce che verrà e che non saremo noi a scegliere e ci preparano a ricevere la grazia di Dio nell’ora della prova.
La Quaresima ha una relazione indissolubile con la croce di Cristo, con quella croce che ognuno deve portare dopo di lui e con la sua forza, e che giunge a noi nelle forme che meno ci aspettiamo.
La vera obbedienza non è alle opere di penitenza, ma alla vita, con le sue prove, le sue batoste, con gli avversari che ti pone dinanzi, con le richieste che ti giungono quando meno te l’aspetti, con le malattie che ci perseguitano e con le gioie che giungono inaspettate, come quelle della nascita di un nipote do della scoperta di un nuovo maestro.
A volte, è solo questo che ci guarisce: una malattia o una nascita, un lutto o un trasferimento, un nemico o un amico inaspettato. Le opere quaresimali servono come preparazione, per affrontare poi ogni giorno le novità e le prove della vita.
Che vengono incerte, ma che Dio manda perché maturiamo e cresciamo nell’affidamento a Lui.
Proprio la malattia grave di papa Francesco ci ricorda cosa è vivere nell’incertezza, nella debolezza, nella croce, che sono la vera Quaresima.
Egli si sveglia e non sa nulla del suo futuro. Tutti preghiamo per una vita ancora lunga del papa, ma non sta a nessuno in terra deciderlo: questa è l'incertezza.
Essere credenti vuol dire però “approfittare” di quel giorno che Dio ancora ci dona e proprio in quella situazione di incertezza.
Non maledire la vita, non maledire quel giorno, non maledire quella situazione e proprio con quelle perone – quanta gente maledice la vita, perché non ha fede, in fondo.
Si deve invece accogliere la vita così com’è, così come viene, così come Dio la manda, ed approfittarne per compiere giorno dopo giorno, nell’incertezza, ogni passo che lui ci chiede.
L’incertezza è costitutiva della vita - ci ricorda la malattia di papa Francesco.
La debolezza è costitutiva della vita - ci ricorda la Quaresima.
Quello che ci cambia e ci converte non sono tanto le nostre opere penitenziale, ma questa accettazione della vita. Quello che ci cambia e ci converte non sono tanto le parole delle omelie quaresimali, ma il fatto che esistano situazioni che siamo costretti ad accettare e che ci “obbligano” a cambiare.
Quanta gente non cambia, pur avendo sentito infinite volte parlare dei suoi vizi nelle omelie, ma si trasforma, invece, perché si ammala, o perché gli nasce un nipotino, o perché viene trasferito nel suo lavoro, o perché invecchia.
Esiste un cambiamento che avviene non per le chiacchiere degli uomini, ma perché la vita si impone con le sue croci e con i suoi doni inaspettati: a volte solo dinanzi a svolte impreviste noi accettiamo di cambiare.
Anche persone testarde che ripetono sempre gli stessi errori, che sempre si oppongono alla grazia, vengono trasformate talvolta da una batosta inaspettata o da un dono eccedente.
La vita, per fortuna, è più seria delle chiacchiere e, se la prendiamo sul serio, si preoccupa da sola di istruirci. Dio l’ha fatta così.
Nel cammino penitenziale noi invochiamo la sua forza e la sua grazia per vivere questa vita incerta, che mai procede come noi ci eravamo immaginati.