25 aprile, resistenza e liberazione: le 4 resistenze che liberarono l’Italia, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Il novecento: Resistenza e Liberazione.
Il Centro culturale Gli scritti (28/4/2024)
Il piazzale della chiesa di Sant'Anna di Stazzema, la chiesa che fu il cuore dell'eccidio compiuto dai nazisti
Ancor più degli altri anni, forse a motivo della vicinanza delle elezioni europee, il dibattito sul 25 aprile si è focalizzato sull’opposizione fra resistenti e fascisti.
Ben più interessante è, invece, riflettere sulle 4 resistenze che liberarono l’Italia[1].
1/ Gli eserciti di Unione Sovietica e Stati Uniti
La grande resistenza che liberò l’Italia e l’Europa dal nazismo e dal fascismo fu innanzitutto quella dell’URSS e degli USA, con i loro alleati.
Si pensi che – vengono le lacrime a pensarci – i sovietici persero 8 milioni di soldati per sconfiggere il nazifascismo: l’Unione Sovietica è quella che sacrificò il maggior numero di figli per la liberazione.
Gli Stati Uniti persero quasi mezzo milione di soldati e via via, le altre nazioni alleate.
Oggi è evidente che l’Italia era nei piani alleati un fronte secondario che venne aperto, però, per distogliere forze e armi dai forni decisivi, poiché la vera guerra di liberazione si combatteva sul fronte orientale e su quello occidentale, con le armate che dalla Russia e dalla Normandia puntavano su Berlino.
Furono innanzitutto loro a liberarci e, per far questo, ferirono anche l’Italia: si pensi solo al bombardamento anglo-americano di San Lorenzo che, in chiave anti-fascista, neutralizzò lo Scalo merci di San Lorenzo che allora forniva armi e munizioni a fascisti e nazisti nel sud Italia. Le dimissioni di Mussolini avvennero una settimana dopo quel bombardamento, segno dell’efficacia dell’azione alleata contro l’Italia ancora fascista.
Incredibile è, però, che i sovietici, dopo perdite immani per le quali non si può non essere enormemente grati, proseguirono poi con il loro proprio regime di terrore, uccidendo molti di coloro che avevano combattuto contro il nazismo, ad esempio fra i polacchi (solo per dare un esempio, basti vedere la persecuzione contro polacchi ed ebrei che proseguì alla caduta del nazismo ad opera dei sovietici – per una versione cinematografica si può fare riferimento agli accenni del film Katyń di Wajda[2]).
Il Libro nero del comunismo, scritto da Stéphane Courtois, Nicolas Werth, Jean-Louis Panné, Andrzej Paczkowski, Karel Bartosek, Jean-Louis Margolin mostra come i morti causati dal comunismo raggiunsero forse i 95 milioni[3], di cui 20 milioni nella storia dell’Unione Sovietica, 1 milione nei diversi paesi dell’Est Europa e addirittura 65 milioni in Cina, nel silenzio di tutti i partiti comunisti d’occidente che coprirono in ogni modo i Gulag e le diverse forme di persecuzione e anzi negarono la loro esistenza.
2/ La guerra partigiana condotta da partigiani rossi e bianchi, ma anche liberali e di altre formazioni in Italia
Le cifre ufficiali dell’ANPI parlano di circa 40.000 morti fra le file dei partigiani in combattimento. Il loro ruolo fu prezioso e disturbò sovente le armate naziste, obbligandole non solo a contrastare gli alleati che risalivano la penisola, ma anche a guardarsi dalle brigate partigiane che si erano rifugiate su monti e colline e da lì sferravano attacchi di sabotaggio.
Alcune azioni dei partigiani sono conosciute anche per il numero più alto di morti nemici che causarono: famoso, ad esempio, è l’attacco contro i soldati nazisti in via Rasella a Roma che causò la morte di 33 soldati tedeschi.
Certamente la maggior parte dei partigiani appartennero a nuclei comunisti o socialisti, ma è indubbio che numerose brigate di combattenti furono democristiane o liberali.
Inoltre, fu la popolazione ad aiutare i partigiani – e la popolazione era allora largamente cattolica, con il coinvolgimento di preti, laici e intere famiglie e anche ragazzi e bambini. Il caso di Roma ne è un esempio concerto, dove tutta una rete cittadina sostenne la città nell’inverno di Roma città aperta – come mostra bene anche il film di Rossellini.
Vale la pena rifarsi a spezzoni di film, per capire queste quattro resistenze: qui meravigliosa è la scena di Peppone e don Camillo, quando il prete racconta di essere intervenuto a salvare il compaesano comunista che era stato arrestato dai nazifascisti – nel film lo stesso episodio è sottaciuto dal “compagno”.
Ovviamente l’intervento dei resistenti non fu eclatante per la pochezza di uomini e di mezzi, che impedì ogni vero scontro frontale. Ma i sabotaggi e le incursioni furono preziosoi e sostennero a loro modo l’avanzata alleata.
3/ La resistenza delle comunità cristiane
Una terza forma di resistenza fu quella non violenta delle comunità cristiane, con i loro vescovi e a Roma con il pontefice. Quando tutte le autorità civili fuggirono il papa, i vescovi delle diverse città, i parroci, le suore e la popolazione inerme che non era in carcere o a combattere furono gli unici a rimanere al loro posto.
Chabod ha sottolineato come nelle diverse città italiane, e a Roma in particolare, rimase come unica autorità a contrastare silenziosamente il nazismo quella ecclesiastica.
Notissimo è il suo giudizio in merito:
«A Roma [...] accanto all’attività del CLN e dei partigiani, c’è anche [...] l’organizzazione puramente militare dipendente dal governo Badoglio. Il governo del Sud non intende lasciarsi scavalcare dai CLN, e le opposizioni infatti non mancheranno; alla fine un rappresentante del governo Badoglio, il generale Bencivenga, avrà l’incarico del comando di Roma al momento della liberazione; e Bencivenga non vuol essere tutelato dal CLN.
Ma a Roma entra in giuoco soprattutto un’altra forza: la Santa Sede. All’indomani della liberazione di Roma, la popolazione della capitale si precipita in piazza San Pietro per acclamare il Santo Padre ed esprimergli la sua riconoscenza. Pio XII sarà chiamato «defensor urbis». I romani ringraziano il Santo Padre perché la città non ha subito danni nella lotta fra Alleati e Tedeschi. In effetti il clero romano e il Vaticano svolgono durante questi mesi un’azione importante: approvvigionamento, soccorsi alla popolazione, ecc. Numerosi uomini politici perseguitati dai Tedeschi vengono salvati e trovano rifugio nelle antiche chiese e abbazie. San Paolo fuori le Mura, San Giovanni in Laterano, monasteri, ecc., divengono l’ultimo rifugio dei ricercati dal nemico.
Sempre mi torna alla mente, quando penso a quei giorni a noi così vicini, ciò che accadde nel V secolo, allorché le orde germaniche si riversarono nell’impero romano. L’anno 410 dopo Cristo, per la prima volta dopo sette secoli, Roma veniva presa d’assalto e saccheggiata dai Visigoti. La regina del mondo era caduta; e Sant’Agostino dice: il barbaro invasore arrestò la sua furia davanti alle basiliche; non osarono, quei barbari, penetrare nei luoghi consacrati dal Cristo, e la popolazione fu salva. Fu quella, quindici secoli fa, l’origine del potere e della forza politica della Chiesa romana. Presentandosi come i difensori della popolazione abbandonata dall’autorità imperiale romana, i papi gettarono le basi, nel corso del V secolo, del potere e dell’influenza politica della Chiesa di Roma.
Anche durante il periodo dell’occupazione tedesca, la Chiesa splende su Roma, in modo non molto diverso da come era accaduto nel V secolo. Roma si trova, da un giorno all’altro, senza governo; la monarchia è fuggita, il governo pure, e la popolazione volge il suo sguardo a San Pietro. Viene meno un’autorità, ma a Roma – città unica sotto questo aspetto – ne esiste un’altra: e quale autorità! Ciò significa che, benché a Roma vi sia il comitato e l’organizzazione militare del CLN, per la popolazione è di gran lunga più importante e acquista un rilievo ogni giorno maggiore l’azione del papato. Anche qui, in altri termini, la resistenza guidata dal CLN e l’azione dei partiti trovano un limite formidabile nella situazione generale»[4].
A Roma è noto che ogni convento, anche quelli di clausura, nascosero ogni tipo di persona, antifascisti, fascisti, ebrei e militari. Solo nel Seminario Maggiore di Roma erano custodite quasi mille persone, fra cui una gran parte dei futuri padri della Costituente, democristiani, socialisti e liberali.
Ma il caso di Roma permette di comprendere quale ruolo di resistenza giocarono i vescovi di ogni città d’Italia – come ha studiato Durand[5]. Essi mediarono riservatamente perché la resistenza non compisse attentati e perché i nazisti non compissero azioni contro la popolazione civile.
Nonostante questo, le comunità cristiane pagarono un tributo di sangue altissimo quando i nazisti ordirono rappresaglie, come a Marzabotto/Monte Sole o come a Sant’Anna di Stazzema: in entrambi i casi, essendo tutti gli uomini fuggiti nei boschi, i nazisti radunarono gli anziani, la popolazione femminile e i bambini e li uccisero insieme ai loro preti in maniera selvaggia dinanzi alle chiese[6].
4/ La resistenza silenziosa dei soldati italiani che si rifiutarono di combattere
Una quarta forma di resistenza fu quella dei soldati italiani che vennero obbligati a scegliere fra militare presso la RSI (la Repubblica Sociale Italiana) a fianco dei nazisti o l’internamento nei Lager.
Furono ben 600.000 i militari italiani che, dopo l'8 settembre 1943, vennero deportati ed internati dai tedeschi per essersi rifiutati di continuare a combattere a fianco dei nazisti.
Il più famoso di essi è Giovannino Guareschi, l’autore di Peppone e don Camillo, che, insieme agli altri 600.000 si considerava e deve essere considerato senza dubbio un resistente.
Si ritiene che 50.000 di essi abbiano pagato con la vita la scelta di non continuare a combattere, morendo nei Lager nazisti.
Breve conclusione
Solo chi coglie l’interrelazione fra queste quattro forme di resistenza riesce a comprendere adeguatamente cosa avvenne in quei giorni e a non cadere in visioni ideologiche.
Solo chi coglie tale interrelazione è in grado di accorgersi come fu la popolazione intera del paese a dire di no al nazismo e al fascismo, sebbene con forme diverse di azione e di sostegno agli altri resistenti.
Solo chi comprende in quanti modi il fascismo venne allora contrastato, capisce bene cosa significhi essere antifascisti.
Appendice video (i video che seguono non sono girati con mezzi professionali; sono estremamente rudimentali ed hanno l'unico scopo di fissare qualche immagine e qualche notazione)
-Sant'Anna di Stazzema, i luoghi dell'eccidio dove la povera gente cristiana morì per la liberazione
https://www.youtube.com/watch?v=0aT4Vu6wG5g
-Marzabotto: lì sono i resti dei martiri delle parrocchie di montagna di Monte Sole uccisi dai nazisti
https://www.youtube.com/watch?v=kjOrODHPRWk
[1] Sul 25 aprile e la liberazione, cfr. Sul 25 aprile, ancora più in sintesi. Breve nota di Andrea Lonardo.
[2] Cfr. su questo Katyń, il film di Andrzej Wajda sull'uccisione da parte dei sovietici di 22.000 ufficiali polacchi prigionieri agli inizi della II guerra mondiale. Appunti estivi su film invernali 1, di Andrea Lonardo.
[3] Vale la pena sottolineare che ognuna delle cifre che da ora in poi saranno indicate vanno considerate in eccesso, poiché ogni parte coinvolta ha cercato di accrescere il numero delle proprie vittime e, contemporaneamente, di diminuire le proprie responsabilità.
[4] F. Chabod, L’Italia contemporanea (1918-1948), Torino, Einaudi, 1978 (il volume è la traduzione di una serie di 12 lezioni che lo Chabod tenne nel 1950 presso l’Institut d’Études politiques dell’Università di Parigi; la prima edizione in traduzione italiana è del 1961), pp. 124-125.
[5] Per gli studi di J.D. Durand, cfr. 25 aprile, la Liberazione e la resistenza al di là delle polemiche abituali. La vera novità storiografica è che fu veramente un movimento di tutto il popolo italiano a partire dai suoi vescovi fino ai 650.000 giovani internati nei lager nazisti, di Andrea Lonardo.
[6] Cfr. su questo
-Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto/Montesole e le altre stragi: dove interi paesi furono sterminati stretti intorno ai loro preti e alle loro chiese. Breve nota di Andrea Lonardo
-I martiri di Marzabotto sono le donne, i bambini, gli anziani e gli uomini, che morirono nelle loro parrocchie e con i loro preti, non a Marzabotto, ma in realtà nei diversi borghi di Monte Sole (de Gli scritti con schede dell’App disponibile presso il Sacrario di Marzabotto).