Perché non possiamo portare il nostro cane nei Parchi. Un dépliant che viene distribuito all’interno del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise con una brevissima nota de Gli scritti sulla differenza fra animali domestici e habitat naturale da proteggere
Riprendiamo sul nostro sito un dépliant che viene distribuito all’interno del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise con una brevissima nota de Gli scritti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Ecologia. Cfr. in particolare:
-L’orso “confidente” e gli altri animali che si abituano all’uomo. Ancora sulla questione della differenza fra l’uomo e l’animale. Breve nota di Andrea Lonardo
-Gli animali non sono politicamente corretti. Riflessioni etologiche a margine di lupi, orsi, daini, cervi, caprioli e linci del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, di Andrea Lonardo.
Il Centro culturale Gli scritti (18/8/2024)
Brevissima nota de Gli scritti sulla differenza fra animali domestici e habitat naturale da proteggere
Il testo che segue compare su di un dépliant distribuito nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise che si rivolge ai possessori di cani portati in vacanza con i loro possessori. È interessante come – in forma forse esasperata – il documento mostri la consapevolezza che esiste una differenza fra la “natura” e gli animali domestici, anch’essi certamente parte dell’habitat naturale come ne è parte d’altronde l’uomo, anch’esso appartenente alla natura. Il testo evidenzia che, tuttavia, l’animale domestico non è parte dell’habitat naturale, come non lo è l’uomo, proprio perché l’animale domestico è già “trattato” ed interferisce in senso disturbante con le relazioni “naturali” che si intendono preservare all’interno di un Parco nazionale. Chi è in grado, ne tragga qualche utile conseguenza o almeno rammenti il fatto quando si affrontano discussioni sulla presenza in città degli animali e si invoca la “naturalità” e l’amore per la creazione per ottenere questa o quella presenza del proprio animale in contesti altri.
Come comportarsi nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
Come comportarsi nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
Il nostro cane è iscritto all’anagrafe canina. È stato vaccinato. È bravo. È ubbidiente. Lo portiamo sempre a spasso con il guinzaglio. Ma siamo sicuri che, sentendo l’odore di selvatico, non ci sfugga di mano, magari per gioco, e non rincorra un orso, un camoscio, un cervo, un capriolo o altri animali, spaventandoli? Se amiamo il nostro cane sicuramente amiamo gli animali selvatici. Per tutelarli e non disturbarli sono necessarie alcune precauzioni. Per questo nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, i nostri amici a quattro zampe non possono accompagnarci ovunque, l’accesso è consentito solo lungo alcuni sentieri stabiliti.
[segue l’“Elenco dei sentieri e le aree fruibili con i nostri amici a 4 zampe dove devono comunque essere tenuti al guinzaglio”]
Il cane e gli animali selvatici
Il cane è un animale “domestico” e la sua storia di addomesticazione è lunga quanto la civiltà umana. Avvenne per favorire alcune attività antropiche: essenzialmente la caccia ai selvatici, la cura delle greggi, la difesa dei villaggi e dei loro abitanti.
Oggi che i cani, soprattutto in città, svolgono un ruolo affettivo, di “compagni di vita”, anziché di “compagni di lavoro”, può sembrare crudele escluderne l’accompagnamento in aree ad elevata naturalità.
Purtroppo ciò è necessario: un’area naturale prevalentemente “selvatica”, se abitata da specie che nutrono nei confronti del cane un terrore atavico, è incompatibile con la loro presenza.
Parchi e Riserve naturali sono luoghi deputati alla conservazione della natura, dove il disturbo alle specie animali è vietato per legge dello Stato, ma l’accettazione consapevole del rispetto della Natura è un principio che dobbiamo acquisire sempre, sia che siamo in un Parco, una Riserva o in un’area non protetta.
Bisogna ricordare che quando si transita in un ambiente naturale, lontano dalle nostre città, entriamo in un contesto dove vivono animali timidi ed elusivi, alcuni in via di estinzione.
Il cane anche se controllato dal suo accompagnatore (ma a volte non è facile farlo, perché anche l’animale più docile ed educato, di fronte al “selvatico”, sente l’istintivo richiamo alla caccia), lascia tracce del proprio passaggio, quali peli, fatte, odori, che possono terrorizzare le potenziali prede e condizionarne i comportamenti.
Perché non possiamo portare il nostro cane nei Parchi
1. I cani potrebbero incontrare in natura la fauna del Parco che può subire un forte stress, anche se non direttamente attaccata: la sola presenza del nostro amico a 4 zampe metterebbe in allarme gli animali selvatici.
2. Non è raro che il cane sfugga al controllo del proprietario e questo può arrecare un disturbo diretto agli animali, inseguendoli o ferendoli.
3. Gli animali selvatici disturbati (soprattutto camosci - cervi - caprioli) potrebbero abbandonare i propri piccoli, disperdersi dal branco e abbandonare le aree di riposo o alimentazione.
4. Il periodo estivo, la stagione che richiama la maggior parte dei turisti ed escursionisti in visita al Parco, è una fase importante per gli animali selvatici che si preparano ad affrontare l’inverno. Continue interruzioni dei ritmi del pascolo portano il mammifero a non accumulare le necessarie riserve energetiche per affrontare al meglio la stagione fredda, ma anche la riproduzione e la cura dei piccoli.
5. Gli escrementi solidi e liquidi lasciati dal cane, oltre a rappresentare un veicolo di trasmissione di malattie, indicano a molte specie selvatiche la presenza di pericoli, perché riconoscono tali tracce come quelle di un predatore (nel caso delle prede) o di un intruso (nel caso del lupo). Ciò crea stress e disturbo nelle popolazioni presenti.
6. I nostri cani possono essere vettori di molte patologie parassitarie e infettive, pericolose per la fauna selvatica e possono introdurre o recepire dall’ambiente silvestre degli agenti di malattia nuovi, per i quali i sistemi immunitari dei selvatici e del cane non hanno capacità di reazione efficace.
7. A differenza di quelli domestici, gli animali selvatici non possono ricevere le necessarie cure né la prevenzione per tutte le patologie che li colpiscono. I cani possono trasmettere malattie molto contagiose: il cimurro, la leptospirosi, la rogna, le parassitosi intestinali, l’echinococcosi, pericolosissima anche per l’uomo. E a loro volta possono contrarre altre malattie come il morbo di Aujeszky, trasmesso dal cinghiale, e la rabbia, non presente in questi territori, trasmessa dal morso delle volpi.