Un magnifico rettore si è suicidato. Una “luce” per l’accademia, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 28 /05 /2024 - 10:39 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Vita e Università.

Il Centro culturale Gli scritti (28/5/2024)

Il Magnifico rettore dell’Università Cattolica, Franco Anelli, si è tolto la vita. Persona stimatissima, senza figli, ma con una compagna e con una mamma anziana ancora vivente. Noto per pubblicazioni e interventi e per l’equilibrio delle sue posizioni sociali e politiche, appena nominato da papa Francesco consultore presso la Santa Sede.

Eppure ognuno è ora dinanzi al “mistero” di una vita rifiutata, di cui nessun conosce, ad ora, le ragioni.

Anche questo aggiunge “mistero” al “mistero”; poiché ognuno sa che tantissime possono essere le “ragioni”.

Ma, al contempo, ognuno sa che le “ragioni” - che forse saranno un giorno note - non sono vere “ragioni”.

Ognuna sa che avrebbe potuto essere diversamente. Ognuno sa che sarebbe stato più bello che egli avesse invece trovato il coraggio di sperare, o di chiedere perdono, o di non sentirsi solo, o di vincere la tristezza, o tutto questo assieme, o chissà che cosa.

Nessuno, dinanzi ad un suicidio, dice semplicemente: “Era libero di farlo, battiamo le mani alla sua libertà”, ma si dispiace.

L’accademia deve fare scienza, ma deve sempre sapere e ancor più deve - di conseguenza - insegnare che la vita dell’uomo è “mistero”.

Deve insegnare che tutti i titoli e le conoscenze di questo mondo non decidono, in fondo, se valga la pena vivere o meno, e, al contempo, che tale decisione deve esser presa.

Che un universitario studia e al contempo vuole capire se vale la pena vivere, se si può affrontare una colpa o un fallimento con speranza di perdono, se vale la pena sposarsi e generare figli, se la vita è benedetta, se si possono vincere tristezza e depressione.

Si comprenda bene: scienza – l’accademia – e sapienza – la vita benedetta o il suicidio – non sono solo due ambiti dell’esistenza umana, irriducibili l’uno all’altro, per cui può funzionare benissimo un aspetto ed essere assolutamente manchevole l’altro.

Sono anche due realtà comunicanti, che si illuminano a vicenda, che si interrogano e si sostengono.

Proprio una visione ampia, universale, non intollerante ed esclusiva, di università, favorisce e non ostacola tale dialogo, ponendo domande di ogni tipo.

Ed in particolare una domanda che non è astratta, ma che è assolutamente concreta: perché un uomo si toglie la vita? Ma anche: vale la pena discutere delle “ragioni” per cui siamo tristi che ciò sia avvenuto e avremmo voluto dargli “ragione” del perché sperare ancora?