Chi è Mohammed Deif, il fantasma che ha pianificato l’orrore del 7 ottobre. Il pianificatore dei raid terroristici è ricercato da decenni, è sfuggito a una serie di attentati organizzati dai servizi israeliani. Rarissime le sue immagini, di Camille Eid
Riprendiamo da Avvenire un articolo di Camille Eid, pubblicato il 13/7/2024. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Per la pace contro la guerra: mitezza e violenza e Islam: la questione della libertà religiosa, dei diritti e della violenza.
Il Centro culturale Gli scritti (21/7/2024)
Nato a Khan Yunis, 59 anni fa, Mohammed Dief è stato una sorta di “fantasma” sia per gli israeliani che per i palestinesi: per anni non ci sono state sue foto, solo una del 2001 - .
La ricostruzione della sua biografia è frutto di vari resoconti non sempre affidabili.
Mohammed Diab al-Masri – questo il suo vero nome – è nato nel 1965 nel campo rifugiati di Khan Yunis, uno dei più grandi della Striscia di Gaza, che in quell'anno era ancora sotto il controllo dell’Egitto.
Ancora ragazzo ha dovuto lavorare nell'allevamento di polli per aiutare la sua poverissima famiglia, prima di iscriversi alla Facoltà di Scienze dell'Università islamica di Gaza. Sviluppa nel contempo la sua passione per la recitazione fondando un gruppo teatrale chiamato A'idun (“Coloro che ritornano”) in riferimento al desiderio dei palestinesi di tornare nella loro terra.
La sua stessa famiglia era stata cacciata via, durante la Nakba del 1948, dal villaggio Qubaibah, sui cui ruderi era nato il moshav di Kfar HaNagid.
Sono anche gli anni inizia la sua militanza politico-religiosa all'interno della Fratellanza musulmana. Alla fine del 1987, allo scoppio della prima Intifada, lo troviamo tra i primi attivisti del neonato Movimento di resistenza islamica (Hamas), in fondo una costola dei Fratelli musulmani. È in questo frangente che assume il nome di battaglia di Mohammed Deif (ospite, in arabo).
Un “ospite” invisibile, dal momento che Deif è rimasto perlopiù un “fantasma” di cui circola un'unica foto scattata nel 2001. Nel 1990 viene arrestato per la prima volta dagli israeliani, che lo rilasciano dopo un anno e mezzo.
Partecipa poi attivamente alla creazione delle Brigate Izzeddin al-Qassam, l'ala militare di Hamas, dimostrando un'abilità particolare con le armi. Una militanza durata molti anni che culminerà con la pianificazione – insieme a Yahya al-Sinwar – degli attacchi del 7 ottobre scorso e che, se le notizie dovessero essere confermate, sarebbe teminata solo ieri con la sua morte nei raid israeliani condotti sull'area di al-Mawasi assieme al capo della Brigata di Khan Younis di Hamas, Rafa'a Salameh.
Deif ha assunto un ruolo di leader più di 30 anni fa, in seguito all'assassinio nel 1993 del capo militare di Hamas Imad Akl. Gli israeliani lo considerano la mente di diversi attentati, dal sequestro del soldato Nahshon Faxman con l'obiettivo di barattare la sua liberazione con quella dei suoi compagni prigionieri, alla serie di attentati per vendicare l'uccisione nel gennaio 1996 di Yahya Ayash, “l'ingegnere” di Hamas con un cellulare imbottito di esplosivo. Sempre sul suo conto vengono addebitati gli attentati suicidi contro autobus e ristoranti israeliani degli anni Duemila.
Diventato capo delle Brigate Qassam nel luglio 2002 dopo l'assassinio del leader di Hamas Salah Shehadeh, lo stesso Deif è sopravvissuto nel corso degli ultimi anni a diversi tentativi israeliani di eliminarlo. Nel 2001 scampa a un primo attentato, poi a un altro l'anno successivo, nonostante il suo ferimento.
Nel 2006, avrebbe invece perso la vista a un occhio in un attentato che secondo gli israeliani lo avrebbe lasciato su una sedia a rotelle. In un raid del 2014 ha invece perso la moglie e il figlio di sette mesi, mentre il più recente tentativo conosciuto di eliminarlo risale all'operazione “Guardiano delle Mura” del 2021.
Attentati che hanno contribuito ad accrescere la leggenda intorno alla sua figura, che i palestinesi considerano un eroe, anche per il suo stile di vita frugale, mentre per gli israeliani rimane “la testa del serpente” e il “ricercato numero uno”.