VISITA ALLA BASILICA DI SAN LORENZO DELL'UNIVERSITA' DEI FUORI CORSO (CORSO STORIA DI ROMA ATTRAVERSO LA STORIA DELL'ARTE)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 30 /10 /2024 - 08:41 am | Permalink | Homepage
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N.B. I testi che seguono sono solo appunti di Andrea Lonardo, messi a disposizione su richiesta degli studenti

***Visita diversa dal solito

Ci interessa capire Roma e l’evoluzione dell’arte che ce ne parla 

***abbiamo già visto il Laterano, prima basilica, ma una vera basilica pagana nei suoi volumi

***In Ratzinger diversità rispetto al Tempio, alle basiliche pagane (così Leon Battista Alberti)

Anche rispetto al Tempio pagano e alla sinagoga

Di questo si discute

A/ ORIENTAMENTO

cfr. le basiliche pagane, ma cfr. aula imperiale con orientamento, più pianta basilicale

saremmo entrati dal lato lungo!

ecco la continuità e la diversità con l’antico romano

qui lo vediamo due volte: ingresso prima dall’attuale fondo, poi rovesciata (sempre per conservare l’orientamento, anzi per prolungarlo!): questo spiega l’assenza dell’abside

qualcosa che supera la Chiesa, la comunità

il regno di Dio è più grande della comunità

lì i primi saranno gli ultimi, gli ultimi i primi, lì si compirà ciò che c’è qui solo in nuce

c’è una speranza!

Piccole speranze, grade speranza

N.B. Non è l’unica forma, qui c’era una basilica circiforme (cioè al modo del circo, cioè circolare, con la curva! Come quella di Sant’Agnese al lato del Mausoleo di Costanza 

Non la forma circolare, perché?

Cfr. matrimoni nel Mausoleo (nel Paradiso sarà così, oggi siamo peccatori e staremmo a guardarci sempre gli uni gli altri!)

B/ ALTARE AL CENTRO E ALL’INTERNO, DIVERSO SACRIFICIO!

Sacrificio ancora nell’ebraismo

Resta un sacrificio, ma non è più fatto dall’uomo, è fatto da Dio!

Esegesi di Isacco

L’eucarestia è un sacrificio incruento

Cosa ama Dio del sacrifico del Figlio? L’amore

Viene da Dio ed è diverso, non il dolore!!! Dio non ama il dolore a prescindere

C/ AMBONE DELLA PAROLA E CATTEDRA

cfr. sinagoga

ma è meno importante!

Qui ambone dell’epistola e ambone del Vangelo

Il cero pasquale

AT e NT in relazione di compimento

La Parola non è tutta uguale

Il Graduale, libro dei canti sul gradus, sul gradino

La dolcezza del canto, non urlato, non esagerato

D/ LA PRESENZA DEI LAICI

cfr. altare all’interno; invece nel Tempio tutti fuori, solo i sacerdoti dentro; nel Tempio di Gerusalemme solo gli ebrei dento il cortile, gli altri fuori

Non ospiti, non stranieri, ma concittadini dei santi

NON: alcuni sono la comunità, gli altri sono i loro ospiti, per quanto ospiti di riguardo, se ricchi e importanti!

Rispetto al Tempio pagano, chiusura delle colonne esterne, per allargare il naos, cfr. Siracusa (era il Tempio di Atena), cfr. Antonino e Faustina che diviene San Lorenzo in Miranda, cfr. sant’Urbano

ma ancor più presenza delle donne, degli schiavi che sono fratelli, del barbaro, dello scita, dell’ebreo e del pagano!

LE CATACOMBE, IL POSSESSO DELLA CHIESA E SAN LORENZO

Decio salì al potere nel 249, dopo Filippo, e subito, nell’autunno, cominciò a perseguitare i cristiani. È certo che fece uccidere subito Fabiano, il papa di allora.

Nella primavera dell’anno successivo, il 250, l’imperatore emise un editto che chiedeva a tutti i cittadini dell’impero di recarsi nei templi delle differenti città – pensiamo in particolare ai diversi capitolia, i templi nei quali si venerava la cosiddetta triade capitolina, cioè Giove, Giunone e Minerva, dèi protettori di Roma – per sacrificare alle divinità.

libelli ritrovati sono scritti su papiro; le copie superstiti provengono non da Roma, ma dall’Egitto, dove il clima secco ha permesso la conservazione di questi documenti che sarebbero altrimenti facilmente scomparsi. Sono testi, quindi, che presentano la situazione geograficamente lontana dell’Egitto imperiale, ma che fanno capire come erano redatti gli analoghi documenti anche a Roma.

Così dice il libellus di Aurelio Sakis e dei suoi due figli (Papiro Michigan, inv. 262):

«Agli ufficiali incaricati dei sacrifici, da Aurelio Sakis, del villaggio di Theoxenis, con i suoi figli Aion ed Heras, residenti temporaneamente in Theadelphia. Siamo sempre stati fedeli nel sacrificare agli dei ed anche ora, alla vostra presenza, in accordo con le disposizioni, abbiamo sacrificato ed offerto libagioni e partecipato al banchetto sacro, e vi preghiamo di certificare questo per noi soprascritti. Possiate voi stare bene.

Noi, Aurelio Serenus ed Aurelio Hermas, vi abbiamo visto sacrificare.

Nel primo anno dell’imperatore Cesare Gaio Messio Quinto Traiano Decio Pio Felice Augusto, Pauni 23
 (N.d.R. 17 giugno)»

Chi non era in possesso di questi libelli rischiava la confisca dei beni e l’esilio.

Il vescovo di Cartagine, Cipriano, si rifugia in una villa di campagna

Il vescovo di Roma, Fabiano, viene ucciso

VALERIANO

Nel 251 Decio, però, morì in battaglia e la sua persecuzione si arrestò. Salì al trono, dopo una serie di traversie, Valeriano. In una prima fase del regno (253-257), come ai tempi di Filippo l’Arabo, sembrò che la pace fosse tornata per i cristiani.

Poi improvvisamente, nella primavera o nell’estate del 257, Valeriano iniziò una persecuzione ancora più violenta di quella di Decio. Questa volta non si richiese di ottenere dei libelli, ma si colpì direttamente la chiesa in quanto tale, con la chiusura delle chiese, la confisca dei cimiteri e dei luoghi di riunione, l’invio in esilio dei vescovi, presbiteri e diaconi.
Si noti bene: questo vuol dire che la comunità cristiana aveva già delle chiese, aveva la proprietà di cimiteri, possedeva dei beni, aveva vescovi e sacerdoti che erano pubblicamente conosciuti

Nell’anno successivo, il 258, Valeriano emanò nuovi decreti che comportavano l’uccisione immediata di vescovi, presbiteri e diaconi, insieme ai senatori e cavalieri che fossero cristiani, con l’esilio delle matrone e la condanna alle miniere o al lavoro forzato dei cesariani trovati fedeli del vangelo.
L’intento era chiaro: dopo la confisca dei beni avvenuta con il primo editto, qui Valeriano aveva come scopo l’eliminazione della gerarchia ecclesiale e di tutti quei laici di alto rango che erano favorevoli alla chiesa.
A motivo di questo secondo decreto di Valeriano, avvenne così prima il martirio di papa Sisto II (257-258) insieme a 4 diaconi, il 6 agosto del 258, e poi il martirio di san Lorenzo, quattro giorno dopo, il 10 agosto. Il 14 settembre dello stesso anno avverrà anche il martirio di san Cipriano, vescovo di Cartagine. Ovviamente, questi sono solo i nomi più illustri di una persecuzione che fu terribile.

Nel 260, però, l’imperatore Valeriano fu fatto prigioniero in guerra e la persecuzione si arrestò. Si giunse così al suo successore Gallieno che cambiò nuovamente politica religiosa. È attestato, infatti, un suo editto (testimoniato in Egitto nel 262, ma probabilmente precedente) che è noto come “editto di restituzione”.
L’editto stabilisce cioè che le proprietà dei cristiani sottratte da Valeriano ritornino alla chiesa.

A PALAZZO ALTEMPS Sarcofago Grande Ludovisi
Un accatastarsi di guerrieri, tra i quali spicca al centro la figura del condottiero a cavallo, con un braccio alzato che fa cenno alla travolgente avanzata che proviene dall'angolo destro e che indirizza su di lui l'attenzione dell'osservatore. Il personaggio è ritratto in maniera precisa, con la testa barbuta ed espressiva e con un segno di croce a "X" sulla fronte (riconoscimento dell'iniziazione mitraica) che ha permesso di identificarlo con uno dei figli di Decio, Ostiliano (morto di peste, del quale si conoscono altri due ritratti con lo stesso segno di iniziazione e con tratti somatici simili) o più probabilmente il maggiore, Erennio Etrusco, che morì in battaglia insieme al padre ad Abrittus contro i Goti di Cniva (nel 251).

lapsi, letteralmente “coloro che erano caduti

da labi, scivolare

lapsus freudiano

Novaziano, contrario alla remissione dei peccati dei lapsi

Eusebio conserva un documento preziosissimo della disputa contro Novaziano nel quale si parla della chiesa di Roma. Si tratta di una lettera di papa Cornelio a Fabio vescovo di Antiochia, epistola che risale all’anno 251-253 [è il momento in cui c’è Valeriano, ma non è ancora contro i cristiani], nella quale si dice: «Qual vendicatore del vangelo (N.d.R. cioè difensore del vangelo) non sapeva che deve esserci un solo vescovo in una Chiesa? Eppure non ignorava (come avrebbe potuto?) che in essa vi sono quarantasei presbiteri, sette diaconi, sette suddiaconi, quarantadue accoliti, cinquantadue esorcisti, lettori e sacrestani, più di millecinquecento vedove e poveri».

Atti del martirio di Cipriano; essi sono autentici come quelli di Giustino. Lorenzo dovette subire un analogo processo e sostenere domande simili, poiché le prescrizioni imperiali prevedevano lo stesso genere di procedimento.

PUNITI COME ATEI! (COME SOCRATE!!!)

«Il proconsole Galerio Massimo disse al vescovo Cipriano: “Tu sei Tascio Cipriano?”.
Il vescovo Cipriano rispose: “Sì, sono io”.
Il proconsole Galerio Massimo disse: “Sei tu che ti sei presentato come capo di una setta sacrilega?”.
Il vescovo Cipriano rispose: “Sono io”.
Galerio Massimo disse: “I santissimi imperatori ti ordinano di sacrificare”.
Il vescovo Cipriano disse: “Non lo faccio”.
Il proconsole Galerio Massimo disse: “Rifletti bene”.
Il vescovo Cipriano disse: “Fà ciò che ti é stato ordinato. In una cosa così giusta non c’é da riflettere”.
Galerio Massimo, dopo aver conferito con il collegio dei magistrati, a stento e a malincuore pronunziò questa sentenza: “Tu sei vissuto a lungo sacrilegamente e ti sei aggregato moltissimi della tua setta criminale, e ti sei costituito nemico degli déi romani e dei loro sacri riti. I pii e santissimi imperatori Valeriano e Gallieno Augusti e Valeriano nobilissimo Cesare non riuscirono a ricondurti all’osservanza delle loro cerimonie religiose. E perciò, poiché sei risultato autore e istigatore dei peggiori reati, sarai tu stesso di esempio a coloro che hai associato alle tue scellerate azioni. Col tuo sangue sarà sancito il rispetto delle leggi”.
E dette queste parole, lesse ad alta voce da una tavoletta il decreto: “Ordino che Tascio Cipriano sia punito con la decapitazione”.
Il vescovo Cipriano disse: “Rendiamo grazie a Dio”
» (Atti, 3-6; CSEL 3, 112-114).

DA UN LATO COSTANTINO REALIZZA BEN 10 EDIFICI
D’ALTRO CANTO è LA CHIESA CHE HA Già REALIZZATO DA DECENNI!

Il 313 è un anno cruciale. Per la storia della Chiesa e per la storia d’Europa. Alcune scelte politiche di Costantino danno inizio alla lenta e inesorabile trasformazione dell’Impero da pagano a cristiano.

Il cristianesimo è ormai religio licitareligione praticabile, con il diritto di costruire edifici di culto: le basiliche e i battisteri.

La prima è la basilica Salvatoris, l’odierna cattedrale di Roma, San Giovanni in Laterano. Un cantiere enorme, per la cui costruzione Costantino smantella la caserma degli equites singulares, i militari che a ponte Milvio si erano sciaguratamente schierati al fianco di Massenzio.

A Roma la basilica Salvatoris non rimane isolata: al nome di Costantino e al suo finanziamento, in due casi anche di suoi strettissimi familiari, è legata la costruzione di ben altre 9 basiliche cristiane:

-dopo aver dotato Roma di uno spazio per il culto (la basilica Salvatoris), Costantino decide di

-monumentalizzare le più importanti mete devozionali cristiane, costruendo le basiliche sopra la tomba di San Pietro in Vaticano e

-sopra la tomba di San Paolo lungo la via Ostiense;

-poi offre alla comunità cristiana nuovi spazi funerari e costruisce ben 6 basiliche circiformi - cioè con una pianta a forma di circo - in corrispondenza di importanti catacombe (sono queste

-la basilica di san Lorenzo lungo la via Tiburtina,

-la basilica Apostolorum lungo la via Appia,

-la basilica dei Santi Pietro e Marcellino lungo la via Labicana, la basilica anonima di via Prenestina,

-la basilica di papa Marco lungo la via Ardeatina e

-la basilica di Sant’Agnese lungo la via Nomentana);

-infine, attraverso la madre Elena, adatta una parte del suo palazzo di residenza a scrigno per le reliquie portate dalla Terra Santa (la basilica Hierusalem, odierna Santa Croce in Gerusalemme).

Sono cantieri imponenti, per la maggior parte dei quali Costantino mette a disposizione terreni suoi o di familiari. Sono corpi di fabbrica nei quali investe migliaia di sesterzi per l’intera durata del suo regno. Nessuna di queste basiliche però invade il centro monumentale di Roma. Nessuna è nemmeno nelle vicinanze dei luoghi di riferimento politico e amministrativo dell’Impero. Anche le due dentro le mura sono marginali. E tutte le altre sono fuori dalle mura, in zone periferiche della città, ma sempre lungo i principali assi viari. Le basiliche sono defilate e non turbano la popolazione ancora pagana, ma – e qui c’è tutta l’ambiguità di Costantino - circondano Roma e rispondono al preciso progetto politico di integrare la Chiesa nella vita dello Stato romano. Dunque nulla sembra apparentemente cambiare, ma l’edilizia costantiniana inciderà per sempre su Roma e tutto il tessuto urbano dal Medioevo al Rinascimento e a oggi è segnato dall’opera di Costantino.

FONTI LETTERARIE E BASILICHE PRE-COSTANTINO

Le fonti letterarie testimoniano innanzitutto che già agli inizi del III secolo - 100 anni prima di Costantino - la comunità cristiana possedeva proprietà. La prima attestazione di un possesso pubblico è quella dei cimiteri ed, in specie, di quello che sarà poi detto di Callisto in Roma: la Chiesa ne deteneva la proprietà, pur essendo formalmente fuori legge a motivo della legislazione imperiale. Nella Confutazione di tutte le eresie, tradizionalmente attribuita ad Ippolito Romano (sebbene la paternità dell’opera sia discussa), si legge, infatti, che Callisto, allora diacono, venne incaricato da papa Zefirino, quindi negli anni 189-222, della custodia delle catacombe oggi dette di San Callisto. Così recita il testo: «Alla morte di Vittore, Zefirino, volendo [Callisto] come collaboratore nell’istruzione del clero, [lo] onorò a proprio danno, e trasferitolo da Anzio gli diede l’incarico di sorvegliante del cimitero» (Ippolito di Roma, Confutazione di tutte le eresie IX,12,14). La Confutazione attesta così che la Chiesa disponeva di un vero e proprio cimitero sotterraneo di cui era proprietaria, al punto che il vescovo di Roma designava la persona destinata ad incaricarsene [Callisto, schiavo amministratore di Carpoforo, poi diacono, poi papa e martire San Callisto]. La proprietà cristiana del luogo era talmente nota che nello stesso cimitero di Callisto vennero arrestati poi, una cinquantina di anni dopo, papa Sisto II con quattro diaconi e successivamente San Lorenzo, anch’egli diacono, nel corso delle persecuzioni di Valeriano nell’anno 258.

L’esistenza di proprietà cristiane è attestata anche dal cosiddetto “editto di restituzione” di Gallieno. Emanato nel 262, stabiliva che le proprietà appartenute alla Chiesa prima delle persecuzioni di Decio e Valeriano fossero restituite ai cristiani. Così recita il testo che è stato conservato da Eusebio di Cesarea: «L’imperatore Cesare Publio Licinio Gallieno, Pio, Felice, Augusto, a Dionigi, Pinna, Demetrio e a tutti gli altri vescovi. Ho disposto che sia emanato in tutto il mondo il beneficio della mia concessione, perché vengano riaperti i luoghi di culto, e perciò anche voi potrete utilizzare la norma del mio rescritto, di modo che nessuno vi molesti. E ciò che è in vostro potere compiere, da tempo è già stato da me accordato, quindi Aurelio Quirino, direttore del fisco, farà osservare la norma da me emanata» (Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, VII,13). Eusebio aggiunge al testo dell’editto un breve commento di sua mano: «Era opportuno riportare qui questo editto, tradotto dal latino per maggiore chiarezza. Dello stesso imperatore si conserva anche un’altra costituzione rivolta ad altri vescovi, che permette ai cristiani di ritornare in possesso di quei luoghi chiamati cimiteri» (Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, VII,13).

Dal tenore dell’editto risulta evidente che non solo la comunità cristiana possedeva cimiteri e luoghi di culto prima delle persecuzioni della metà del III secolo, ma che l’imperatore Gallieno gliene confermava ora pubblicamente il possesso, sebbene il cristianesimo non godesse ancora dello statuto di religio licita, cioè di culto giuridicamente ammesso nell’impero.

Altri testi letterari, mentre confermano il possesso di edifici da parte della comunità cristiana, mostrano come questi stessero evolvendo dalle forme più antiche delle domus ecclesiae private verso una configurazione di vere e proprie chiese stabilmente adibite per le celebrazioni liturgiche.

Eusebio di Cesarea, ad esempio, racconta come l’imperatore Aureliano (270-275), quando il vescovo scismatico Paolo di Antiochia fu dichiarato deposto, assegnò la chiesa che era sede della Chiesa di Antiochia a Domno, vescovo cattolico, scrivendo: «Poiché Paolo non voleva affatto lasciare la sede della Chiesa di Antiochia, l’imperatore Aureliano, richiestone, prese in merito una decisione felicissima, ordinando che l’edificio fosse assegnato a coloro che avevano rapporti epistolari con i vescovi della religione cristiana in Italia e nella città di Roma. Così l’uomo suddetto fu cacciato dalla Chiesa con la massima vergogna ad opera del potere secolare» (Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, VII,30,19). Sebbene il testo eusebiano sia redatto dopo la pace costantiniana, nondimeno si deve ammettere l’esistenza di un luogo di culto che era punto di riferimento per l’intera comunità cristiana di Antiochia e veniva officiato dal vescovo locale.

Similmente in un verbale di perquisizione della persecuzione di Diocleziano, nell’anno 303, relativo alla città di Cirta (nell’antica Numidia, oggi in Algeria) si legge che gli ufficiali romani vennero inviati  nella «casa in cui si riunivano i cristiani (ad domum in qua christiani conveniebant)» (Atti di Munazio Felice, amministratore della colonia di Cirta, riportati all'interno degli Atti del console Zenofilo, rr. 85-86): tale edificio viene indicato di passaggio, successivamente, con il nome di basilica quando egli domanda ad uno dei testimoni, dove abbia ascoltato che sono stati “consegnati” alle autorità romane due oggetti d'argento appartenenti alla Chiesa (Atti del console Zenofilo, r. 529).

In testi analoghi riferiti alle persecuzioni del 303 nella città di Abthugni (oggi in Tunisia), si utilizza per ben due volte il termine basilica: quando un testimone afferma di aver visto «a Zama e a Furnos distruggere le basiliche e bruciare le Scritture» (Atti di Felice di Abthugni, rr. 107-109) da parte dell'autorità romana, e quando un secondo testimone dichiara che sono state portate lettere di saluto «al di fuori della basilica» di Abthugni (Atti di Felice di Abthugni, rr. 140-142). Questa fonte fornisce di passaggio l'indicazione che l'edificio cristiano chiamato basilica è munito di una «cattedra (cathedra)», forse episcopale ma comunque stabilmente adibita a servizio di chi presiede, sulla quale sono poste le Sacre Scritture; il testo ricorda anche l’esistenza di una biblioteca e di un deposito alimentare in relazione alla basilica stessa (Atti di Felice di Abthugni, rr. 146-148).

Per quel che riguarda la pars orientalis dell'impero, Lattanzio afferma addirittura che, al momento dello scatenarsi della persecuzione di Diocleziano nel 303, esisteva già da tempo una chiesa talmente grande da essere visibile dal palazzo imperiale di Nicomedia, oggi İzmit in Turchia, segno che la presenza di questi edifici cristiani doveva essere un fatto ormai normale. Così scrive Lattanzio: «I principi [Diocleziano e Galerio] intanto osservavano quello che succedeva (la chiesa infatti appariva in alto rispetto al palazzo) e non facevano altro che discutere se era meglio darle fuoco. Prevalse il parere di Diocleziano, che temeva che un grande incendio potesse bruciare pure una parte della città, dato che tutt’intorno [alla chiesa] c'erano molte grosse case. Allora arrivarono i Pretoriani in formazione da combattimento; furono mandati in tutti i punti [dell'edificio], e con asce e altri arnesi di ferro rasero al suolo in poche ore quel tempio così rinomato» (Lattanzio, Come muoiono i persecutori, XII,1-5). Sebbene anche questo testo sia posteriore a Costantino, essendo stato redatto probabilmente fra il 313 ed il 316, nondimeno esso ci informa sullo stato delle cose al momento in cui Diocleziano dette inizio alla sua attività persecutoria.

D'altro canto, l'esistenza di una nuova tipologia di edifici cristiani è confermata anche da un autore pagano come Porfirio che scrive, difendendo i templi pagani con i loro idoli e sacrifici: «Ma anche i cristiani, imitando le costruzioni dei templi, edificano case grandissime, all'interno delle quali si riuniscono per pregare, sebbene niente impedisca loro di fare ciò nelle [loro] case, perché è chiaro che il Signore ascolta dappertutto» (Porfirio, Contro i cristiani, frammento 76). [è del 270 d.C. circa]

Per quel che riguarda Roma, le fonti sono molto più reticenti, nonostante la comunità romana sia ovviamente più numerosa di quella di cittadine di minore importanza. Oltre alla notizia della proprietà del cimitero di Callisto, per quel che riguarda edifici in superficie è rilevante un passaggio di Ottato di Milevi che, sebbene faccia riferimento agli anni immediatamente successivi alla pace costantiniana, lascia intuire che gli edifici di cui si tratta erano stati edificati negli anni precedenti ad essa. Ottato riferisce che Vittore, il primo vescovo scismatico donatista inviato nell’urbe tra il 314 ed il 320, giunto a Roma non aveva alcuna basilica nella quale riunire i fedeli donatisti, mentre la Chiesa cattolica ne aveva già ben quaranta. Così recita il testo: «E in realtà non si doveva certo attribuire il nome di gregge e di popolo a un gruppo sparuto di poche persone che a Roma, dove sono quaranta e più basiliche, non avevano neppure un luogo dove raccogliersi. E così circoscrissero con una siepe di fascine una spelonca, fuori della città, dove, nel tempo stesso, poter radunare il loro piccolo gruppo» (Ottato di Milevi, La vera Chiesa, II,4).

La presenza di questo solo testimone potrebbe far pensare che la Chiesa di Roma abbia conosciuto più tardi di altre comunità un significativo sviluppo edilizio, ma certo lascia intuire che anche nell’urbe un’evoluzione dei luoghi di culto era in atto e che già si utilizzava per essi il termine basilica.

Queste numerose e concordanti indicazioni delle fonti letterarie non permettono di chiarire con esattezza quale forma e quale decorazione avessero questi edifici di culto, ma lasciano intuire che le basiliche costantiniane non apparvero improvvisamente, bensì vennero precedute da uno sviluppo progressivo dei luoghi che la comunità cristiana utilizzava per la liturgia battesimale ed eucaristica. Per questi primi edifici cristiani i testi utilizzano termini diversi come domus in qua christiani conveniuntdomus Deidomus ecclesiaeecclesia semplicemente, ma anche basilica, come si è visto, e la terminologia stessa utilizzata mostra come andasse maturando l'idea che in quei luoghi Dio offriva la sua presenza in maniera specifica. Di questa crescente consapevolezza è testimone già Origene che nel trattato Sulla preghiera afferma: «Aggiunge alla utilità qualche cosa di gradevole il luogo della preghiera, dove i credenti si riuniscono insieme, perché è credibile che ivi potenze angeliche partecipino alle assemblee dei credenti. Là discende la forza dello stesso Signore e Salvatore nostro, dove si radunano gli spiriti dei santi, a mio credere, quelli dei martiri che ci hanno preceduto e senza dubbio anche quelli dei santi ancora in vita, benché ciò non riesca facile a dirsi come avvenga. [...] Per tali ragioni non si devono tenere in poco conto le preghiere che si fanno nelle chiese, perché esse hanno veramente qualche cosa di eccellente per chi legittimamente vi prende parte» (Origene, Sulla preghiera, 5).

ALTO MEDIOEVO. Riutilizzo di tutto

Cfr. chiesa pelagiana 

RAPPORTO FRA CRIPTA/TOMBA E SUPERFICIE

Non solo la dimensione longitudinale, ma anche quella verticale

Cripta, nascosto

Apocrifi!

È evidente la presenza del martire

LASTRA EUCARISTICA DI REIMPIEGO

(l’iscrizione dovrebbe essere del V-VI secolo).

L’epigrafe eucaristica recita, secondo la ricostruzione degli studiosi (fra parentesi le parti mancanti ed integrate):

1 - (Adsp)ICE QUI TRANSIS QUAM SIT BREVIS AC(cipe vita)
2 - (Atqu)E TUAE NAVIS ITER AD LITUS PARAD(isi)
3 - (Der)EGE QUO VULTUM DOMINI FACIAS TIBI PO(rtum)
4 - (Dica)T IAM QUISQUIS HAEC SACRA PERH(auriat ore)
5 - (Glor)IA SUMMA DOMINUS LUMEN SAPIENTIA VIR(tus)
6 - (Cui)US [o: (Ver)US] IN ALTARI CRUOR EST VINUMQUE (videtur)
7 - (Qui)QUE TUI LATERIS PER OPUS MIRAE (pietatis)
8 - (Omni)POTENTER AQUAM TRIBUIS BAPTI(smate lotis)

Questa è la traduzione del testo:
«Guarda, tu che passi, intendi quanto sia breve la vita, e raddrizza il viaggio della tua nave all’approdo del Paradiso, là dove il tuo porto sarà vedere il Signore. Dica ormai chiunque beve queste specie consacrate: “Tu sei la somma gloria, il Signore, il lume, la sapienza, la virtù, il cui [o: vero] sangue è sull’altare e sembra vino; tu, che nella tua onnipotenza concedi con un’opera di mirabile misericordia l’acqua scaturita dal tuo fianco a coloro che sono stati purificati nel battesimo».

BASILICA
Il portico cosmatesco (XIII secolo, ca, 1220), restaurato dopo il bombardamento del 1943, è dei Vassalletto con i capitelli delle colonne che ritroverete identici a quelli della navata della basilica di Onorio III. In alto vedete la decorazione tipica dei cosmateschi che utilizzavano materiali di recupero di epoca romana.

Dopo il bombardamento, si è recuperato solo l’agnello che è all’interno del clipeo sopra l’ingresso principale e la scena nel quale il papa Onorio III [lo stesso di San Francesco d’Assisi; 1223 approvazione Regola] presenta Pietro di Courtenay, il nuovo imperatore latino di Costantinopoli da lui appena consacrato, a S. Lorenzo. Siamo nel 1217, al tempo delle crociate; sono gli anni del IV Concilio Lateranense, celebratosi nel 1215.

Onorio incoronò nel 1217 Pietro di Courtenay come nuovo sovrano del regno di Costantinopoli, divenuta per breve tempo latina dopo la IV crociata del 1204. Pietro non raggiunse mai la capitale, perché fu catturato dal despota greco di Epiro

di poco precedenti Cimabue e Giotto e vengono datati alla seconda metà del XIII secolo. Un’antica iscrizione, oggi scomparsa, conteneva la firma dei due autori, maestro Paolo ed il figlio Filippo (Paulus has... et Philippus filius eius fecerunt hoc opus).

Nel descriverli, prima di riassumere poi la storia che essi raccontano, cominciamo con gli affreschi che sono a destra della porta principale e raffigurano le storie di S. Lorenzo, disposte in tre fasce successive che si leggono dall’alto in basso e da sinistra verso destra:

Prima fascia, da sinistra:

  • Lorenzo riceve da Sisto II, già arrestato dai soldati, il tesoro della chiesa con l’incarico di distribuirlo ai poveri
  • Lorenzo lava i piedi ai poveri
  • Lorenzo guarisce una donna che soffriva di mal di testa (oppure una donna cieca)
  • Lorenzo distribuisce i tesori della chiesa ai poveri
  • Sisto II, condotto al martirio, predice a Lorenzo il martirio
  • L’imperatore Valeriano ordina a Lorenzo di consegnargli i beni della chiesa.

Seconda fascia, quella centrale, sempre da sinistra:

  • Lorenzo guarisce un cieco (Lucilio?)
  • Lorenzo viene flagellato per ordine di Valeriano
  • Lorenzo battezza Romano, il soldato che lo custodiva
  • L’imperatore fa decapitare Romano
  • Valeriano ordina la morte di Lorenzo
  • Lorenzo è bruciato sulla graticola

Terza fascia, in basso, sempre da sinistra:

  • Ippolito recupera la salma di Lorenzo
  • Ippolito trasporta il corpo di Lorenzo per la sepoltura, insieme a Ciriaca ed al prete Giustino
  • Sepoltura di Lorenzo al Campo Verano
  • Ippolito riceve l’eucarestia

Dall’altra parte Santo Stefano!

Nella PARETE DI DESTRA è affrescata la storia del miracolo di S. Lorenzo in favore dell’imperatore Enrico II, (ultimo degli Ottoni, imperatore dal 1002 al 1024).

Fascia superiore, da sinistra verso destra:

  • Enrico II parte in guerra contro gli slavi (polacchi)
  • Enrico II combatte contro gli slavi
  • Enrico II offre un calice d’oro per la celebrazione dell’eucarestia nella chiesa di S. Lorenzo di Eichstätt
  • Enrico II partecipa ad un banchetto

Fascia inferiore, da sinistra verso destra:

  • I demoni informano un eremita che si stanno recando alla morte di Enrico II per prendergli l’anima
  • La morte di Enrico II
  • Disputa fra angeli e demoni sull’anima di Enrico II; la bilancia pende dalla parte della condanna, dove è scritto mala opera quae fecit
  • S. Lorenzo, ponendo sul piatto della bilancia il calice donato dall’imperatore alla chiesa, salva l’anima di Enrico II

La Legenda Aurea di Jacopo da Varagine aiuta anche qui a comprendere i particolari rappresentati negli affreschi. I demoni, passando dinanzi alla cella di un eremita, lo informano che si stanno recando alla morte dell’imperatore per sottrarre a Dio la sua anima. Enrico II aveva, infatti, dubitato della fedeltà della moglie, Santa Cunegonda, con la quale aveva deciso di vivere un amore casto.

I demoni ritornano più tardi presso la cella dell’eremita e lo informano che non sono riusciti ad impadronirsi dell’anima di Enrico: infatti, le sue opere cattive che pesavano a suo sfavore, in particolare a motivo delle accuse infondate da lui rivolte contro la moglie, erano state controbilanciate nel giudizio da S. Lorenzo che aveva posto sul piatto della bilancia il calice d’oro da lui regalato alla chiesa di S. Lorenzo ad Eichstätt, di modo che la sua anima era stata salvata da Dio. I demoni, adirati, raccontarono anche di aver allora spezzato, per vendicarsi, un ansa dello stesso calice d’oro che era stato regalato alla chiesa dall’imperatore.

La storia vuole ovviamente magnificare la benevolenza con la quale Enrico II aveva protetto e promosso l’opera della chiesa: il dono del calice simbolizza il sostegno che aveva offerto alla chiesa. Al tempo degli affreschi Enrico II era stato da poco canonizzato e la sua memoria è tuttora ricordata, insieme a quella della moglie, nel calendario liturgico della chiesa cattolica.

LA PARETE DI SINISTRA DEL PORTICO narra, invece, la storia dell’indulgenza della basilica di S. Lorenzo, al tempo di papa Alessandro II (1061-1073).

Fascia superiore, da sinistra verso destra:

  • S. Pietro, S. Lorenzo e S. Stefano appaiono nella basilica
  • I tre santi entrano nella basilica
  • I monaci informano l’abate
  • L’abate informa il papa

Fascia inferiore, da sinistra verso destra:

  • Il papa consulta i cardinali
  • Mentre il corteo pontificio si reca nella basilica, il cingolo di S. Lorenzo resuscita un morto
  • Durante la celebrazione della messa, le anime del Purgatorio salgono in Paradiso a motivo dei suffragi
  • Viene venerato il sepolcro di S. Lorenzo

La storia vuole affermare il valore della celebrazione della messa per i defunti: offrire l’eucarestia in loro suffragio consente loro di salire in Paradiso. I tre santi (Pietro, Lorenzo e Stefano) appaiono nella basilica proprio per invitare a celebrare messe per le anime del purgatorio ed il papa Alessandro II conferma le indulgenze della basilica

BOMBARDAMENTO (19 luglio 1943)

CONTRO I FASCISTI, IL DUCE CADDE SUBITO DOPO (25 luglio 1943)

Già il grande storico Federico Chabod aveva analizzato questo ruolo della chiesa in un suo famoso volume dedicato alla storia d'Italia fino al secondo dopoguerra. Egli aveva così descritto la situazione della Roma del 1944: «Roma si trova, da un giorno all’altro, senza governo; la monarchia è fuggita, il governo pure, e la popolazione volge il suo sguardo a San Pietro. Viene meno un’autorità, ma a Roma – città unica sotto questo aspetto – ne esiste un’altra: e quale autorità! Ciò significa che, benché a Roma vi sia il comitato e l’organizzazione militare del CLN, per la popolazione è di gran lunga più importante e acquista un rilievo ogni giorno maggiore l’azione del papato»

MI FA RIDERE IL NO AL VITTIMISMO DI DON MICHAEL

QUI PIO XII, PERCHE?? CAPITE BENE!

da papa Pelagio II (579-590), il predecessore di Gregorio Magno. 

Il mosaico rappresenta Cristo benedicente assiso sull’universo con a fianco S. Paolo, secondo la consueta iconografia che lo vuole un po’ stempiato e barbuto, e S. Pietro con i capelli bianchi. Seguono a sinistra S. Lorenzo con la citazione del Salmo 111,9 “Dispersit... dedit pauperibus” (“donò largamente ai poveri”) e, al suo fianco, papa Pelagio senza aureola e con le mani in segno di offerta che presenta il modellino della basilica di S. Lorenzo a Cristo.

Dall’altro lato vediamo S. Stefano, con la citazione del Salmo 63,9 “Adesit anima mea” (“A te si stringe l’anima mia”) e S. Ippolito che presenta la corona del proprio martirio. Si vedono chiaramente anche due finestre ora cieche che al tempo servivano per dare luce.

In basso sono rappresentate le due città di Betlemme e di Gerusalemme ad indicare, probabilmente, la città dell’incarnazione e quella della Pasqua del Signore Gesù. La scritta sottostante in latino, ricorda il martirio nel fuoco di S. Lorenzo e recita: «+Martyrium flammis olim levvita subisti, iure tuis templis lux veneranda dedit».

«+Tu subisti, o Levita, un tempo il martirio delle fiamme; ora giustamente doni la veneranda luce al tuo tempio».

Il pavimento, la cattedra ed i sedili per i sacerdoti sono cosmateschi e furono ovviamente aggiunti quando Onorio fece innalzare il livello della basilica precedente, trasformandola in presbiterio. La cattedra episcopale, di scuola cosmatesca, è in fondo al coro: essa fu realizzata nel 1254, come risulta dai seguenti versi incisi sullo scaglione marmoreo a sinistra: «Christi nascentis in seculo vere manentis. Annus millenus quinquagenus quartus et ducentenus».

I mosaici che sono stati realizzati vicino alla sua tomba non hanno valore artistico, ma servono a richiamare alcuni episodi della sua vita.

A sinistra l’omaggio dei cinque continenti al pontefice, in occasione del suo giubileo sacerdotale (interessante la raffigurazione della bandiera americana). Al centro la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, nel 1848. A destra, il Concilio Vaticano I, celebrato nel 1870 nella basilica Vaticana ed interrottosi per la presa di Roma. Il Concilio fece in tempo ad approvare due importantissimi documenti, la Dei Filius che difende la capacità della ragione di giungere alla conoscenza dell’esistenza di Dio, e la Pastor Aeternus, che dichiara l’infallibilità pontificia, quando il papa si pronuncia ex cathedra.

L’antico nartece della basilica pelagiana venne adibito a sepolcro di Pio IX, poiché egli volle essere sepolto qui per la devozione che portava a S. Lorenzo. Il corpo del pontefice venne traslato qui dal Vaticano e, durante il tragitto, si rischiò che alcuni anticlericali lo gettassero nel fiume.