Lo studio è uno spazio di libertà, non di fuga, anche per i preti. Trascurare di proporre lo studio è diminuire la maturità e l’allegria, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Educazione e cultura.
Il Centro culturale Gli scritti (19/5/2024)
C’è una “parte migliore” che non ci sarà tolta. Di essa fanno parte, innanzitutto, la preghiera e la comunione con il Signore: non ci verranno tolte, non ci possono essere tolte, perché non dipendono da autorità umane, ma sono dono di Dio stesso, Lui solo può privarcene, non gli uomini.
Ma di questa parte migliore, che non può essere tolta da nessuno, fa parte anche lo studio.
Quando ci si chiude nel silenzio, per dialogare con l’autore di un volume, con un saggio che ha messo per iscritto o in versi il proprio pensiero, con un sapiente che è maestro, o quando ci si pone a scrivere un articolo o un saggio, quando si mette mano a comporre un libro, tutto questo nessuno ce lo può togliere.
Si noti bene. Non è una fuga. Sarebbe triste se fosse tale, se qualcuno si rifugiasse contro le presunte amarezze del tempo nella sua camera.
No, lo studio è espressione di un bisogno e di un desiderio dell’uomo.
Del desiderio di capire, di approfondire per prepararsi a spiegare poi ad altri, per essere convincenti poi nell’educare, nel mostrare, nell’indicare ciò che vale.
Chi non studia si priva di uno spazio di libertà, di una riserva di vita.
Studiare è coltivare quel nutrimento che ci è necessario, che permette di affrontare poi gli snodi tristi e incredibilmente belli della vita, con uno sguardo diverso.
Studiare è parte della nostra maturità. Studiare conferisce allegria e leggerezza – anche se stanca – e ci permette di aver parte ad un mondo migliore.