Israele, Palestina, Hamas, Hezbollah, Iran, Libano, il mondo. Perché l’intellighenzia fa tanta fatica a capire?, di Giovanni Amico

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 04 /08 /2024 - 18:27 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito una nota di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Dialogo fra le religioni e La crisi dell'Islam odierno e la rivoluzione culturale invocata.

Il Centro culturale Gli scritti (4/8/2024)


Il cardinal Pizzaballa a Gaza

Esistono problemi al momento irrisolvibili.

È qualcosa che l’intellighenzia fa fatica a capire. Perché è abituata a “dominare”, a “comprendere”, a pensare di saper risolvere.

Ma così non è: il mondo non funziona come le nostre teste.

Soprattutto l’intellighenzia fa fatica a capire che esistano realtà “dure”.

Abituata com’è a ironizzare sui cristiani che contestano, ma che poi, alla fine dei conti, non fanno niente di male, né di pericoloso, non comprende che il mondo è profondamente diverso dal cristianesimo.

Che esistono conflitti atavici.

Massimalista e moralista com’è, l’intellighenzia si schiera e dà ragione a chi vuole dare ragione. Fiumi di ragioni in ogni dibattito televisivo.

Ma esistono questioni “dure” dove le ragioni e i torti sono ben ripartiti in maniera non manichea e suddivisi e dove servirebbero mediazioni, passi indietro, concessioni, perdoni, e non rivendicazioni.

L’intellighenzia è, invece, abituata a dare patenti di moralità e non comprende l’immoralità vera, la colpa vera, i torti veri, delle opposte parti.

L’intellighenzia non sa dire: “Non so”, “Non capisco”, “È troppo complicato”, “Servirebbe un cambiamento di mentalità”, “Servirebbe un cambiamento dei cuori”, “Servirebbe gettarsi dietro le spalle il passato”.

È abituata a risolvere tutto e subito.

Ma il mondo non è così.

Si pensi solo agli attentati delle Olimpiadi di Monaco 1972, quando un gruppo di palestinesi fece irruzione negli appartamenti degli atleti israeliani.

Non c’era l’attuale destra israeliana al governo, non c’era ancora una piena coscienza palestinese, ma gli odi erano già tutti là.

Non si colpivano solo militari nemici e solo in territorio israeliano, ma si massacravano ebrei e ovunque, in qualsivoglia angolo della terra.

Si pensi agli attentati in Italia, a Fiumicino, alle stragi degli anni ’70 che videro i palestinesi colpire i passeggeri della El Al, la compagnia di bandiera israeliana, in territorio italiano, con la morte di civili italiani.

Si pensi similmente al modo di agire di Israele, abituata a colpire, ovunque, senza confini, a Beirut come in Iran, come in Yemen - ma non fanno così anche gli americani e i francesi, i sunniti e gli sciiti?

Si pensi all’assurda posizione degli USA di Barak Obama che trascinarono l'Europa - che stupidamente e colpevolmente si lasciò trascinare – nel combattere Assad contro l’ISIS/Daesh terrorista in Siria, solo per dare fastidio alla Russia, invece di cercare in accordo con i russi di non dare spazio ai gruppi fondamentalisti che massacrarono tutte le minoranze in Siria, dai kurdi che vennero intrappolati al confine con la Turchia - si ricordi la morte del povero Aylan Kurdi (cfr. su questo Un video per comprendere la vera storia della morte di Aylan Kurdi e dei profughi di Kobane) -, alle donne yazide, agli omosessuali.

Ma – si noti bene – fanno così anche i palestinesi e non solo negli anni ’70, fanno così anche gli sciiti di Hezbollah, fanno così i militanti di Hamas.

Fuad Shukr alias Hajj Mohsin è stato ucciso da Israele in uno stato terzo, in Libano, a Beirut, coinvolgendo anche civili inermi nella sua uccisione, perché erano nei paraggi.

Ma egli, a sua volta, appartiene ai gruppi corresponsabili dell’attentato del 18 aprile 1983 all’Ambasciata americana di Beirut, nel quale morirono 63 persone: 32 dipendenti libanesi, 17 americani e 14 visitatori e passanti. 

Più ancora era ritenuto colpevole degli attentati del 23 ottobre 1983, quando un camion-bomba esplose presso la caserma dei marines americani nelle vicinanze dell’aeroporto di Beirut, causando la morte di 241 marines. A brevissima distanza e a pochi minuti, un altro camion-bomba esplose presso un distaccamento di paracadutisti francesi, uccidendone 58.

Spielberg, nell’interessantissimo film Munich, provò a dimostrare come la violenza chiami sempre altra violenza. La sua opera inizia con l’attacco palestinese notturno contro gli atleti israeliani alle Olimpiadi del 1972 e prosegue con la decisione israeliana di eliminare uno per uno tutte le persone ritenute responsabili di quella strage, mostrando però come, per forza di cose, diverse uccisioni mirate falliscano e come in altre finiscano per essere uccisi innocenti. Il film si chiude con le immagini delle Torri gemelle sotto attacco, ad indicare che, forse, l’unica soluzione sarebbe quella di mettere un punto alla violenza, porle fine senza altra violenza, altrimenti, le reazioni si susseguiranno all’infinito.

È anche questo che l’intellighenzia non riesce a comprendere, che la violenza chiama la violenza.

Non comprende che non si tratta di stabilire chi abbia ragione, ma di invocare moderazione.

Anzi, servirebbe “perdono”. “Perdono”, che parola necessaria, eppure non politicamente corretta.

Ma come si fa a non rispondere – rispondono infatti tanti - alla strage del 7 ottobre compiuta da Hamas, quando 111 ostaggi, vivi o morti, sono ancora nelle mani di Hamas? Ma come si fa a non rispondere – rispondono a loro volta tanti - alla situazione creata a Gaza ormai da decenni? E come si fa a non rispondere agli attentati di Monaco e di Fiumicino – rispondono a loro volta tanti? E come si fa a non rispondere al modo in cui il territorio palestinese è occupato dai kibbutz - rispondono a loro volta tanti? E come si fa a non rispondere all’attacco contro Israele del 1948, voluto da tutto il mondo arabo - rispondono ancora altri?

E come si fa? E come si fa? Questa la questione: che cosa si dovrebbe invece fare?

Si noti che anche il Libano – il Libano più di tutti - mostra le ferite immense causate da questa triste storia. Quel paese che rappresentava la nazione per eccellenza della convivenza e della pace in Medio Oriente, con un equilibrio quasi perfetto fra musulmani e cristiani, venne a crollare a motivo dell’ingresso improvviso dei palestinesi di “Settembre nero”, che fuggirono nel 1970 dalla Giordania, dopo che la monarchia li combatté perché stavano per rovesciare il regno.

Il loro ingresso in territorio libanese fu la fine della pace di quel paese.

Chi non si rende conto che quando Hezbollah lancia missili sul Golan, la “milizia di Dio” – questo è il significato del termine – non rappresenta il Libano stesso: quei militanti hanno armi che non sono autorizzate dal governo libanese, non sono armi libanesi, eppure colpiscono Israele dai territori stessi del Libano.

Come mai milizie filo-iraniane hanno il governo di interi territori del Libano e pretendono di decidere delle elezioni libanesi stesse?

Esistono problemi che sono più grandi della nostra intelligenza e di soluzione quasi impossibile.

Ma, se si vuole dire una parola di pace, bisogna almeno conoscere l’ABC delle questioni e rifuggire dal massimalismo e dal manicheismo.

Le milizie Houthi sono combattute da tutti coloro che hanno navi mercantili che transitano per raggiungere lo stresso di Suez. È una guerra e una guerriglia internazionale che lì si combatte e cosa si dovrebbe fare?

Chi sa rispondere risponda, però non si faccia finta di non sapere che la questione è immensa e allo stato attuale irrisolvibile.

L’intellighenzia è troppo abituata a combattere in tutti i modi i cristiani d’occidente che, al limite, inondano stupidamente il web di notiziole di protesta, ma non alzeranno mai un dito per commettere violenze.

Non sono così gli altri popoli e le altre religioni, che conoscono la “durezza” che l’occidente finge di non vedere.

Se prestasse attenzione ai cristiani perseguitati di tutto il medio Oriente, l’intellighenzia conoscerebbe posizioni diverse da quelle guerrafondaie, scoprirebbe posizioni non favorevoli alla politica israeliana, ma nemmeno volte a esaltare i nemici di Israele.

Ma chi ha interesse ad ascoltare quei poveri Cristi e a smettere di tranciare giudizi troppo facili?