Dinanzi alle elezioni europee: si tratta di imprecare contro le destre oppure di domandarsi dove le sinistre hanno sbagliato? È una questione italiana o sono in gioco gli errori di prospettiva dell’intellighenzia europea tutta insieme chiamata a cambiare?, di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Politica e Politica internazionale.
Il Centro culturale Gli scritti (16/6/2024)
Per alcuni commentatori le elezioni europee hanno un chiaro responsabile, il fascismo e, in particolare la destra italiana.
Tomaso Montanari ha addirittura additato a primo responsabile la destra italiana, perché essa sarebbe la causa dello stravolgimento europeo[1].
Ma è chiara la cecità di tale analisi: accusare l’Italia permette di non affrontare la questione del perché, forse, sia il clima culturale dell’Europa intera a cambiare e, forse, sia l’Italia ad essere indietro rispetto al sentire di altre nazioni ancora più schierate.
Le grandi questioni irrisolte che appaiono ad un’analisi più attenta sono ben diverse. Infatti, come non è pensabile oggi un ritorno al comunismo, così non è ipotizzabile nemmeno un ritorno al fascismo. È veramente miope oggi accusare di fascismo l’Europa che sta cambiando.
Da interpretare è, invece, il perché tanti europei votano il centro-destra che pure ha rappresentanti di basso livello, pur di non votare più il centro-sinistra e, indirettamente l’intellighenzia che lo sostiene con la sua accademia.
Si potrebbe almeno iniziare ad enunciare le questioni che l’Europa, proprio nei suoi strati più popolari, vede irrisolti?
1/ Una prima, ma non più importante questione
Innanzitutto la mancata integrazione reale dei migranti. L’ipotesi che facciamo è che i cittadini europei non siano razzisti, ma che siano stufi di falsi sbandieramenti di supposta integrazione.
È sotto gli occhi di tutti, molto più all’estero che in Italia, non solo che tanti vivono per strada e che lo sbandierato amore per i migranti sia solo di facciata, perché poi nessuno si preoccupa di chi dorme per strada e non lavora.
Ma questo fenomeno di non lievi dimensioni è acuito nel nord Europa dalla constatazione che le diverse nazioni stanno forse perdendo il controllo di ampie fette di territorio e di popolazione dove non sembrano più vigere le leggi democratiche dell’uguaglianza della donna, della libertà di cambiare religione, dell’istruzione come fattore primario – si pensi all’opposto alla forza di Malala con il suo Education first che l’Europa sembra aver dimenticato (cfr. su questo «Education is the only solution. Education First». Il discorso integrale pronunciato da Malala Yousafzai, sedicenne pakistana ferita in un attentato dai talebani, alle Nazioni Unite).
Dalla Svezia alla Francia, dalla Danimarca al Belgio, dalla Germania all’Austria, è sotto gli occhi tutti il crescente numero di cittadini o, comunque, di residenti sul suolo patrio che rifiutano di fatto le Costituzioni nei loro articoli sulle libertà fondamentali, in gran parte per ragioni religiose, ma anche per ragioni culturali.
Al nord Europa è più chiaro che in Italia che diverse religioni e culture non ritengono la libertà, così come la si considera in occidente, un presupposto intangibile. Al nord Europa è più chiaro che in Italia che la presenza crescente di persone di altre culture cozza in maniera esplosiva con la libertà sessuale che si sbandiera pubblicamente e che bisogna scegliere o l’una o l’altra, o l’accoglienza senza regole con la rinuncia alle libertà o le libertà con una ben più netta presa di posizione sulle regole che ognuno deve accogliere quando decide di giungere in Europa.
2/ Una seconda e più decisiva questione
Una seconda questione è relativa alla tanto sbandierata, dall’intellighenzia, Cancel culture che pretenderebbe la fine delle identità nazionali e culturali per una nuova nebulosa identità collettiva trans-nazionale basta sui valori artificiali proposti dai maestri del post-moderno.
Tale questione ha ovviamente moltissimo a che fare con la scuola che è stata indirizzata dai governi delle diverse nazioni verso principi innanzitutto metodologici, quasi che la poesia, i grandi autori, le grandi questioni scientifiche, le grandi questioni filosofiche, andassero cancellate, perché troppo legate ai valori, in vista di una banalizzazione di ogni approccio culturale ormai indirizzato all’acquisizione metodologica di metodi da applicare a testi e questioni nelle quali non si pronuncia più alcun giudizio di merito se non per squalificare la grandezza del passato, mentre si accoglie ogni sospiro post-moderno.
E se le elezioni chiedessero, invece di riprendere la questione delle identità nazionali e culturali, letterarie e filosofiche, scientifiche e di orientamento, e non per indirizzarsi a fascismi di qualsivoglia tipo, bensì perché tutti avvertono che non si può buttare a mare un patrimonio così grande e che l’errore compiuto negli ultimi cinquant’anni, dal punto di vista formativo ed educativo, è stato, appunto, quello di farne scempio?
E se i cittadini europei chiedessero, invece, che sia tenuta in palma di mano la cultura nata dall’Europa, quella cultura che non è solo quella degli ultimi cinquant’anni, ma che poggia sulle spalle di maestri ben più antichi e radicati nell’esperienza di secoli?
E se fosse l’Europa, sapientemente e non fascisticamente, a chiedere nuovi indirizzi che recuperino la grande memoria europea per proporla addirittura al mondo intero?
Si noti bene. Non che la grande storia europea e il suo pensiero e la sua arte e la sua scienza non abbiano toccato in alcuni momenti il fondo, ma proprio in tali momenti si è manifestato come la storia europea abbia saputo riconoscere i limiti di sé stessa - cosa che quasi nessuna cultura e pensiero religioso al di fuori dell’Europa stessa ha mai avuto il coraggio di compiere!
E se tale riconoscimento degli errori compiuti – con la conseguente capacità di saperne chiedere perdono – dovesse essere un portato che l’Europa deve trasmettere a tutti? E se i cittadini europei, contestando le classi dirigenti e la loro intellighenzia, stessero chiedendo all’Europa stessa di essere forte nel chiedere alle altre culture di diventare anch’esse capaci di autocritica, di rispetto e di vera integrazione, riconoscendo i propri crimini altrettanto gravi - e forse anche maggiori?
E se i cittadini europei non fossero fascisti, ma fossero solo stufi di essere sempre obbligati ingiustamente a vergognarsi della loro storia e cultura, quasi fossero le peggiori del pianeta e la causa di ogni male, mentre desiderano che i politici e l’accademia tornino a proporli come vessilli di libertà e di bene, pur nei loro limiti, da tenere alti e da mostrare a tutti come monito ed insegnamento?
L’Europa chiede questo, chiedendo un cambio di governanti, o sta semplicemente diventando fascista e reazionaria?
3/ Una terza questione, quella della pace e della cessazione della vendita delle armi e dell’appoggio sconsiderato a forze terze
Una terza questione che questa volta vale la pena solo accennare.
E se l’Europa fosse stufa di schieramenti troppo accentuati sulle posizioni statunitensi contro la Russia e contro Israele, non perché li ritenesse esenti da colpe, ma perché volesse siano riconosciuti anche gli errori ucraini e palestinesi?
E se i cittadini europei volessero una vera politica europea al di sopra delle parti e preferirebbero che l’Europa si facesse capofila ben più avanzata rispetto alle posizioni statunitensi – così assurde in Sira, nel Golfo arabo, nei confronti della Russia e così via -, che chiedesse a tutti i contendenti la cessazione delle ostilità e sospendesse la vendita di armi e contestasse culturalmente le manifestazioni talmente di parte da essere fonte di future violenze?
4/ Ci saranno conseguenze nella maggioranza al governo in Europa che recepirà lo spostamento democratico dei voti?
Cosa succederà ora al parlamento europeo?
Il nuovo governo europeo si limiterà a ricostruire le vecchie alleanze fra centro e sinistra, fingendo di non udire un diverso richiamo, oppure si giungerà ad un accordo con chi chiede un cambiamento di rotta culturale e politico, aiutando così quei gruppi di centro-destra a spostarsi più verso il centro che verso la destra estrema?
L’Italia non potrebbe essere addirittura un modello per la sua capacità di coinvolgere il centrodestra in un ruolo di governo che lo renda più europeo e più moderno, senza rinunciare a quelle istanze di cui si fa carico nel silenzio dell’intellighenzia su quei temi?
Non sono domande da poco, perché una semplice riaffermazione delle vecchie alleanze corrisponderebbe all’ignorare di fatto la voce che dal voto è giunto e tale snobismo potrebbe essere pagato in maniera grave in futuro.
[1] Montanari così ha scritto sul suo profilo Instagram: «L’Italia, ancora una volta nella storia europea, fa purtroppo scuola, e l’ombra nera dei fascismi torna ad allungarsi sull’Europa». Più correttamente ha poi proseguito, additando, forse senza nemmeno accorgersene, alle socialdemocrazie europee, la vera responsabilità: «Quando troppo a lungo la democrazia non riesce a costruire giustizia sociale, inclusione ed eguaglianza, alla fine la democrazia stessa viene scartata e le democrazie si suicidano. E non si vede all’orizzonte una possibile inversione di marcia» (il post Instagram è del 10 giugno 2024).