1/ «Di Rosalia amo il suo eremitaggio, inedito per una donna del suo tempo». Arianna Porcelli Safonov su Santa Rosalia 2/ Rosalia e il suo tempo (testi a cura di don Gaetano Ceravolo e Girolamo Mazzola
1/ «Di Rosalia amo il suo eremitaggio, inedito per una donna del suo tempo». Arianna Porcelli Safonov su Santa Rosalia
Riprendiamo sul nostro sito un post dal profilo FB di Arianna Porcelli Safonov, pubblicato l’11/7/2024. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Maestri nello Spirito e Vita.
Il Centro culturale Gli scritti (28/7/2024)
N.B. de Gli scritti
Con la consueta ironia, Arianna Porcelli Safonov dice cose serie.
Durante l’impresa dei Mille, la gente idealizzò a tal punto Garibaldi (non capendo che invece stava a fa una cazzata esagerata), da diffondere la credenza che fosse il fratello di Santa Rosalia, arrivato qualche secolo dopo, a salvare i siciliani.
Santuzza non mandò pestilenze per vendicarsi di questo gossip assurdo ma lasciò parlare la gente perché a volte, è meglio lasciar correre quando hai a che fare con chi vuol dimostrare solo di avere una mandibola.
Di Rosalia amo anche il suo eremitaggio, inedito per una donna del suo tempo: non che lo sia per una donna di oggi ma a quell’epoca era ancora più dura perché non c’era il 5G nelle grotte.
Il voto eremitico di Rosalia è stato assoluto e diversificato perché prima di arrivare sul Monte Pellegrino ha vissuto in un bosco dove ora si trova la chiesa di Palazzo Adriano e poi in un bosco vicino a Bivona.
Chiedo scusa agli esperti di Rosalia se ho scritto qualche inesattezza: ho sempre paura perché a Palermo c’è ancora il rischio di incontrare gente di cultura… almeno fino a quando non faranno il ponte sullo stretto.
Insomma, Santa Rosalia conferma definitivamente che alle persone davvero degne di stima, la gente fa sempre un po’ schifezza.
La gente è d’intralcio alla beatitudine perché chiunque, anche chi vive in odore di santità, di fronte ad un numero esagerato di propri simili, non può non inveire.
Lo sprezzo per la bolgia, il terrore di trovarsi obbligati a pronunciare frasi tipo “Chi è l’ultimo della fila?!” oppure, “C’è tanto da aspettare?!”, o ancora, “Gesù, non si respira qui dentro, lavatevi”, è una paura sana che appartiene ai puri di spirito.
Santa Rosalia ha perseguito a tal punto, questo santo timore da non farsi trovare neanche da morta.
Ha fatto passare quattrocento anni per comunicare dove fossero le sue ossa, che lei pensava, poveretta, non interessassero più a nessuno e invece no.
Anche dopo tutto quel tempo, c’era ancora qualcuno pronto ad accollarle problemi da risolvere ed è questo il motivo principale per cui conviene non divenire santi.
Grazie ai martiri intervenuti ieri a Mondello e Viva Santa Rosalia.
2/ Rosalia e il suo tempo (testi a cura di don Gaetano Ceravolo e Girolamo Mazzola
Riprendiamo sul nostro sito alcuni testi di don Gaetano Ceravolo, studioso di S. Rosalia e del Santuario, e di Girolamo Mazzola, già bibliotecario e paleografo presso l’Archivio Storico comunale di Palermo e archivista volontario al Santuario di S. Rosalia, pubblicati sul sito del Santuario di Santa Rosalia, al link https://santuariosantarosalia.it/santa-rosalia/breve-storia/. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Maestri nello Spirito e Vita.
Il Centro culturale Gli scritti (28/7/2024)
Rosalia vive tra il 1130 ed il 1170 (ca.) durante il Regno di Sicilia di Guglielmo I, detto successivamente il “Malo”. […]
Si tratta di un periodo di intensa spiritualità cristiana caratterizzato, dopo l’interruzione della dominazione araba, dal risveglio del monachesimo bizantino e occidentale, accolto con entusiasmo dai re normanni.
In questo momento storico l’eremitaggio, la scelta di una vita solitaria di preghiera e contemplazione, esprime l’espressione più alta della sensibilità religiosa del tempo.
La vita
Nasce a Palermo verso il 1130. Nessuna notizia certa si ha sulla sua famiglia ad eccezione di una iscrizione all’interno di una grotta nel territorio di S. Stefano Quisquina (Agrigento), in cui dichiara di essere figlia di Sinibaldo, Signore della Quisquina e del Monte delle Rose. (Sinibaldo de’ Sinibaldi, sposato con la nobildonna Maria Guiscardi).
Dal punto di vista storico non si hanno “documentazioni certe” sulla sua famiglia. Recenti studi sostengono che, pare, sia stata concepita presso il Castello di Rocca Sinibalda in provincia di Rieti (ma successivamente nata a Palermo).
La tradizione racconta che visse nel quartiere dell’Olivella in una villa vicino ad una delle prime chiese a lei dedicata (oggi “S. Ignazio” all’Olivella).
Giordano Cascini, nel “Discorso Historico della vita di S. Rosalia” (p. 164), riportando ciò che aveva scritto padre Ottavio Gaetani (accurato ricercatore di notizie sui Santi in Sicilia, nel 1620), narra che fu damigella della futura regina Margherita, moglie di Guglielmo I.
Già in età giovanile (14-15 anni) sceglie, in segreto, di dedicarsi a Gesù.
La tradizione riporta anche che, proprio a quell’età, il padre la promise in sposa al conte Baldovino come ricompensa per aver salvato la vita al re dall’assalto di una bestia feroce. Rosalia si rifiuta e manifesta al padre la sua decisione di dedicarsi alla vita religiosa. Abbandonata la casa paterna e tutte le sue agiatezze, molto probabilmente e per un breve periodo, si consacra alla regola Basiliana, così infatti la raffigura in abito monacale una antica pala d’altare del XIII secolo; solo per un equivoco, in seguito, alcuni storici hanno ipotizzato una sua adesione alla regola Benedettina. La prima esperienza di eremitaggio S. Rosalia la conduce come ospite della chiesa di Santa Maria di Palazzo Adriano (PA) e in un vicino bosco dove un passo montano è chiamato ancora con il suo nome.
Successivamente si ritira in un bosco vicino a Bivona (Agrigento) presso il territorio dell’attuale cittadina di S. Stefano Quisquina, ove vive da eremita, cosa insolita per una donna di quel tempo, per circa 12 anni, scegliendo una piccola grotta in cui rifugiarsi e pregare.
Lascia infine quel luogo, a piedi ritorna a Palermo e si ferma brevemente presso la casa del padre nella zona dell’Olivella, ove presumibilmente era nata.
Infine, proseguendo il suo cammino si stabilisce sul Montepellegrino.
Vive da eremita per circa 8/10 anni nella “grotta dell’acqua”, nei pressi di una piccola chiesa che i bizantini prima ed i normanni poi avevano costruito nel luogo ove sorgeva un antico santuario rupestre (ex altare punico).
L’ultimo periodo della sua vita, forse per qualche mese, rimane chiusa dentro la “sacra grotta” (secondo il racconto dell’apparizione a Vincenzo Bonelli, 13 febbraio 1625).
Non si sa con certezza l’anno della sua morte ma dovrebbe essere intorno al 1170. Il giorno della morte è sicuramente il 4 settembre[1].
La fama di santità si diffuse già in vita e già nel 1196 abbiamo dei documenti che parlano di “santa Rosalia” (Codice di Costanza d’Altavilla depositato presso la Biblioteca Regionale di Palermo e antica tavola lignea che la rappresenta in veste di monaca basiliana oggi custodita presso il Museo Diocesano di Palermo)
Ritrovamento delle ossa
Così come fu “Eremita in vita”, possiamo dire che fu anche “Eremita in morte”. I resti del suo corpo furono trovati dopo oltre 450 anni.
Ottobre del 1623
Geronima La Gattuta, di Ciminna, paese vicino Palermo, si trova in fin di vita nell’Ospedale Grande di Palermo.
Ha la visione di una monaca che attirava i fulmini dietro di sé e le chiede dell’acqua. La giovane monaca si avvicina, le mette la mano sulla bocca, che si riempie prodigiosamente d’acqua, e le dice: “Non aver paura, presto guarirai. Vai sul Montepellegrino a far voto” (voto di ringraziamento). Geronima capisce che era santa Rosalia. Il terzo giorno è finalmente guarita, ma non sale subito sul monte per sciogliere il voto, lo fa solo il 26 maggio successivo.
7 Maggio 1624 – Arrivo della peste a Palermo
Arriva a Palermo, proveniente da Tunisi, un vascello della Redenzione dei Cattivi (cristiani, prigionieri dei saraceni, che erano stati riscattati).
Il Viceré Emanuele Filiberto, contro il parere del Senato che aveva raccolto fondati sospetti che a bordo ci fosse la peste, ne permette l’attracco, “carico come era di mercanzie e ricchi doni a lui inviati dal Re di Tunisi”.
Fu così che la peste si diffuse rapidamente in tutta la città e suoi dintorni.
26 maggio 1624, Domenica di Pentecoste
Geronima La Gattuta, che nel frattempo si era riammalata, colta da malaria (quartana) sale sul Montepellegrino in compagnia di altre due donne per sciogliere il voto. Beve dell’acqua che gocciolava dalla roccia, si sente bene e si addormenta vicino all’altare della “Chiesa vecchia di S. Rosalia” (ex altare punico), appena fuori dalla grotta.
Le appare in sogno la Vergine Maria col bambino in braccio che le dice: “Ora che hai compiuto il voto sei guarita” e indicando l’ingresso della grotta aggiunge:
“Scava là, scava là che troverai un tesoro, troverai una Santa!”
In una successiva visione vede anche santa Rosalia, vestita di sacco vecchio (arbraxo), che pregava in ginocchio con la corona in mano.
Geronima chiede alle persone che erano con lei di scavare dentro la grotta nel punto dove aveva avuto la visione della Santa in ginocchio, e dove aveva visto quasi “aprerse la terra e rivelare in suso una petra”; infatti durante la visione la donna aveva chiesto un segno, una indicazione e così avviene, entrando si accorge subito che sulla roccia (nella pietra) in alto si è rivelato un segno a forma di V indicante il punto esatto dove scavare.
I presenti indugiano, dubitano di lei perché scavare la dura roccia era veramente faticoso; tuttavia, dopo aver tanto insistito per tre giorni, il mercoledì 29 maggio, ottiene che si inizi finalmente a scavare.
8 luglio 1624
Il Senato dota di archibugi i soldati incaricati di impedire agli infermi di uscire dalle case “barriggiate” (chiuse con sbarre di legno), per evitare i conseguenti rischi di ulteriore contagio. Solo i medici incaricati avevano accesso alle abitazioni interdette.
Ritrovamento delle ossa e miracolo della guarigione dalla peste
15 luglio 1624
Sul Montepellegrino, dentro la grotta, nel luogo indicato da Geronima La Gattuta vengono ritrovate ossa umane, ben conservate, ricoperte da concrezioni calcaree “impetrate e incalcarate”, (incastrate nella pietra e ricoperte di calcare).
Al momento del ritrovamento, si sparge un intenso profumo di fiori proveniente dalle ossa. Le ossa vengono pulite e portate in città nella cappella dell’Arcivescovo Giannettino Doria che vorrebbe però sicurezza sull’autenticità dei resti.
Sul monte salgono molte persone, pregano, bevono l’acqua e si ottengono così numerose guarigioni miracolose.
27 luglio 1624
Il Senato della città di Palermo, spinto anche dal volere popolare, stabilisce di onorare S. Rosalia come Patrona della città, e decide di dedicarle una cappella in Cattedrale, di onorare le sue reliquie con una “solenne e pomposa processione” e di realizzare un’arca d’argento dove riporle. Il cardinale Giannettino Doria nomina una Commissione di teologi e dottori perché si pronuncino sulla invenzione delle ossa di S. Rosalia (Il termine “INVENZIONE” deriva dal latino invenire, rinvenire, trovare).
I medici esperti della Commissione, in un primo momento, sono però dubbiosi sul fatto che le ossa possano con certezza appartenere ad una donna e tantomeno alla Santa.
3 agosto 1624
Muore, colpito dal contagio, il Viceré Emanuele Filiberto.
2 settembre 1624
Il Senato ordina di illuminare le strade in onore di S. Rosalia.
4 settembre 1624
Si fa una solenne processione in città con un quadro della Santa dipinto dal pittore V. La Barbera.
13 febbraio 1625
Il saponaro Vincenzo Bonelli (conosciuto come “Il Cacciatore”), dopo aver perso la giovane moglie morta di peste (11 febbraio), sale con intenzioni suicide, sul Montepellegrino con i suoi cani ed il fucile in spalla.
Gli appare Rosalia col volto splendente “come un angelo” che lo ferma dal gesto suicida, lo conduce verso la grotta e gli dice che:
-deve confessarsi e comunicarsi;
-deve far riferire all’Arcivescovo Doria di non dubitare più dell’autenticità delle ossa trovate e di portarle in processione per la città, perché solo così sarebbe finita la peste;
-che lui stesso sarebbe morto a breve dello stesso morbo (peste) della sua sposa;
-che la Madonna gli aveva promesso che la peste sarebbe finita al passaggio delle sue ossa in città nel momento preciso del canto del “Te Deum Laudamus”.
Il Bonelli poco dopo, colpito dal contagio, così come gli aveva predetto la Santa, racconta in punto di morte la visione al suo confessore, don Pietro Lo Monaco, raccomandando di riferire tutto all’Arcivescovo, il cardinale Giannettino Doria.
18 febbraio 1625
Il Cardinale Doria, impressionato dal racconto del saponaro, riconvoca la Commissione dei teologi e dei medici.
22 febbraio 1625
Tra i resti ossei vengono identificati una ciotola (pezzi di orcio), un ciottolo e un piccolo teschio “ingastato (inglobato) in densa pietra” che dalle misure risultava essere certamente “femminino” (femminile). Poiché l’unica donna eremita vissuta sul monte era stata Rosalia, viene dichiarata l’autenticità delle ossa ritrovate che da quel momento sono riconosciute a tutti gli effetti come le reliquie della Santa. Il Senato riceve in forma ufficiale dal cardinale G. Doria le reliquie che, liberate dalle incrostazioni calcaree, vengono elencate e riposte in un baule rivestito di velluto rosso, custodito in una cassa d’argento.
9 giugno 1625
Si svolge una solenne processione tra un tripudio di folla ed anziché favorire il diffondersi del contagio, al canto del “Te Deum Laudamus” la peste si arresta ed avvengono pubbliche guarigioni. Il 15 luglio 1625, ad un anno esatto dal ritrovamento delle ossa, la pestilenza si può considerare definitivamente sconfitta.
Gli scrivani del re annotano nei registri comunali il nome, l’età, il luogo della guarigione ed ogni dato di tutte le persone guarite miracolosamente.
Il “miracolo” viene anche detto “miracolo laico” poiché tutti indistintamente vedono scoppiare le bolle della peste, cadere la pelle marcia e puzzolente per terra e formarsi la pelle nuova.
3 settembre 1625
Il cardinale Doria, Luogotenente Generale del regno, dispone che, essendo stata ottenuta per grazia di S. Rosalia la liberazione dalla peste, sia ripristinata la libera circolazione di uomini, animali e merci.
[1] Il giorno della morte, come riporta il Martirologio Romano, è sicuramente il 4 settembre, mentre per l’anno, da ultimi studi più approfonditi non si dovrebbe andare oltre il 1170. Erroneamente, nella lapide fuori del Santuario di Montepellegrino è scritto che morì nel 1160.